Letteratura
‘Gli stupidi e i furfanti’, il grande racconto di un vuoto di Salvatore Toscano
La domanda fondamentale è sempre la solita: perché si sceglie un libro piuttosto che un altro? Domanda valida sia per un lettore, sia per un recensore come me, uno che i libri da recensire li sceglie personalmente, non avendo da parte della testata per cui scrive alcuna indicazione su dove volgere il proprio sguardo letterario. E allora perché ho scelto di leggere e di scrivere su questo libro di Salvatore Toscana, ‘Gli stupidi e i furfanti’, edito da Baldini+Castoldi? Sicuramente perché è un diario, genere letterario che probabilmente prediligo, così come prediligo la scrittura in prima persona. E poi, secondo ma non ultimo, perché al centro della trama del libro c’è il rapporto con il padre, un padre assente da trentadue anni nel caso dell’autore del libro, tema che più in generale vale come cronaca di un rapporto fondamentale per chiunque, quello genitoriale, che si viene a riscoprire man mano che l’età avanza.
‘Gli stupidi e i furfanti’ è un romanzo anomalo, indefinibile. Uno stravagante diario segreto. Molto interessante lo spunto letterario da cui la scrittura di Salvatore Toscano prende le mosse. Perché l’autore sta per compiere quarant’anni, la stessa età che aveva il padre quando è morto, e lui, l’autore, di anni ne aveva solo otto. E nell’attesa del giorno del quarantesimo compleanno decide di tenere un diario, vuole celebrare così il conto alla rovescia che potrebbe condurre alla sua morte oppure alla sua rinascita. Ne viene fuori una lunghissima lettera d’amore, indirizzata alla fidanzata, ma di riflesso al padre. Sono passati tanti anni dalla scomparsa del babbo, è arrivato il momento di restituire a quell’uomo tutto ciò che non gli è mai stato dato da parte del figlio, ridargli una voce che sappia riemergere dal silenzio. Perché, molto spesso, è a questo che si riducono i rapporti tra genitori e figli, al silenzio. E allora vengono in soccorso dell’autore decine di canzoni, libri, film e opere d’arte che punteggiano la narrazione, nel tentativo di riappropriarsi di una sintassi necessaria per dire ciò che appare indicibile.
L’insolito appuntamento con il destino, compiere la stessa età che aveva suo padre quando è morto, spinge l’autore del libro a ripercorrere gioie e sofferenze del passato, a rievocare una storia troppo a lungo rimossa. Salvatore scrive alla fidanzata, ma con lo scorrere delle pagine sembra che scriva soprattutto al padre, e che le due figure vengano a coincidere. Nostalgia e spirito analitico, sono questi i due ingredienti che tengono l’intera costruzione del romanzo. Con uno stile molto diretto, una lingua giocosa ma chirurgica, concreta e a tratti poetica, condito da improvvise accensioni liriche e accostamenti inaspettati che innescano microscopiche epifanie, Salvatore Toscano ripercorre l’infinita gamma delle emozioni che costellano la propria esistenza, dall’infanzia all’età adulta, per scoprire che «il lato farsesco della vita non è in contraddizione con il lato epico, che possiamo essere ridicoli e al contempo eroici». Questo libro ci mostra che quando la letteratura cala il suo scandaglio nelle zone più profonde dell’io può avvenire la magia: ciò che sembra irrimediabilmente personale diventa universale, perché nelle pieghe più intime della vita di un singolo essere umano riverbera l’esistenza di noi tutti.
“Questa è la mia quarantennale convinzione. Ho quarant’anni e quarant’anni sono una vita intera; sono la più fonda vecchiaia. Vivere oltre i quarant’anni è indecoroso, volgare, immorale. Chi vive oltre i quarant’anni? Rispondetemi sinceramente, onestamente. Ve lo dico io, chi vive: gli stupidi e i furfanti”. In questo passo di ‘Memorie dal sottosuolo’ di Fëdor Dostoevskij sta tutto il senso del racconto di Salvatore Toscano. Quarant’anni come data limite, e come punto oltre cui non è possibile andare, perché oltre esso non è potuto andare il padre, l’origine di tutto, il titolo, appunto. “Oggi è il 5 febbraio del 2019 e io compio 14.746 giorni. A questo punto non so se parlare di calcolo o di scoperta ma le cose stanno così: io e mio padre abbiamo solo 13 giorni di differenza. Le nostre età stanno per combaciare. Meno di due settimane e saremo coetanei. Il giorno in cui io e lui finalmente ci rincontreremo, quando le nostre due linee temporali avranno la stessa lunghezza, è il 18 febbraio del 2019”. Sandro Veronesi ha colto alla perfezione il senso di questo primo romanzo di Toscano: “Salvatore Toscano ha fatto tanta strada prima di partire, viene da molto lontano. Questo spiega la magia di un romanzo pieno di pieni entusiasmanti che descrivono lo strazio di un vuoto.”
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