Letteratura

Fiction is action

29 Dicembre 2020

 

Come può l’umanità salvarsi dall’apocalissi ambientale, usando quali pratiche di sopravvivenza, escogitando quali nuove modalità culturali, sfruttando quali meccanismi evolutivi?

Matteo Meschiari (Modena 1968) insegna Geografia e Antropologia della comunicazione all’ Università di Palermo. Dal 1990 svolge ricerche sul paesaggio in arte, letteratura, etnologia e geografia ed è impegnato nella divulgazione in Italia della Landscape Anthropology anglosassone. Occupandosi più in generale di dinamiche spaziali, studia i modelli abitativi dalla preistoria all’epoca contemporanea.

Il panorama fisico e umano che fa da sfondo al suo libro La Grande estinzione. Immaginare ai tempi del collasso, scritto prima dell’attuale pandemia, è tragicamente funesto, frutto di catastrofiche scelte di sviluppo economico che hanno consapevolmente condotto il mondo sull’orlo della catastrofe: “L’acqua non è più il bene di tutti ma l’oro liquido che presto finirà e sarà gestito da multinazionali o da oligarchi senza scrupoli. Il mare non è più la via che unisce le terre ma il teatro di una guerra di migrazione. I rifiuti non sono più il problema macroscopico di alcune metropoli ma sono lo scenario totalizzante del nostro futuro”. All’inevitabile e prossimo collasso ambientale, secondo l’autore si collega un collasso cognitivo della specie umana, incapace di reagire criticamente alle imposizioni culturali delle superpotenze mondiali, inebetita nella creatività dal conformismo dei modelli culturali dominanti.

Socialmente, poi, si assiste a un altrettanto minaccioso isterilimento delle coscienze individuali, per cui registriamo “l’individualismo al di sopra di ogni legge giuridica e morale, il rancore sociale come arma di clan, la propaganda e la pratica xenofoba, l’orgoglio per la nuda vita e il disprezzo per la cultura e il sapere, il desiderio di vendetta collettiva, la violenza di governo verso i migranti, i marginali, i poveri”. Come opporsi alla deriva antropologica cui stiamo andando docilmente incontro? Secondo Matteo Meschiari l’unica possibilità di salvezza risiede nell’”emancipare, addestrare ed esercitare l’immaginazione”, sviluppando tecniche di resistenza mentale capaci di inventare nuove “rappresentazioni del mondo, delle relazioni, di sé”.

La soluzione da lui proposta riguarda il mondo della creazione artistica, nella scrittura e nel cinema principalmente, attraverso l’individuazione di una nuova idea di fiction, che serva “a moltiplicare scenari e alternative possibili. A fuggire dalla tirannia dell’adesso-qui, a criticarla, a rovesciarla. A pensare l’invisibile. A inventare l’altro. A scegliere tra molteplici direzioni. A far emergere connessioni tra presente, passato e futuro. A credere in ciò che non esiste. A credere in ciò che esiste. A dialogare con le parti prelinguistiche del proprio cervello. A fare ipotesi. A costruire modelli. A riempire le lacune del pensiero razionale. A cogliere connessioni. A sperare…”.

Un pensiero utopico che sappia immaginare un altrove, utilizzando le tracce suggerite dalla letteratura distopica e apocalittica, affidandosi all’immaginario per inventare un nuovo modello eco-socio-economico e ideologico, proponendo una originale e rivoluzionaria cosmopoiesi: “il racconto immaginato ha una ricaduta immediata e diretta sul mondo reale, guida comportamenti, porta ad azioni concrete, determina scelte e produce conseguenze”.

Decretando la fine della produzione culturale obsoleta di romanzi e film narranti l’epica borghese-famigliare, le ossessioni sentimentali e sessuali private, la cronaca quotidiana di violenze e abusi politici e finanziari, scrittori e registi dovranno far scoppiare la bolla asservita al mercato in cui è racchiusa la produzione artistica mondiale, recuperare l’animismo della antiche saghe narrative, utilizzare gli strumenti offerti dalle branche scientifiche, indirizzare l’immaginario collettivo a utopie rigeneranti.

In una ricca bibliografia conclusiva, Meschiari elenca romanzi e saggi degli ultimi cinquant’anni che hanno suggerito validi modelli di riferimento per la nascita di una nuova fiction, capace di orientare comportamenti collettivi di resilienza e resipiscenza.

 

MATTEO MESCHIARI, LA GRANDE ESTINZIONE – ARMILLARIA, ROMA 2019

 

 

 

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