Ciclismo

Il’nur lo stambecco e le Odi Tatare

25 Maggio 2019

Chi risale l’alta valle dell’Orco nelle giornate terse, poco dopo Noasca, rimane sorpreso dall’apparizione della cresta scura e rocciosa delle Levanne che si staglia, spesso anche in piena estate,  tra i nevai sul piano di Ceresole.

A un paio di chilometri dall’arrivo anche il tataro Il’nur Zakarin ieri pomeriggio è rimasto sorpreso di aver fatto il vuoto dietro di sé. Neve davanti e di fianco. Nieve, il basco Mikel Nieve Iturralde, alle spalle, e sempre più distante, l’ultimo avversario a cedere a quella sua sghemba pedalata.

 

Il’nur è lungo come un ramo e secco come un chiodo. Pedala con una gamba, la destra, all’infuori. Il suo incedere è un ritmo quantitativo, come la metrica che Giosue Carducci calò dentro le sue Odi barbare. Non l’accento e le sillabe a stabilire il ritmo e la lunghezza di un verso, ma la “quantità”, ovvero la durata di emissione di una vocale. Il’nur il tataro sale proprio così, accoppiando un settenario e un novenario a ogni tornante, sghembo, aritmico. Ma efficace. Le sue pedalate sono Odi tatare.

Una vecchia cartolina di Ceresole e delle Levanne con i memorabili versi di Carducci.

Il paesaggio che si è presentato al cospetto di Il’nur, ieri pomeriggio, 24 maggio 2019, non era molto diverso dallo scenario che il 27 luglio 1890 si parò davanti, il giorno del suo cinquantacinquesimo compleanno, a Giosue Carducci. A dar retta alle indicazioni cronotopiche dell’autore, il crinito vate maremmano proprio a Ceresole Reale scrisse la sua celeberrima ode Piemonte che comincia così:

Su le dentate scintillanti vette
salta il camoscio, tuona la valanga
da’ ghiacci immani rotolando per le
selve croscianti:

ma da i silenzi de l’effuso azzurro
esce nel sole l’aquila, e distende
in tarde ruote digradanti il nero
volo solenne.

Molti i camosci a saltare negli ultimi chilometri della tredicesima tappa Pinerolo-Ceresole. Ma una sola aquila a uscire nel sole. Quella dalla sagoma lunga e sbilenca di Il’nur Zakarin, magari non proprio aquila, e non tanto tarde le sue ruote. Anzi più rapido di tutti. I colori però son proprio quelli: il bianco della neve che in alcuni tratti fa spettacolari muraglioni, “l’effuso azzurro” del cielo – imitato da quello della maglia di Mikel Landa, finalmente all’attacco in salita come forse solo lui sa fare di questi tempi – , il verde dei larici e il nero della roccia. Le “dentate scintillanti vette” sono proprio le Levanne, altissime e verticali, incise da ripidi canaloni, il Col Perduto e ai suoi piedi il ghiacciaio del Nel, che ha trovato un po’ d’insospettato sostentamento nelle fredde giornate di questo maggio novembrino.

https://www.facebook.com/giroditalia/videos/1174727872709285/

Il’nur il Tataro, avesse da scrivere, scriverebbe forse come il Giosue al suo editore:

«Ceresole, 22 luglio 1890
Caro Zanichelli, il luogo è splendido. L’ albergo bellissimo, anzi signorile, ma caro. (…) Sono in mezzo all’ aristocrazia piemontese, che mi tratta molto bene […] marchese Gattinara, conti Biandrate, conte Lovera, conti della Gherardesca, maggiore Camarana, e Signore, s’ intende».

Direbbe però che l’aristocrazia del pedale di questo Giro l’ha salutata ai piedi della salita della valle dell’Orco. Il barone Nibali e il duca Roglic, il marchese Mollema e il conte Majka, i connestabili Landa e Lopez. E chissà dove l’ha lasciata Il’nur la sua regina.

Scrive Carducci: “La Regina partì la sera stessa che io era a Cuorgné”. In quel luglio del 1890 era giù scoppiato l’amore tra il Bardo e la Regina?Sono state scritte centinaia di pagine su quel gossip dell’Italia postunitaria. Quella più divertente, la si legge in Risorgimento indiscreto di Gian Carlo Fusco. Il più grande e talentuoso cacciaballe della letteratura italiana ritrae i due illustri amanti in una macchinosa liaison che culmina in un acrobatico fruscìo di crine e crinoline, barba e taffetà degno della più classica commedia erotica all’italiana, dove il maremmano ha la faccia di Renzo Montagnani e le cosce della Regina sonp quelle dell’Edvige dei nostri sogni adolescenziali.

Carducci scrisse Piemonte dalla terrazza del Grand Hotel che era stato costruito due anni prima, nel 1888. Centoquarant’anni dopo, parte dell’albergo, a lungo caduto in disuso, è stato restaurata grazie al al Parco Nazionale Gran Paradiso che vi ha allestito il centro visitatori Homo et Ibex dedicato alla relazione, non sempre pacifica, tra l’ uomo e lo stambecco. Soprattutto se l’uomo era Vittorio Emanuele  II che da queste parti aveva istituito la sua privata riserva di caccia.

Ma ieri per lo stambecco Il’nur, scappato e scampato a ogni caccia, non ci sarebbe stato Re (si-fa-per dire) Galantuono che tenesse.

 

PS

Breaking news. Il Team Katusha Alpecin ha da ieri messo sotto contratto Giosue Carducci come testimonial dello shampoo alla caffeina.

 

Fonti

Giosue Carducci, Piemonte, in Rime e ritmi, 1898

Giosue Carducci, Odi barbare, 1877

Gian Carlo Fusco, Risorgimento indiscreto, Barion 2013

 

Colonna sonora

Consiglio vivamente di ascoltare Piemonte di Giosue Carducci nell’inarrivabile interpetazione di Felice Andreasi:

 

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