Letteratura
“I giorni sbagliati”, un romanzo di formazione sociopolitica
Mi è già capitato di scrivere di libri di amici. In questo caso Jacopo Tondelli non è solo un amico (ormai) di lunga data, ma è anche il Direttore de “Gli Stati Generali”, ossia il giornale in cui scrivo la mia opinione sul libro scritto da Jacopo stesso.
Questa premessa è nel caso vi sia qualcuno che pensa a questo post come a una delle solite manfrine tra sodali che si scambiano convenevoli via web: siccome tra le cose che mi piace fare scrivendo – e di ciò sono grato proprio a Jacopo che a partire da Linkiesta per arrivare qui mi ha sempre ospitato con grande pazienza – è quella di dire la mia sui libri che leggo e che gradisco, eccomi a scrivere de “I giorni sbagliati”, primo romanzo di Tondelli, solo per puro piacere.
Finito con le necessarie excusatio per evitare di perder tempo con eventuali accusatio di qualche rompiscatole, arrivo al dunque: “I giorni sbagliati” è un gran bel libro. Si inserisce, a mio avviso, con autorevolezza e allo stesso tempo con freschezza nel filone dei romanzi di formazione.
Confinarlo però solo alla classica definizione in cui si riconosce questo tipo di letteratura è limitante. Ne “I giorni sbagliati”, infatti, a crescere non è solo il personaggio principale – Paolo Bonomelli – ma è di fatto un’intera generazione: quella dei quaranta/cinquantenni (soprattutto milanesi, mi verrebbe da dire vista la profonda “milanesità” del romanzo), ampliando così il concetto di formazione a una dimensione non solo personale, ma sociopolitica.
Sulla storia, come mia abitudine, non dirò molto. Il romanzo, costruito attraverso tratti biografici, lettere e narrazione diretta dei personaggi, si dipana tra Milano, Roma, Israele e la Grecia (luoghi non casuali, per chi conosce l’autore). È la storia incrociata tra il destino di un giovane talento della politica progressista di questo inizio millennio, dei suoi amici – tra cui centrale è Alessio Piccoli – e soprattutto Laura Bentivoglio, una giovane e ostinata cronista di un “grande” quotidiano nazionale.
I fatti – che radicano la struttura del romanzo – sono messi subito in faccia al lettore in apertura: un attentato di matrice islamica nel bel mezzo della maratona di Milano e uno scandalo pruriginoso-sessuale che coinvolge il potente Bonomelli. Ma Laura Bentivoglio, mossa dall’istinto di chi le inchieste giornalistiche le vuole fare per cercare la verità, nonostante la codardia di capi ormai avvezzi alla quiete rassicurante di un mestiere votato – al contrario – a servire il pensiero dominante, non si arrende. E si mette sulle tracce della verità.
Questo viaggio, che vede l’incrocio narrativo di cui ho detto sopra, è un viaggio non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Ed è il viaggio in cui molti di noi – che arrivano dalla provincia, impastata di terra e semplicità ma che brama sempre le sofisticate e vicine “cento luci di Milano” (quelle di New York erano mille!), che hanno fatto e creduto alla politica come servizio e che hanno conosciuto, in un modo o nell’altro, l’ovatta di certi ambienti in cui la politica non è più servizio – si ritrovano facilmente. E che in molti personaggi e in alcuni tratti dei protagonisti, vedono facilmente i tratti di molti politici, affaristi, banchieri e giornalisti veri e conosciuti.
Nel leggere pagine in cui si narrano i tempi dell’Università e i pomeriggi degli inverni milanesi, in cui ci si sentiva inebriati di pensieri universali e di un senso di fiducia nel futuro tanto forte quanto ingenuo, ho sentito un misto tra domesticità e nostalgia. Nel senso che quei tempi vissuti dal Paolo che c’è in noi, erano giorni belli, pieni, “giusti”. Così come forte è il sentimento di attaccamento alle radici di appartenenza a una provincia che è sì – a volte – limite, ma che è allo stesso tempo monito rispetto ai giochi che nelle città del potere – Milano e Roma su tutte – rischia di offuscare la vista.
“I giorni sbagliati” è infatti, a mio parere, sopratutto un romanzo che si occupa di una delle questioni centrali dell’esistenza: la questione del Potere.
Bonomelli, che inizia a fare politica mosso dalla sua vitale intelligenza, ancorata a precetti formativi che dalle cose semplici – famiglia, amici, studio – trae linfa, arriva a essere mosso dall’ambizione, il più pericoloso Giano Bifronte di ogni politico. E, piano piano, viene a trovarsi in quella melassa che è il potere romano, il Potere vero. Fatto di ipocrisie, opulenza, divise, doppiezza; ossia tutti gli ingredienti graditi alle smanie di crescita di chi si trova catapultato a Roma.
D’altro lato Laura Bonomelli, che nel giornale si trova a fare i conti con l’altra faccia e l’altro braccio del Potere, decide di andare per la sua strada, cercando una Verità che non sempre può parlare a voce alta.
Narra poi, questo libro – oltre che della nostra storia recente in una carrellata tanto rapida quanto evocativa – della libertà. Che è spensierata quando ha la potenza della giovinezza e che diventa rattrappita mano a mano che crescono potere, ambizioni e responsabilità. Libertà che, in fondo, va sempre ascoltata quando bussa alle porte delle nostre coscienze, perché è àncora gratuita di salvezza.
Non c’è consolazione ne “I giorni sbagliati”. Tutti capiscono che il compromesso, le lusinghe e il Potere fanno perdere l’innocenza che fa gustare le cose vere: le battaglie sui valori e sui principi, il dare voce alla verità anche se questa voce può soffocare le nostre ambizioni, facendoci gustare le cose che vale la pena vivere davvero.
Capiscono (e capiamo) che si deve dare spazio anche nei giorni sbagliati a quanto c’è di giusto. Ci si rimette qualcosa nelle nostre aspettative, ma ci si guadagna molto di più nei nostri destini.
Ma, detto questo, resta una sola cosa da dire qui: leggete “I giorni sbagliati”. Ne vale dannatamente la pena.
Editore: Laurana editore
Pagine: 269
Prezzo: € 16,80 (cartaceo)
Data di pubblicazione: 2020
@Alemagion
www.facebook.com/alessandro.maggioni.792
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