Letteratura

In ricordo di un Cane Sciolto

24 Gennaio 2025

Il primo incontro fu clandestino. Ci incrociammo una quindicina d’anni fa tra i banchi della Feltrinelli vicino Piazza Duomo con fare circospetto. Ci eravamo sentiti via social (dove c’eravamo conosciuti) ed avevamo scoperto di avere comuni passioni per film introvabili. Per cui, dopo una lunga chiacchierata su  Edgar Allan Poe e Anthony Perkins, avevamo deciso di scambiarci due film, che portammo in questo luogo di cultura come fossimo due che si scambiavano un qualche tipo di merce proibita.

Io, lo ammetto, ero un fan di Gianfranco Manfredi, una passione cresciuta leggendo il suo straordinario Magico Vento. Ma, col tempo e con la conoscenza personale, sono diventato un fan del suo modo di essere, della sua capacità di dialogare sempre in maniera schietta e senza fronzoli, però capace di stimolare qualsiasi riflessione fosse possibile su qualsiasi tema dello scibile umano.

Gianfranco era una miniera di conoscenza messa a disposizione di chiunque volesse interpellarlo, naturalmente rispettando i suoi tempi e i suoi spazi nel modo più corretto possibile. Anche per questo non era un uomo da social o meglio era un uomo non facile sui social. Spesso si lanciava in battaglie con soggetti che interloquivano con i suoi post e spesso queste battaglie finivano a insulti più o meno edulcorati. Combatteva aspramente le sue battaglie culturali, bacchettando senza pietà a chiunque esponesse un pensiero che lui riteneva in qualche modo banale o che seguisse la corrente comune.

Quando qualche anno fa, all’incirca ai tempi del Covid, gli proposi di scrivere la sua biografia, all’inizio rimase interdetto. Non si aspettava che qualcuno potesse immaginare di tracciare il suo percorso culturale. Mi rispose: “Ma guarda che c’è poco da raccontare di me: Io ho sempre e soltanto scritto.”

Poi quando prese atto della mia decisione irrevocabile di continuare a scrivere questa biografia, apprezzò il metodo scientifico con cui mi trovai a raccontare della sua carriera, che era anche quello che lui applicava nell’affrontare tutte le sue opere, che erano figlie di una ricerca irrefrenabile quanto la sua curiosità. E anche per questo mi regalò alcune chiacchierate fotte di aneddoti e di storie che mi permisero di rendere quel libro un omaggio oltre che a lui ad un’epoca straordinaria della cultura e della politica italiana. Apprezzò molto anche il titolo che proposi per il libro “Il Cane Sciolto – vita ed opere di Gianfranco Manfredi, autore” e mi lanciò uno di quei suoi sguardi ironici, sorridendo sotto i baffi.

Il periodo da cantautore (e cantore) del movimento del ’77, il periodo in cui partecipò ad alcuni film come sceneggiatore attore e anche autore di colonne sonore, il periodo della televisione parallelo alla produzione di romanzi formalmente horror ma in realtà capaci di raccontare storie che erano legate alla contemporaneità dell’Italia degli anni 80 e 90, e poi il tuffo nel mondo dei fumetti, con Dylan Dog, Magico Vento, il suo Tex “anarchico”, le epopee cinesi e africane di Volto Nascosto, quella di Adam Wild, il racconto della sua generazione de I Cani Sciolti fino alle ultime storie disegnate da Pedro Mauro pubblicate prima in Brasile e poi da noi. Negli ultimi anni aveva anche ripreso lo studio della cultura popolare e aveva pubblicato alcuni saggi di altissimo spessore, che spaziavano dalle storia delle provocazioni letterarie al mito di Tarzan, passando per “il collasso della coscienza borghese”. E altro aveva ancora in preparazione.

Una carriera trasversale in cui effettivamente Gianfranco ha sempre e soltanto scritto ma è stato un dispensatore di cultura ai massimi livelli e sarebbe davvero un peccato nella sua poliedrica attività venisse cancellata dalla sua scomparsa.

Auspico che ci sia ancora in Italia un editore intelligente che sia in grado di raccogliere quanto lui ha seminato nel corso dei decenni e riproporlo in maniera organica. Per intanto ci resta soltanto il vuoto provocato dalla sua assenza e il dispiacere di non potere più chiacchierare con lui telefonicamente, come capitava di fare più o meno una volta al mese, anche negli ultimi mesi, in cui il suo corpo era minato dalla malattia che c’è lo ha portato via.

Mitakuye Oyasin Gianfranco.

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