Letteratura
Giuseppe Conte e Davide Rondoni raccontano Ariel – Festival Lerici Pea Giovani
A poco più di una settimana dall’inizio della prima edizione di Ariel – Festival Lerici Pea Giovani, due delle poetesse che prenderanno parte all’evento, Giuseppina Biondo e Gaia Boni, dialogano con i due poeti organizzatori, Giuseppe Conte e Davide Rondoni; attraverso le loro parole possiamo entrare dentro “il primo Festival Italiano di Poesia dedicato ai giovani under 35 e a tutte le forme espressive poetiche giovanili; nato in occasione del Bicentenario Shelleyano per ricordare la permanenza di Percy Bysshe nel Golfo dei Poeti a Villa Magni (San Terenzo di Lerici) e nella volontà di sottolineare l’età non ancora trentenne di Shelley quando rivoluzionò per sempre il modo di fare Poesia”.
GIUSEPPINA BIONDO INTERVISTA GIUSEPPE CONTE
Dall’8 al 10 luglio ci troveremo a Lerici, in Liguria, all’interno della 68ª edizione del Premio LericiPea – Golfo dei Poeti per il bicentenario di Percy Bysshe Shelley. Innanzitutto, cosa di questo autore è fondamentale sapere? Cos’è che lo ha reso imprescindibile e leggendario? (G.B.)
Percy Bysshe Shelley è davvero come dice lei “imprescindibile” e “leggendario”. Chi vuol conoscere il grande Romanticismo europeo non può fare a meno di imbattersi in lui e nella sua opera, che comprende odi, frammenti, poemetti e un poema drammatico, il Prometeo liberato, che è uno degli ultimi libri sari dell’umanità, e che riformula il mito di Prometeo alla luce dei principi dell’Oriente e del femminile, con grande forza profetica. E Shelley a Lerici, dove passò due mesi soltanto ma decisivi nel suo destino, è una vera leggenda, con la sua permanenza a Villa Magni, con l’arrivo del suo veliero dai cantieri di Genova, il Don Juan che lui ribattezzò Ariel, con il suo dividersi tra Mary, sua sposa, e Jane, sposa del suo amico Williams, e infine con il suo naufragio. Tanto leggendario che io sono stato spinto da queste vicende a scrivere il romanzo La casa delle onde. (G.C.)
Il Premio LericiPea ha visto protagonisti Caproni, Spaziani, Govoni, Bevilacqua, Bellezza, Zeichen, Luzi, Sanguineti; tra gli stranieri Adonis, Heaney, Ferlinghetti, Duffy. E tanti altri sono i nomi che andrebbero segnalati sino a oggi, in cui si vede assegnato il premio alla carriera a Louise Glück. Ci vuole dire qualcosa sulla poesia contemporanea? E qual è la caratteristica principale di questo premio? (G.B.)
Sono nella giuria del Premio da tanti anni, tra i premiati più importati Adonis, Yves Bonnefoy, Evtushenko, Enzesberger, e Juan Gelman, argentino, e François Cheng, franco-cinese. Il mio vecchio amico Seamus Heaney ci fece l’onore di accettare il premio dopo il Nobel. Io lo intervistai in pubblico e lui mi mormorò: non farmi domande troppo difficili. Un giorno sono riuscito a far incontrare al Premio Nathan Zach, il maggior poeta israeliano, a Adonis, il maggior poeta arabo. La loro stretta di mano a Lerici è stata memorabile, per me uno dei momenti più belli e significativi di un Premio che ha tutto per figurare, con il declino del Viareggio, come il primo premio di poesia in Italia.(G.C.)
Quest’anno verrà inaugurato il Festival “Ariel” – LericiPea Giovani, dedicato a poeti under 35 e curato da lei e da Davide Rondoni. Come ci avete scelti? Cosa si sente di dire ai poeti che sono stati coinvolti? E cosa a chi vorrebbe partecipare alle prossime edizioni? (G.B.)
Con Davide abbiamo indicato dei poeti under 35 che avessero già dato qualche buona prova di sé e che fossero in grado di salire su un palco e leggere le loro poesie. Non abbiamo fatto scelte legate a poetiche e discorsi teorici. Ma affidate a gusto, sensibilità e opportunità. Per parte mia, ho scelto autori, tra cui lei, cara Giuseppina, di cui conoscevo i versi, anche per averli prefati. Ma mi aspetto di essere sorpreso, e di vedere i giovani poeti dimostrare che la poesia è viva, è vitale, ha dentro di sé il soffio dell’anima individuale e dell’anima del mondo. Mi aspetto una esplosione di poesia, di giovinezza, di incanto, di meraviglia, di bellezza, di speranza. Ma non indicherò niente a nessuno, non ho nessuna vocazione pedagogica, ognuno farà quello che vorrà: anche una malinconia romantica e ritrosa sarà ben accetta. Tutto, fuorché l’insincerità e la propaganda del disincanto. (G.C.)
Infine, saranno giorni rivolti alla lettura, alla condivisione, ma anche allo studio. Avremo modo di celebrare Shelley, la poesia, la natura, la ribellione, l’utopia e il mare. Si svolgeranno infatti diversi seminari, aperti al pubblico. Vuole anticiparci qualcosa al riguardo? (G.B.)
Seminario in effetti è una parola che fa venire in mente studio e forse noia. I seminari del Festival saranno spero soltanto punti di incontro tra autori con più anni ed esperienze alle spalle e i più giovani invitati: punti di incontro in cui il rigore delle argomentazioni dovrà incontrarsi con lo spirito di festa e di condivisione. Dialoghi vivaci, spunti per riflessioni che si prolunghino poi nelle letture. Il Festival è soprattutto lettura, i temi di Shelley aleggeranno, sarà inevitabile, sul palco e tutt’intorno sino al mare, io spero che il microfono resti aperto sino all’alba, allora sarà un vero Festival riuscito. (G.C.)
GAIA BONI INTERVISTA DAVIDE RONDONI
Che cosa ti ha spinto a credere in Ariel? (G.B.)
Credo sia compito di chi fa arte avere occasioni di incontro e scambio. L’ho sempre fatto in tanti modi e luoghi. Così la vita e l’arte diventano più fertili. Il luogo e la compagnia di Giuseppe Conte e degli organizzatori è garanzia di bellezza e di incanto. E in luoghi e con compagni così, si può solo guadagnare in anima e in vita! (D.R.)
Con quale criterio hai scelto i giovani partecipanti? (G.B.)
Ho scelto tra tanti giovani poeti che conosco quelli che mi pare già attestino una intensità artistica, una libertà di espressione, un impegno non casuale con un’arte difficile come la poesia, specie in tempi in cui anche la poesia è aggredita dalle banalizzazione e dagli interessi della società dello spettacolo portatrice di idee mainstream e di non disinteressate semplificazioni. Per stima reale, insomma. E perché invece di un premio che significa poco, la forma dell’atelier aperto e della conversazione è più foriero di sviluppi. (D.R.)
Cosa speri di lasciare nei partecipanti e in che verrà ad assistere? (G.B.)
Ah, niente…Solo quel niente per cui val la pena vivere, il tornare sempre bambini, ovvero aperti curiosi stupiti e legati all’Essere da cui si proviene… (D.R.)
Qual è il tema che ti sta più a cuore e di cui vorrai parlarci? (G.B.)
La natura, il suo paradosso che i poeti devono sempre indagare e sempre interrogare. Perché questo porta a interrogarsi sull'amore e sul destino. Cioè a fare davvero poesia. (D.R.)
Devi fare login per commentare
Accedi