Letteratura
I racconti tempestosi di Romain Gary
I sette racconti di Romain Gary, inediti per il pubblico italiano, che compongono il volume Tempesta, vengono definiti dall’editore “sfavillanti”, anche se in realtà sembrano più “strabordanti di un dolore antico”, con “la morte quasi sempre dietro l’angolo”, come scrive nella postfazione Éric Neuhoff. Composti nell’arco di decenni, dal 1935 fino al 1975, hanno attraversato l’intera e avventurosa esistenza dell’autore, prendendo spunto sia dalle sue esperienze militari e diplomatiche (presso l’Onu e a Los Angeles), sia dalla sua tormentata vita sentimentale.
Romain Gary, pseudonimo di Roman Kacew (Vilnius 1914-Parigi 1980), scrittore, sceneggiatore, regista, aviatore e funzionario lituano naturalizzato francese, pluridecorato con la Legion d’Onore per meriti di guerra nelle Forces aériennes francaises libres durante la campagna contro il nazismo, ha vinto il Premio Goncourt nel 1956 e nel 1975. Dopo il suicidio della seconda moglie, l’attrice americana Jean Seberg, profondamente depresso, si è ucciso sparandosi alla testa. Dai suoi numerosi romanzi, spesso firmati con pseudonimi, furono tratti tre film di successo: Chiaro di donna, La vita davanti a sé e La promessa dell’alba del 2017, con Charlotte Gainsbourg. L’editore Neri Pozza sta meritatamente ripubblicando dal 2008 tutti i suoi romanzi, l’ultimo dei quali, Gli aquiloni, ha riscosso grande interesse da parte della critica e del pubblico. Il titolo di questo nuovo volume, Tempesta, allude a un clima incombente di tensione, sospetto e pericolo, ribadito dallo stile di Gary, conciso e talvolta datato nella forma (soprattutto nell’utilizzo di una terminologia “politically uncorrect”), e nelle trame sospese tra brutalità e dolcezza, indirizzate a conclusioni mai realmente definite.
Eccoli, quindi, i sette racconti, di cui due sono in realtà bozze inedite di romanzi incompiuti. Tempesta è anche il titolo del racconto di apertura. Su un’isoletta tropicale semideserta vivono da quattro anni il dottor Partolle e la splendida moglie Hélène, uniti più da una pigra abitudine di convivenza che dall’amore: “il sole tropicale aveva ucciso l’uomo che era in lui, l’amore in lei”. Improvviso e inquietante approda sull’isola, “nel tremolio di un’aria infernale”, uno sconosciuto dal fisico atletico e dagli occhi selvaggi, chiedendo del medico. Attratto da irrefrenabile sensualità, aggredisce brutalmente Hélène, che dapprima respinge la sua violenza ma poi gli si concede, mentre finalmente l’uragano tanto atteso si scatena in una pioggia torrenziale, metafora dell’agghiacciante rivelazione che il medico fa alla moglie sulla malattia di cui lo sconosciuto è infetto.
All’ultimo respiro è un testo più complesso, scritto originalmente in inglese, con evidenti richiami autobiografici. Il protagonista, un elegante cinquantenne ex militare, forse mercenario, aspirante scrittore e diplomatico, è ossessionato sia dall’età che avanza, sia dai fallimenti della sua vita violenta. Un pomeriggio entra in una steak house di Los Angeles, per trascorrere le ore che lo separano da un misterioso appuntamento. Qui si imbatte in una giovane barista-entraîneuse che tenta di sedurlo, ultimo allettante richiamo a una vita che sta per chiudersi drammaticamente. Il bilancio della sua esistenza è infatti totalmente negativo: “Nei miei anni di lotta e di battaglie, ho visto così tanti posti e così tanto mondo, ho ucciso così tante persone, e per così poco… persone uccise e fucilate, le case che avevo bombardato, i bastardi che avevo finito con le mie stesse mani. E tutto per niente”. Nel motel in cui ha prenotato una camera lo aspetta un killer professionista da lui stesso assoldato per l’esecuzione, ma chi si presenta per finirlo non è sorprendentemente la persona attesa.
I tre brevi racconti centrali (Geografia umana, Dieci anni dopo ovvero la storia più antica del mondo, Sergente Gnama), scritti tra il 1943 e il 1945, rievocano le imprese di guerra attraverso le voci corali dei piloti di una squadriglia aeronautica che aveva operato in Africa. Nei ricordi comuni dei reduci si affacciano volti e parole di commilitoni caduti, il paesaggio desertico con la sua fauna, la voce di un servitore nero che cantava in francese senza conoscere la lingua, aneddoti curiosi e considerazioni più malinconiche: “Tante speranze sono svanite, tanti sogni sono andati in fumo, tanti amici hanno tradito, non c’è più nulla di certo: il mondo stesso ha forse cambiato volto. Ma nel 1941 la speranza era viva, i sogni ardenti e puri…”
Il sesto racconto, Una donna minuta (del 1935), è più drammaticamente e ironicamente movimentato rispetto ai precedenti. Narra della giovane moglie di un ingegnere francese che raggiunge il marito durante i lavori di disboscamento della foresta amazzonica, portando con sé una quantità di bagagli, un cagnolino pechinese, il fonografo e molti dischi di svenevole qualità. I quaranta uomini dell’accampamento ne rimangono insieme abbagliati e infastiditi, assumendo nei suoi confronti atteggiamenti alternativamente protettivi e repulsivi. “Senza fare nulla di particolare, quella donna aveva fatto girare la testa a tutti. Perché era estremamente carina, con quel suo visino, il naso sempre arricciato e lo sguardo limpido”. L’infantile e ingenua curiosità della ragazza verso la natura selvaggia e i nativi Moïs del villaggio vicino, condurrà tutta la spedizione e lei stessa a un epilogo sanguinoso.
A chiudere il volume è un romanzo incompiuto, Il greco, risalente alla metà degli anni ’70, in cui la scrittura dell’autore si è resa più raffinata, avendo fatto tesoro di decenni di pregevoli esperienze narrative. Il protagonista Billy è un ex nuotatore di fondo americano, che vive in Grecia all’epoca della dittatura dei colonnelli, bazzicando una base aerea britannica frequentata da miliardari, armatori, collezionisti d’arte, dame dell’alta società: “gente che da cinquant’anni giocava a bridge con la storia… strani esemplari dell’era coloniale… completamente convenzionali o tipicamente eccentrici”. Billy si industria a vivere senza lavorare, trafugando statue, vasi e cimeli antichi in fondo al mare da rivendere al mercato nero. Il talento di Romain Gary si manifesta non solo nella vivacità dei dialoghi, nelle descrizioni degli ambienti e nella caratterizzazione fisica dei personaggi (dove un qualsiasi dettaglio si presta ad acute interpretazioni psicologiche), ma anche nella felice rappresentazione dei colori e dei profumi di cielo, mare, spiagge greci: “Sembrava che l’Egeo e il cielo non avessero mai sentito parlare delle nebbie, della luce soffusa in cui le onde e l’azzurro si fondevano in una specie di gigantesca confusione di confini indistinti tra l’acqua e l’aria; era un mare classico, se classicità significa precisione e chiarezza dei contorni”. Billy viene contattato da un misterioso giornalista inglese, che gli propone una missione segreta in appoggio alla Resistenza contro il regime dei colonnelli: nuotare per trenta chilometri fino a raggiungere l’isola di Dervos per fotografare il campo di concentramento in cui sono rinchiusi decine di prigionieri politici, sfidando i posti di vedetta e le mitragliatrici posizionate ovunque. Il racconto si conclude in maniera brusca, lasciando in sospeso sia l’azione intrapresa da Billy, sia il progetto di romanzo che Gary non porterà mai a termine, uccidendosi pochi anni dopo.
ROMAIN GARY, TEMPESTA – NERI POZZA, MILANO 2024
Traduzione di Riccardo Fedriga, postfazione di Éric Neuhoff, p. 208
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