Letteratura
Grazia Deledda, per (ri)scoprire la Sardegna in barba al “Billionaire”
Per custodire la lingua e la meraviglia di un capolavoro del passato bisogna scriverne, parlarne e farne un punto di riferimento da cui partire per valutare qualsiasi libro, scritto oggi, abbia la pretesa di essere moderno rispetto a un romanzo del Novecento. Non basta tenerlo come una reliquia negli scaffali della libreria e rifugiarsi nel citazionismo fine a sé stesso, senza dare una testimonianza significativa dell’esperienza della lettura di un classico. Evocarne, oltre lo stile, la capacità di attingere dalla realtà, includendo il fantastico della tradizione, alla maniera di Grazia Deledda, rende conto di una sana attitudine che finisce per annullare la distanza esistente tra il momento della scrittura e quello della lettura, anche se si trattasse di secoli.
Credo fermamente che un’opera maestra come “Canne al vento”, del premio Nobel sardo, non possa mai essere considerata meno moderna di un qualsiasi libro, o congettura, di un qualunque scrittore contemporaneo, che, parimenti, descriva e analizzi la Sardegna nel corso di una fatica letteraria.
Nel caso del romanzo della Deledda si può parlare tranquillamente di senso del meraviglioso, in quanto accoglie elementi fiabeschi, della leggenda, del mito della sua magnifica terra, accostati al tema universale della fragilità dell’essere umano, debole e insicuro, permanentemente esposto al vento delle avversità, a cui, spesso, non riesce a opporre resistenza. E in quest’ottica, l’inizio della salvezza consiste nell’affrontare con consapevolezza la tempesta, adattandosi alla speranza di non uscirne spezzato.
Adoro il mondo arcaico raccontato da questa grande autrice, che fa da sfondo all’evoluzione dei suoi personaggi, duri come la terra, presi da passioni violente, contrasti insanabili, scontri terribili, destinati, infine, a soluzioni quasi mai consolatorie. E mi son trovato a mio agio in quel delizioso angolo letterario popolato da folletti e morti che resuscitano durante la notte: il giorno appartiene agli uomini, ai lavori, la notte è degli spiriti erranti, delle janas e dei fantasmi degli antichi baroni.
Ecco, visitare la Sardegna e trascorrervi una vacanza dopo essersi lasciati andare al mulinello deleddiano della fusione tra antiche credenze, ritualità pagane e ammonimenti biblici, magnificamente presenti in “Canne al vento”, potrebbe restituire una percezione del luogo, che nessun depliant turistico osa contemplare. La letteratura, dunque, come modello di un turismo sensoriale, in alternativa al Billionaire e alla sottocultura che rappresenta in maniera esemplare.
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