Letteratura

Gli Affamati di Mattia Insolia, un bellissimo esordio con una storia potente

4 Agosto 2020

E’ un giovane di venticinque anni al suo debutto nella narrativa italiana. Si chiama Mattia Insolia e ha scritto “Gli Affamati”, uscito recentemente per Ponte alle Grazie e sostenuto dal grande editore Luigi Spagnol, purtroppo recentemente scomparso.

Mi sono ritrovato timidamente incuriosito al romanzo, grazie alle incisioni in prima e quarta di copertina da parte di Teresa Ciabatti e di Crocifisso Dentello, per poi riscoprirmi emotivamente pregno delle percezioni che mi ha sollevato questa storia.

Un’avventura che inizia subito con un declino gravante sui due protagonisti: i  fratelli Antonio e Paolo sono stati abbandonati da due genitori disfunzionali e ora, nella loro età un po’ post adolescenziale e un po’ adulta, si ritrovano rinchiusi in una gabbia alimentata dalla codipendenza e dalla loro vicendevole protezione. Una dinamica struggente e faticosa, per le loro anime e i loro corpi, che rispettano in maniera ortodossa.

Paolo lavora in cantiere per l’odiato Serra, Antonio finge di cercare un lavoro. Si cercano, si evitano e si rimpallano colpe e responsabilità non loro; hanno modi diversi per arrabbiarsi e trasgredire, per canalizzare la loro foga incandescente. Non hanno avuto modelli a cui ispirarsi, o forse non ne hanno avuti di migliori, e quindi arrancano, arrangiando i loro comportamenti, le loro emozioni, allocandoli nello spazio tempo concesso dal tormento e  dal non avere altra possibilità alcuna.

In questa routine che giorno dopo giorno lacera in pezzi le loro vite, i due fratelli, facce della stessa medaglia, sopravvivono a una quotidianità fatta di rabbia, accidia, piccole prese di forza e dinamiche sballate. E chi non sarebbe arrabbiato al posto loro? Sono nati e hanno ricevuto in regalo la rabbia. Chi potrebbe sopravvivere ai cattivi maestri avuti durante la giovinezza evolutiva? Come si fa? Saranno queste le domande non fatte che inconsapevolmente percorrono le loro membra.

Eppure nonostante la narrazione della loro disperazione che sembra senza via di uscita, si percepisce la voglia di ricostruzione, l’auspicio, silenzioso e famelico allo stesso tempo, di avere un’opportunità per farcela in qualche modo. Qualcosa che possa far scattare la vita oltre la propria assolvenza da ogni responsabilità, temporalmente successiva a quelle altrui.

Camporotondo, immaginario paese della provincia del sud Italia dove è ambientato il romanzo, è una gabbia solo fisicamente più ampia della loro casa ed entrambi questi luoghi sono releganti verso un domani già deciso, scritto, invariante e in teoria immodificabile. La speranza emergente dalle tenebre svela il prezzo delle perdite, come se tutto il dolore già vissuto non fosse bastato a segnare Antonio e Paolo.

Chi ha la gola ancora secca per aver ingoiato troppa terra, allora non può che empatizzare profondamente con loro.

Insolia ha una scrittura limpida, reale, penetrante ed efficace. Da inserire in quella meravigliosa generazione di giovani autori italiani quali Bazzi, Forgione, Cardaci, Ghiotti, abili nel racconto delle marginalità, delle fatiche e delle emozioni correlate alle esperienze umane.

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