Letteratura
Il pitbull
“Verrà a trovarti il pitbull!”, mi disse il responsabile del Mercato, affacciandosi nella mia stanza.
“Il pitbull? ” risposi, alzando la testa dal documento che stavo leggendo, “E chi cavolo é il pitbull?”
“É il responsabile delle vendite della quinta zona, Adelmo Berti”
“Si può sapere perché lo chiamate il pitbull?”
“É un soprannome che si perde nella notte dei tempi. Già quando arrivò in azienda dal corso laureati, lo chiamavano così..”
“É uno che morde?”
“Lo saprai presto, ho sentito dire che vuole parlare con te!”
“Di cosa?”
“Del fatto che non è stato inserito nelle nomine a dirigente”
“Sarò felice di spiegarglielo”*
“Ah sì? E cosa gli dirai?”
“Fattelo raccontare da lui quando torna…se ci tieni tanto.”
Pochi minuti dopo, uscendo dalla mia stanza per un caffè, incontrai il “pitbull” nel corridoio che portava agli ascensori (ormai mi era impossibile pensare a lui senza associarlo al suo soprannome).
“Venivo giusto da lei, dottore! Volevo chiederle un appuntamento ”
“Ah sì! Stavo andando a prendere un caffè, ma ci andrò dopo. Venga subito, se non ha altri impegni immediati.”
“Com’è gentile! Non pensavo mi ricevesse subito.”
“Cerco di farlo sempre quando mi è possibile.”
Nel frattempo eravamo tornati nella mia stanza e lui si era seduto sulla poltroncina davanti alla mia scrivania.
“Qual è il problema ?” dissi.
“Il problema è che non mi sento apprezzato e non capisco perché.”
“Perché lo pensa?”
“Perché sono già tre le persone assunte dopo di me che sono diventate dirigenti. La prima volta puoi pensare che si tratta di uno molto bravo, la seconda pure, la terza ti viene il dubbio di essere tu quello che non va bene”
“Un dubbio che però lei non coltiva…mi sembra di capire”
“Cosa intende?”
“Intendo dire che lei pensa di meritarsela da un pezzo la dirigenza, non è così?”
“Dottore, non vorrei passare per presuntuoso, ma è così, è proprio quello che penso. Per questo sono venuto da lei: per capire cosa mi manca secondo voi.”
“Facciamo il contrario, invece. Mi dica lei in cosa pensa di eccellere.”
“Nei risultati, tanto per cominciare. La mia zona è una di quelle che realizzano il fatturato più alto. E non c’è anno in cui non abbia raggiunto i miei obiettivi nella misura massima prevista.”
“Questo è vero, glielo riconoscono tutti.”
“E allora? Perché quando si tratta di nominare un dirigente io non vengo mai preso in considerazione?”
“Ha mai sentito parlare di squadra?”
“Certo. Perché me lo chiede con quel tono?”
“Perché a me risulta che il concetto di squadra lei non sappia da che parte stia?”
“Qualcuno dei miei si è lamentato di me?”
“Praticamente tutti. E lo sa anche lei, visto che ogni sei mesi siamo costretti a fare uscire un venditore dalla sua Area di vendita e mettercene un altro.”
“Cosa dovrei fare? Tenermi i lavativi? Assecondarli?”
“Giusto un paio di venditori che lei ha fatto fuori erano inadatti al ruolo. Tanto è vero che li abbiamo ricollocati in altri mestieri. Ma gli altri erano bravi e, ricollocati in altre aree di vendita, hanno reso moltissimo.”
“E quindi se non rendevano quando stavano con me é colpa mia?”
“Diciamo che è un’ipotesi che molti di noi prendono in considerazione.”
“Lo sa una cosa, dottore? Lei è il primo che mi fa notare una cosa del genere. Il mio capo mi dice sempre che l’importante è il fatturato, costi quel che costi. Io mi sono adeguato.”
“Forse troppo. In azienda è vero che il fatturato conta, ma contano anche altre cose. Una di queste è, che se uno è veramente bravo, cerca di fare il fuoco con la legna che ha, senza chiederne continuamente di nuova”
“Grazie del chiarimento. Adesso vado dal mio capo a chiedergli perché non me l’ha mai detto.”
Mi alzai per stringergli la mano , dicendo: ” Non lo morda però..”
Lui mi guardò con aria scontrosa e fece: “Prego?”
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