Letteratura

Il primo romanzo di Armando Bisogno è ‘Terapie’ pubblicato da De Tomi Editore

23 Luglio 2024

La molla per arrivare a leggere qualcosa, almeno nel mio caso, è sempre duplice. A volte seguo la strada degli autori già affermati, quelli di cui ho già letto altri libri, oppure quelli di cui premi e riconoscimenti sanciscono la bravura. Altre volte mi lascio incuriosire dalle opere prime, quindi da tutti quegli autori che non hanno una bibliografia alle spalle. È questo il caso del romanzo ‘Terapie’, edito da De Tomi Editore, di Armando Bisogno. Attenzione, però, perché Armando Bisogno una bibliografia di tipo accademico ce l’ha, essendo professore ordinario di Storia della Filosofia Medievale presso l’Università degli Studi di Salerno. Per ora, però, non ha una bibliografia letteraria, per cui ‘Terapie’ è effettivamente la sua opera prima. E come per tutte le opere prime le questioni che preferisco indagare sono tre: il motivo, o se vogliamo il movente, per cui un autore arriva a scrivere un libro, poi i suoi temi ricorrenti e lo stile letterario, e infine tutto ciò che deve ancora venire.

‘Terapie’ contiene nel titolo il liet motiv che conduce tutta la narrazione. La quarta di copertina contribuisce a fare chiarezza subito. Il protagonista del libro è un commissario di polizia e il libro è composto da quattro indagini di Andrea Malversi. Ma il libro non è un poliziesco, né un giallo violento. Il commissario Malversi non è il poliziotto dagli occhi di ferro e dai metodi di indagine spietati. Armando Bisogno ce lo presenta, semmai, come un uomo in precario equilibrio tra i suoi doveri da poliziotto, le difficoltà di essere un papà single, la passione per il blues e il legame con amicizie antiche. Conosciamo, quindi, il commissario Malversi con tutte le sue fragilità, e man mano che la narrazione proseguiva a me è venuto a mente un altro commissario, forse più illustre, anche lui pieno di tante piccole abitudini e di elementi ricorrenti a definirne il carattere. Il riferimento è al commissario Salvo Montalbano di Camilleri, che è diventato un modello da cui è davvero difficile prescindere se si vuole scrivere qualcosa attingendo al genere del romanzo giallo. E arriviamo così a trovare una risposta alla prima questione di indagine.

Il tema che fa da sottofondo a tutta la narrazione è la fragilità umana, in particolare quella che spesso si ritrova nei rapporti umani. Il commissario Malversi vive questa fragilità sicuramente nei confronti della figlia adolescente. La mancanza di una donna al suo fianco rende il suo ruolo di padre ancora più difficile, spesso in aperto contrasto con la femminilità dirompente di quella ragazza che è solo in cerca di risposte e di affermazione. Il ritratto che ne emerge è quello di due vite inconciliabili, perché spesso il lavoro e il tempo da dedicare ad esso non fanno altro che allontanare persone che sembrerebbero fatte per stare insieme, che dovrebbero imparare a stare insieme. Nelle quattro indagini tornano molti dei personaggi del romanzo, contribuendo alla costruzione di una narrazione seriale con cui l’autore dimostra di saper giocare davvero bene. Lo stile di scrittura è leggero e vivace, ricco di dialoghi, che rappresentano la struttura portante del romanzo, e di personaggi capaci di strapparti un sorriso, ma sempre pronti a farti riflettere.

Nel libro ci sono quattro post scriptum. Sono quattro lettere, quattro email, che il commissario Malversi indirizza al suo terapeuta Giacomo. Ognuna di esse arriva alla fine di uno dei quattro episodi di cui è costituito il libro. Si scopre che la scrittura dei quattro episodi, cioè della quattro indagini, è un pezzo della terapia suggerita a Malversi dal suo terapeuta, insieme ai 25 mg di Valdoxan da prendere tutte le sere. E dai post scriptum emerge anche uno dei motivi della depressione del commissario Malversi, è la fatica di tenere insieme due figure solo apparentemente coincidenti, Andrea e il commissario Malversi, e tutte le aspettative che ne conseguono in termini di prestazioni dovute per entrambi. Perché alla fine vivere semplicemente generare ricordi e di quelli che ognuno accumula si è liberi di fare ciò che si vuole, mentre quelli che vengono prodotti negli altri non possono essere controllati. E allora scrivere, dice Malversi, può servire a capire che ricordo lasciamo negli altri. Ogni post scriptum ha un qrcode con cui Malversi condivide la sua musica terapeutica piena di ricordi su Spotify. È quasi un ipertesto, con tutto ciò che deve ancora venire.

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