Letteratura

“La poesia figlia della paura e del sangue che libera”: un dialogo Tinti-Benson

25 Giugno 2022

Pubblichiamo un dialogo il traduttore Nicholas Benson e il poeta Gabriele Tinti che ruota attorno all’ultimo libro di Tinti, Sanguinamenti, pubblicato nella collana Poesia de La Nave di Teseo.

B: Partiamo dal titolo. È questo un dramma in versi, una tragedia. 

T: Hai ragione. È una raccolta di epigrammi che insieme concorrono a formare un dramma in versi. Sono stati anche “rappresentati” nelle varie letture che soprattutto Abel Ferrara ne ha fatto nel modo giustamente più antispettacolare possibile. Nello scrivere non c’è niente di eroico né di spettacolare semmai di violento, di tragico, di patetico. Scriviamo per disperatamente durare, per sconfiggere il tempo, per resistere alla morte.

Gabriele Tinti e Abel Ferrara (courtesy Guido Gazzilli)

Da dove nasce questo libro? 

Mio padre mi portava ogni domenica nel cimitero del piccolo paese di campagna delle Marche da dove proviene la sua famiglia così come quella di mia madre. Mi faceva fare il giro delle tombe dei parenti raccontandomi di loro, in quella che era una sorta di antologia di vite alla Spoon River. Non immaginaria però, di un paese inventato, ma reale. Le iscrizioni funebri a rilievo o incise nel marmo, i suoi racconti, le storie dietro a quelle fotografie, quell’umore si sono combinati con i miei studi, con la mia frequentazione delle collezioni dei più importanti musei epigrafici italiani. “Vivere (per noi occidentali, aggiunge) è lasciare tracce” (cita Foucault). Tutti, per il tramite delle iscrizioni funebri, sono vissuti. Ecco, questo è il punto, scriviamo per questo, per bucare il tempo, trasfigurare la realtà. Ogni opera autentica nasce da questo spazio, dal timor mortis.

Quali i riferimenti letterari? 

Lo sono stati poeti come Callimaco, Posidipopo di Pella, Leonida, Teocrito, Callimaco, Meleagro che svilupparono l’epigramma come genere poetico svincolato dalla funzione pragmatica. Poi , su tutti, Marziale. Sapevi che il più grande studioso di epigrammi fu un mercante della mia regione Ciriaco de’ Pizzicolli, che nel 1425 -1448 viaggiò tra la Grecia e l’Egitto trascrivendo e interpretando centinaia di iscrizioni?

Non conoscevo Ciriaco. Mi sembra un personaggio da approfondire. Parlaci però di più di questi tuoi epigrammi. 

La forma breve è quella che mi appartiene. Non so fare altro. È stato naturale per me comporre questi frammenti utilizzando il distico elegiaco e la strofa alcaica sia pure in modo irregolare, estetico più che tecnico. Il distico è la forma che più mi rappresenta, quasi esclusiva in quanto, fin dalle origini e con più forza in quella latina, è stato proprio il metro dell’elegia, degli epigrammi e delle iscrizioni funebri e la struttura che veniva scelta per cantare lo sconforto individuale. Si tratta di un tempo che da forma ad un preciso contenuto.

Oltre al mondo antico evidenti sono i riferimenti alla grande pittura rinascimentale e cristiana. O meglio: tutta la raccolta potrebbe essere considerata una serie di lamenti, di preghiere. 

Quando si parla di morte si parla di ferite che vi conducono, che aprono il corpo, liberano la carne. Il Cristianesimo sincreticamente ha riassunto molti temi antichi. La Passione di Cristo è liberazione della pelle, sanguinamento, scorticamento, unzione. Marsia prima di lui si è fatto piaga vivente, si è liberato del corpo per liberare lo spirito. Il Cristianesimo ha portato all’estremo questa estetica e questi concetti. Caterina da Siena diceva: “mi rannicchierò nelle piaghe di Cristo, perché è nelle piaghe che è visibile il divino”. “Fili quantum vales a te exire, tantum poteris in me transire” e cioè “figlio”, dice Cristo, “tu potrai entrare in me nella misura in cui potrai uscire da te stesso” (cita l’Imitazione di Cristo).

Quindi un’opera che raccoglie stimoli diversi

È sempre così, ogni libro è un accumulo che arriva in un momento della propria vita. E la vita è sempre un’esperienza complessa e contraddittoria. Ti voglio fare un esempio a proposito di questi spunti differenti dato dall’utilizzo che ho fatto di una iscrizione presente in un collare per schiavi (per alcuni studiosi sarebbe addirittura un collare per cani).
L’attacco in latino dell’epigrafe incisa nel collare “fugi, tene me”, traducibile con “ora che son fuggito, prendimi” ma anche con il più poetico “sono scappato, tienimi stretto” con il quale l’ho tradotto io, mi è servito da incipit per una serie di frammenti letti da Abel Ferrara di fronte al “Cristo alla Colonna” collezionato a Brera un paio di anni fa.
Un frammento epigrafico antico che viene utilizzato e genera una serie di epigrammi ispirati a loro volta da questo capolavoro rinascimentale. Tutto questo diventa occasione per un discorso poetico in cui lo spettatore entra in modo ambiguo: siamo parte della folla che assiste alla tortura o siamo noi stessi gli aguzzini pronti ad infierire sul  divino?

La tua poesia emblematica credo però sia “Non lasciare il mio corpo in pasto ai cani”, un inno punk. 

Curioso tu mi dica questo. Anche Ferrara mi ripete spesso che i miei versi sono portatori di una “punk expression”. Avete ragione. Scrivere per me è il frutto della violenza tragica che nasce da tutta questa paura che ho, da questo desiderio che condivido con chi vuol essere liberato attraverso il sangue e la sofferenza.


Nicholas Benson è traduttore di classici italiani come Palazzeschi, Foscolo, Luzi, Slataper, Bertolucci e Antonia Pozzi. Per il suo lavoro di traduzione de L’Incendiario di Palazzeschi, ha ricevuto il prestigioso NEA Translation Fellowship. Attualmente sta lavorando alla traduzione di “Le serate Futuriste” di Francesco Cangiullo.

Gabriele Tinti è un poeta e scrittore. Ha scritto ispirandosi ad alcuni capolavori dell’arte antica come Il pugile a riposo, Il Galata suicida, il Giovane vittorioso (Atleta di Fano), il Fauno Barberini, Il Discobolo, I marmi del Partenone, l’Ercole Farnese e molti altri ancora, collaborando con Istituzioni come il Museo archeologico di Napoli, i Musei Capitolini, il Museo Nazionale Romano, il Museo dell’Ara Pacis, il J. Paul Getty Museum di Los Angeles, il British Museum di Londra, il Metropolitan Museum di New York, il LACMA di Los Angeles, il Parco archeologico del Colosseo e la Glyptothek di Monaco.
Le sue poesie sono state lette da attori come Kevin Spacey, Abel Ferrara, Malcolm McDowell, Robert Davi, Marton Csokas, Stephen Fry, James Cosmo, Vincent Piazza, Michael Imperioli, Franco Nero, Burt Young, Michele Placido, Alessandro Haber, Jamie Mc. Shane e Joe Mantegna. Nel 2016 ha pubblicato “Last words” (Skira) in collaborazione con l’artista americano Andres Serrano.
Nel 2020 è uscita la sua raccolta di poesie in collaborazione con l’artista Roger Ballen per i tipi di Powerhouse Books (New York). Nel 2021, 24 Ore Culture ha raccolto in un volume per i tipi di Libri Scheiwiller (Milano) il progetto “Rovine”. L’edizione inglese è uscita in contemporanea a cura dell’editore Eris Press (Londra). Nel 2022 la sua raccolta di poesie “Sanguinamenti- Incipit Tragoedia” è stata pubblicata da La Nave di Teseo (Milano) e – nel 2023 – lo sarà da Contra Mundum Press (New York).

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