Letteratura

Fernando Pessoa? Il più contemporaneo e universale dei grandi maestri del ‘900

23 Marzo 2023
Questo articolo è stato pubblicato sulla rivista il Maradagal nel febbraio del 2020. Quel numero della rivista si intitolava “Buoni e cattivi maestri” e chiedeva agli autori di indicare quali grandi scrittori possano ancora oggi considerarsi dei maestri e quali, a partire da un punto di vista motivato ma inevitabilmente soggettivo, eventualmente lo siano meno di altri.

All’amico e poeta Luis de Montalvor che, quando lo andava a trovare nell’ufficio in cui lavorava come traduttore di lettere commerciali, non gli perdonava di non aver ancora pubblicato in volume la stragrande parte della sua opera, Fernando Pessoa rispondeva: “Non ha importanza, alla mia morte lascerò qualche baule pieno”. Fu proprio quello che accadde e che nei decenni successivi favorì la popolarità del poeta e, via via che si diffondevano i fogli che si trovavano nei suoi bauli, nonché le numerose poesie e prose pubblicate in vita su giornali e riviste, gli garantì una reputazione letteraria di respiro mondiale del tutto meritata. Non possiamo escludere che queste parole di Pessoa, oltre che venate di ironia, non fossero del tutto pacificate e prive di tensioni egocentriche sottotraccia. Ma, se si pensa che a parlare è uno dei nomi più grandi della letteratura del ‘900, restano un insegnamento per molti scrittori in balia di ansie contingenti sulle sorti editoriali e di pubblico della propria opera, che spesso sono imponderabili e che conviene vivere con un grado di distacco.

Pessoa è un maestro per i lettori e gli scrittori di oggi in virtù della sua sorprendente attualità, per la sua capacità di portare sulla pagina mondi lontani, di giocare in modo raffinato con le parole e i loro significati stratificati e millenari, e al tempo stesso di essere concreto, di far risuonare la complessità della sua opera nell’immediato, in un qui e ora possibile, visibile. Pessoa, a mio avviso, è tra i pochissimi che ci hanno lasciato una poesia straordinariamente alta, ma per nulla velata da forme, pur tollerabili, di intellettualismo. E quest’ultimo è un rischio che hanno corso e scontato in molti, anche tra i più bravi. Per questa ragione la scrittura di Pessoa risulta ancora oggi così fresca e contemporanea, ed è apprezzata da lettori esperti ma anche da frequentatori della poesia meno competenti. Perchè nei suoi versi potenti, luminosi e intellegibili coesistono tensione di pensiero e chiarezza.

Si leggano, per esempio, alcuni versi della poesia intitolata Pioggia Obliqua, scritta nel 1914 e pubblicata l’anno successivo sulla rivista Orpheu, in cui Pessoa sperimenta e inventa la corrente avanguardistica dell’Intersezionismo, che richiama altre tensioni artistiche che in quegli anni si manifestano, come il Cubismo e il Futurismo, e dove la soggettività dell’autore e l’oggettività del reale si intersecano senza sovrapporsi: “La grande Sfinge dell’Egitto sogna dentro questo foglio…/ Scrivo: e lei mi appare attraverso la mia mano trasparente/ e nell’angolo del foglio si ergono le piramidi…”. Oppure i versi di apertura: “Attraversa questo paesaggio il mio sogno di un porto infinito/ e il colore dei fiori è trasparente di vele di grandi velieri/ che salpano dal molo trascinando nelle acque come ombra/ le sagome al sole di quegli alberi antichi…”. E ancora tensione filosofica e precisione del messaggio brillano come se fossero una cosa sola nelle parole di questa strofa di una breve, e assai nota, poesia scritta nel 1932: “La terra è fatta di cielo./ Non ha nido la menzogna./ Mai nessuno s’è smarrito./ Tutto è verità e passaggio.”.

William Butler Yeats in quegli anni, e già in quelli precedenti, scrive poesie simboliste straordinarie, che però, rilette oggi, appaiono più datate rispetto a quelle di Pessoa e richiedono al lettore uno sforzo maggiore per recepire forme e temi, per calarsi nel tempo e nell’atmosfera in cui furono scritte. Così Thomas Stearns Eliot in Il canto d’amore di J. Alfred Prufrock (1915) e in La terra desolata (1922) manifesta una forza letteraria e una bellezza che sanno ancora colpire profondamente e trasformare chi si avvicina a quei testi, ma per godere al meglio della sua poesia conviene essere dei lettori esperti. E guardando all’Italia, l’originalità e la carica innovativa della scrittura del primo Giuseppe Ungaretti, quello di Il porto sepolto (1916) e di Allegria di naufragi (1919) sono evidenti anche oggi, ma i contenuti di quelle poesie sono legati all’epoca in cui furono scritte e all’esperienza della prima guerra mondiale a cui il poeta prese parte.
Le poesie di Pessoa invece, come per una specie di miracolo letterario, sembrano sempre nuove e significanti. Ovvero appena scritte, ricche di senso e chiarissime per ogni lettore capace di attenzione.

Un altro indizio della modernità di Pessoa sta nella struttura stessa della sua opera, nelle costellazioni di eteronimi con cui, in aggiunta a quello che scriveva, e a volte pubblicava, con il suo nome, il poeta di Lisbona ha scritto di temi diversi, con forme molteplici e originali per ognuno dei 136 nomi letterari – e il numero potrebbe non essere definitivo – a cui ha affidato pensieri, idee, intuizioni e visioni. Al di là delle possibili spiegazioni caratteriali o psichiche, che Pessoa illustra in due lettere, in bilico tra saggio e letteratura, del gennaio del 1935 indirizzate a Adolfo Cascais Monteiro (“l’origine mentale dei miei eteronimi sta nella mia tendenza organica e costante alla spersonalizzazione e alla simulazione”), negli anni in cui gli studi sulla psicoanalisi cominciavano ad avere una sistemazione organica e a essere diffusi, la peculiarità eteronimica della sua opera lascia intendere una capacità di sentire e di interpretare il proprio tempo a dir poco geniale e che, trascorso un secolo di storia e di scritture, dà ancora le vertigini.

Se, invece, si guarda la cosa in base a una prospettiva più puramente letteraria, la preveggenza di Pessoa, ovvero la sua capacità di anticipare e di precorrere i tempi che si stavano preparando è, se possibile, anche più spiazzante. Se l’eteronimo Alexander Search, autore di pregevoli poesie in lingua inglese, viene partorito già nel 1899, i tre eteronimi maggiori, Alberto Caeiro, Alvaro de Campos e Ricardo Reis, compaiono e iniziano a scrivere nel marzo 1914, ben prima della pubblicazione di altre grandi rappresentazioni novecentesche dell’io plurimo o frammentato, tra cui per esempio, come ebbe modo di evidenziare Antonio Tabucchi, si possono elencare la Coscienza di Zeno (1923) di Italo Svevo, Uno, nessuno e centomila (1925) di Luigi Pirandello e Finnegans Wake (1939) di James Joyce. E per chi guardi con un po’ di attenzione e di competenza i contenuti e la scrittura, c’è da stupirsi ancora di più. Ogni eteronimo è autore di un corpus poetico complesso e organico, con uno stile ben riconoscibile, e diverse contraddizioni interne, come si conviene a un poeta vero. Semplificando e sintetizzando le figure principali: Alberto Caiero è un poeta agreste e neopagano, Alvaro de Campos un avanguardista, Ricardo Reis è un raffinato neoclassico, mentre nei versi del Pessoa ortonimo, insieme a molte altre, c’è una evidente tensione esoterico-metafisica.

Ancora, nel 1917 sul primo e unico numero della rivista Portugal Futurista appare, a firma di Alvaro de Campos, Ultimatum. Si tratta di una sorta di contromanifesto futurista molto superiore per originalità e qualità letteraria rispetto a quello marinettiano del 1909. Vi si leggono passaggi come: “In arte: abolizione del dogma dell’individualità artistica. Il maggior artista sarà colui che meno si definirà, e colui che scriverà in più generi con più contraddizioni e dissomiglianze. Nessun artista dovrà avere solo una personalità. Dovrà averne varie, organizzando ciascuna attraverso riunione concretizzata di stati d’animo somiglianti, dissipando così la grossolana finzione di essere uno e indivisibile”. Oppure: “Il Superuomo sarà, non il più duro, ma il più complesso!”.

Quanto a Bernardo Soares, autore e protagonista del Libro dell’inquietudine, nonché semieteronimo del poeta, avendo la stessa personalità di Pessoa, ma mutilata, ossia “senza il raziocinio e l’affettività”, e quindi risolta tutta nella sensazione, nello sguardo, potrebbe facilmente far parte del dibattito contemporaneo relativo alla funzione dell’io-autore e della realtà vissuta in letteratura, sia pure collocandosi a un grado concettuale e filosofico ben più alto.

E se dallo scrittore ci si sposta all’intellettuale e alle sue iniziative pubbliche, l’unicità rimane costante. Si prenda il caso dell’Orpheu, pubblicata nel 1915 in due soli numeri, con cui Pessoa, insieme a un gruppo di poeti e artisti, di fatto introduce il modernismo in Portogallo. I giornali portoghesi dedicarono ben 68 articoli al primo numero di Orpheu e 24 al secondo. Quante riviste, online e non, promosse da giovani letterati, oggi sarebbero in grado anche soltanto di avvicinare un simile risultato? Sembrava che tutte le testate portoghesi, in prevalenza con accenti violentemente critici e scioccati, volessero occuparsi della rivista. Come dice Barbara Gori, professoressa di letteratura portoghese e brasiliana presso l’università di Padova, nel libro Una letteratura da manicomio – Orpheu nei giornali e nelle riviste portoghesi del 1915 (Edizioni dell’Urogallo, 2015), i giornali in molti casi riportarono, in parte o integralmente, i testi proposti dalla rivista e, con l’intento di criticarli, finirono per farli conoscere a pubblici più vasti, realizzando così il fine dei loro autori. La polemica suscitata dalla rivista uscì dall’ambito artistico-letterario e intercettò il dibattito politico portoghese di quegli anni e le chiassose dispute tra repubblicani e monarchici. Numerosi attacchi ebbero modi abbastanza simili a quelle di tanti flame odierni sui social network, sfiorando l’insulto e arrivando a definire come folli, deliranti, ovvero da manicomio, i testi del gruppo di poeti che formavano la rivista e che si incontravano nei caffè della Baixa di Lisbona. Roba da far sembrare dilettanti allo sbaraglio molti leoni da tastiera dei nostri tempi. Infine, ci sono ancora molti testi di Pessoa inediti, e in attesa di essere pubblicati e commentati. Si tratta di testi dalle forme e dai contenuti più vari. Pessoa e la sua scrittura, così contemporanea, hanno altre cose da dirci.

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