Letteratura

Fugaci ritratti: la bellezza della parola

25 Marzo 2018

Fugaci Ritratti è il nuovo libro scritto da Biagio Riccio, affermato cassazionista nel campo del diritto bancario e fallimentare e già autore di un altro testo che tratta specificamente di articoli sullo strapotere degli istituti di credito.

Ma questo lavoro ha altre tematiche: tratta di letteratura, di filosofia, di mitologia, di costume, di storia, di attualità.

Riccio scrive anche per “Gli Stati Generali” ed i suoi articoli sono molto apprezzati dal pubblico del web.

Fugaci Ritratti raccoglie oltre 20 articoli, già editati in riviste ed apparsi su diverse testate online.

Il libro ha avuto il privilegio di una bella e ricca prefazione del miglior Vittorio Sgarbi ed è pubblicato dalla casa editrice Rubbettino.

Vi un filo rosso, una ragione comune sottesa al lavoro di Riccio.

Anzitutto un metodo: gli articoli sono documentatissimi con riferimenti anche a “pezzi giornalistici” pubblicati su giornali dell’epoca e pregni di citazioni, per le quali l’autore, con onestà intellettuale, ne riporta sempre la fonte.

Il linguaggio è terso e scorrevole, anche quando si affrontano impervie tematiche di filosofia o letteratura.

Riccio è un amante della bellezza – la sua sintassi aulica ne è una riprova ed un chiaro suffragio dimostrativo – che lui sostiene essere in tutte le cose della vita, ma si nota quale onnivoro di giornali e lettore inesauribile di volumi e di tantissimi libri, i cui riferimenti sono riportati in questi saggi, come ha scritto Sgarbi nella prefazione, “dall’effetto disintossicante”.

Sì, perché Riccio è un nostalgico della vecchia terza pagina dei grandi quotidiani, della cultura degli elzeviri, quegli articoli in alto a sinistra “di spalla”, scritti da grandi letterati che raccontavano, storie già anticipatrici di romanzi o riportavano recensioni teatrali.

Il giornalismo culturale è il dispositivo, la cifra per rinvenire l’intima essenza ed il tratto distintivo di questi articoli, come quelli ancora oggi firmati da Pietro Citati o da Claudio Magris.

Il lavoro si apre con un pregevole commento alla poesia de “l’Infinito” di Leopardi e qui già si vede la tecnica di Riccio: quella di commentare la bellissima composizione con riferimenti alla migliore letteratura critica, di Pietro Citati, Carlo Bo, Giovanni Macchia, Natalino Sapegno, Giorgio Di Rienzo, ma soprattutto l’autore ci spiega, con una narrazione ricca di particolari storici e biografici, di come nacque il capolavoro leopardiano e come il poeta di Recanati spiega l’infinito, anche per il suo profilo filosofico, nello Zibaldone.

Gli articoli non sono stati raccolti alla rinfusa ed in modo rabberciato: l’indice del testo è ragionato, come se fosse diviso per sezioni.

Per la letteratura oltre a Leopardi c’è un saggio su D’Annunzio per le sue lettere scritte alla effettiva musa, non come si crede Eleonora Duse, ma Barbara Leoni.

La filosofia si caratterizza per tre articoli riferiti a Giordano Bruno ed al suo panteismo dell’infinità dei mondi, con ampi riferimenti anche al processo che il filosofo nolano subì ed alla sua morte, arso vivo, a Campo dei Fiori a Roma. C’è’ un ampio saggio riferito alla filosofia dionisiaca dello Zarathustra di Nietzsche, ma colpisce soprattutto il pezzo dedicato alla Cura, nel quale Riccio richiama anche la famosa canzone di Franco Battiato.

Non dimentica l’Autore anche articoli dal taglio popolare quando ricorda Mina, Marilyn Monroe e la bellezza della vita con ampi riferimenti a Gianluca Vacchi.

Ma il Nostro si appassiona all’Amore quando descrive, con aulici riferimenti poetici, il mito di Eros e quello di Elena, richiamando, con passione la retorica sofistica, disputante sul fatto se la moglie fedifraga di Menelao fosse colpevole nella decennale guerra tra Greci e Troiani.

Ci sono tre saggi dedicati alla figura di Falcone, alla storia di Mani Pulite ed alla vicissitudine di Enzo Tortora. Qui Riccio si supera, perché richiama la Storia della Colonna Infame del Manzoni, a riprova dell’innocenza del noto presentatore televisivo. Questo articolo, anche di rara coloritura polemica contro la Repubblica dei Magistrati, per lo strapotere dei medesimi, nel delicato equilibrio di poteri nell’assetto costituzionale, diventa anche finemente poetico, quando Riccio si attarda, con compassione, a descrivere l’amore di Tortora per la sua Francesca: sono riportati ampi stralci delle lettere che egli le scrisse dal crudele carcere.

Ne consigliamo vivamente la lettura per la pulizia dell’asciutta prosa e per la passione dell’Autore che con i suoi scritti ci fa rivivere, scene di storia, di politica, di poesia, altrimenti dimenticate.

Ha ragione Sgarbi ad adoperare un ossimoro quando parla di Riccio e del suo modo di affrontare i suoi scritti: Solidità del Fugace, perché Riccio è un antico e raffinatissimo scrittore che ama la bellezza della parola.

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