Grandi imprese

I libri che fanno teatro

11 Febbraio 2015

Voglio dedicare questo mio post all’editoria teatrale. La prima notizia, infatti, è che in Italia esiste ancora un’editoria teatrale.

Si pubblicano studi, testi, saggi storici, manuali utili non solo agli studenti. Non tantissimi, è vero, ma qualcosa continua a uscire. Un pugno di coraggiose case editrici mantiene alta e viva una tradizione fatta di curiosità, scoperta, studio. Aprendo anche necessarie finestre su quanto accade oltralpe, i nostri editori traducono testi di drammaturgia contemporanea, approfondimenti trasversali, monografie su artisti. Al di là di quelli che si fanno pagare per pubblicare – ce ne sono anche nel settore e varrebbe la pena, un giorno, rifletterci su – alcuni editori continuano coraggiosamente a fare il proprio mestiere, magari aprendo alla multimedialità (con video o audio di spettacoli), pubblicando documenti inediti, realizzando volumi che danno conto della vitalità e della creatività del teatro e della danza. Insomma, ci sono case editrici che fanno teatro pur non facendo spettacoli, che contribuiscono alla sopravvivenza di un’arte insidiata ormai dal pressapochismo politico e dalla feroce mancanza di fondi.

Allora vorrei citare, qui, alcuni volumi apparsi di recente: ciascuno di essi meriterebbe una recensione dettagliata, tanto articolati e ricchi sono i contenuti, mi limito però solo a presentarli in una sventagliata generale, stuzzicando – spero – la curiosità di possibili lettori, che magari vorranno saperne di più.

Parto da “Grotowski, le possibilità del teatro. Testi 1954-1958”, opera edita da La Casa Usher. Sono scritti del maestro polacco, nella splendida traduzione (e curatela) di Carla Pollastrelli. Anticipati da testi di Mario Biagini, Thomas Richards e Wlodek Goldkor (importante, quest’ultimo, per collocare storicamente e politicamente i testi), il libro allinea una serie di interventi, articoli, reportage del giovanissimo Grotowski. Ed è affascinante, scorrendo le pagine, ritrovare l’impegno politico militante in una Polonia che pativa l’influenza sovietica e al tempo stesso continuava a sperare nel comunismo a ridosso dell’Ottobre polacco. Quel che cattura, in questi febbrili scritti, è la passione, la capacità di affondare in tematiche eminentemente politiche e poi enucleare invece prospettive dichiaratamente teatrali. Ma, per quel “rivoluzionario (che) non era adatto a fare la rivoluzione”, come è stato definito Grotowski, le fascinazioni potevano venire dalla scoperta di terre lontane come l’Iran, la Svizzera o la Cina, dall’impatto con il Festival di Avignone, o dal lavoro di colleghi e maestri. Bello leggere, in un testo del 1955, scritto a ventidue anni: «Il sentimento di insoddisfazione con cui il nostro spettatore spesso esce da spettacoli riusciti sia sul piano della regia che del lavoro degli attori, dovrebbe indurci a ripensare radicalmente la concezione stessa, lo stile del teatro e il suo modo di influire artisticamente». Come sappiamo, la Storia gli darà ragione: riuscirà nel suo intento. Ma è commovente leggere come, il Grotowski del 1959, affermasse – ce lo immaginiamo serio e orgoglioso – di aver firmato ben 2 contratti, a Varsavia e a Wroclaw, per mostrare lo spettacolo Orfeo, prodotto dal Teatro delle 13 file. (www.lacasauscher.it)

Altro maestro, a volte discusso ma imprescindibile – almeno per la critica teatrale – è stato Franco Quadri. La Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori ha dato alle stampe un bel volumetto, per la collana “Carte raccontate”, dal titolo “Il teatro che credi di conoscere”. Vi si ritrovano alcune bellissime suggestioni, fotografie, aneddoti, che illuminano una parte del lavoro critico di Quadri, peraltro difficilmente riassumibile vista la ampiezza e la complessità. È più un primo, dovuto omaggio, direi, a quel burbero benefico che fu Franco Quadri. Nella premessa al volume di Rossana Rummo, nei bei testi di Oliviero Ponte di Pino, Renata Molinari e Cristina Ventrucci, ritroviamo aspetti di una passione decennale, raccontata attraverso la lente del costante confronto del critico con il regista Luca Ronconi, dell’esperienza di direzione della Biennale Teatro e infine di quell’impresa editoriale davvero senza precedenti che fu, ed è, il Patalogo. Il corredo di immagini, tratte dall’infinito archivio Quadri, è emozionante: appunti – con una grafia minuta, quasi illeggibile – fotografie, programmi, progetti. A chiudere il volume, uno scritto di Anna Lisa Cavazzutti e Marco Magagnin sul Fondo lasciato dal critico, riconosciuto nel 2012 di interesse storico da parte della Soprintendenza archivistica della Lombardia. (www.fondazionemondadori.it)

Di stampa recentissima, “Il teatro, la vita e altre catastrofi”, di Rafael Spregelburd, tradotto da Manuela Cherubini (anche curatrice con Giovanni Iorio Giannoli), edito da Bulzoni. È un bellissimo zibaldone dello scrittore, drammaturgo, attore e regista argentino, ben conosciuto in Italia e in tutto il mondo. Dopo i saggi introduttivi dei curatori, Spregelburd affronta per grandi capitoli temi scottanti del teatro: il “significato”, la “drammaturgia”, la realtà e la finzione, il monologo e il dialogo. Il volume, edito nella collana diretta da Valentina Valentini, vanta anche un’ampia intervista fatta all’autore sulla celebre Eptalogia di Hieronymus Bosch (parte dei quali messi in scena da Luca Ronconi), e saggi di Natacha Koss, dell’Università di Buenos Aires, e del critico uruguaiano Bernardo Borkenztain Szeiman. Ne esce un ritratto teorico dell’autore argentino, di cui in questi giorni è in tournée italiana il sorprendente Furia Avicola (nella foto) di grande profondità e acutezza.  (www.bulzoni.it)

Chiudiamo questa carrellata con l’ultima fatica di una organizzatrice e docente di grande esperienza come Mimma Gallina: “Ri-organizzare teatro”, seguito aggiornato e articolato del fortunato “Organizzare il teatro”, manuale su cui si sono formati frotte di nuovi manager dello spettacolo. Ri-organizzare il teatro, fatto in collaborazione con Patrizia Cuoco e Giuseppe Pizzo, si avvale di contributi di studiosi, organizzatori, critici, economisti quali Adriano Gallina, Antonio Taormina, Giulio Stumpo, Fanny Bouquerel, Lucio Argano e molti altri. Ne esce un aggiornatissimo e puntualissimo manuale, edito da FrancoAngeli, che direi fondamentale non solo per organizzatori affermati (o aspiranti tali) ma anche per attori, registi, tecnici, studiosi, critici che devono sopravvivere nella stagione della grande depressione. (www.francoangeli.it)

 

 

 

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