Letteratura
Homais, o i rischi della cultura
Riflessione sui rischi della diffusione della cultura a partire da alcuni spunti offerti dal personaggio del farmacista e giornalista Homais nel romanzo “Madame Bovary” di Gustave Flaubert
Homais, c’est moi!
Il rischio di passare per stupidi acculturati o anche idioti colti è sempre in agguato. Il personaggio flaubertiano di riferimento a tal proposito è il farmacista Homais in “Madame Bovary”. Grandiosa figura di questo romanzo sublime. Si tratta del rischio di una pretenziosità ridicola poggiante su un mezzo sapere acquisito ma che nella psiche di Homais emerge come un assioma inscalfilbile o una convinzione rocciosa al riparo di qualsiasi dubbio. Ed è un fatto psichico che ci minaccia noi tutti figli suoi, soprattutto a causa di una qualità scadente della nostra mente certamente, ma anche di un mondo di saperi esploso sempre più alla portata di tutti, sminuzzato dai Media proliferanti e infestanti, ovvero grazie alla diffusione stessa dei saperi dai tempi dell’Enciclopedia di Diderot e D’Alambert, l’Internet (come lo chiama la Soncini) del ‘700, la capostipite insomma della, benemerita eh!, Wikipedia. Basta riavvolgere il nastro all’epoca della pandemia e rammentare quanti stizzosi Homais circolassero.
In una lettera alla Sand, Flaubert, che è l’autore, ricordiamolo in questo contesto, di “Bouvard e Pécuchet”, personaggi in scia con l’approccio disastroso col sapere proprio come Homais (o come Emma con la lettura), a proposito dell’istruzione popolare, scrive: “Date pane, non libri” ai ragazzi del popolo. Acutamente Lionel Trilling, nella prefazione all’ultimo romanzo di Flaubert, allude a un sentimento rancoroso strisciante contro l’Illuminismo, alla sua carica di democratizzazione della cultura, e ai disastri che comporta il sapere, fatalmente destinato a diventare un disturbo comportamentale nella vita degli indotti, che a questo punto funzionerebbe, dicono a Napoli, come “a pucchiacca in mano ai criaturi”. Sentimento di cui avverto la parte di verità ma col quale certamente non posso concordare proprio io, visto che sono uno di quei ragazzi del popolo.
Azzardo un’analisi del personaggio di Homais secondo la mia percezione di lettore.
Monsieur Homais è presentato come un personaggio complesso, con tratti caricaturali. Ecco alcuni dei tratti principali che emergono dal suo carattere: 1) Vanità e pretenziosità. Homais è ossessionato dalla sua immagine sociale e dalla sua reputazione. Si considera un uomo illuminato e vuole farsi passare per un modello di razionalità e progresso. Ama vantarsi delle sue conoscenze scientifiche; spesso in modo esagerato o impreciso. 2) Ipocrita e opportunista: manipola le situazioni a proprio vantaggio con la scusa della cordialità e dell’altruismo. Ad esempio, si mostrerà ossequioso nei confronti delle autorità, mentre in privato le criticherà per aumentare il proprio prestigio; 3) Razionalista ma di mentalità ristretta e alla fine pasticcione. Certo, Homais incarna il positivismo del XIX secolo, ponendo la scienza e il progresso materiale al di sopra di tutto. Tuttavia è incapace di riconoscere i limiti della sua conoscenza o del suo metodo, il che lo rende dogmatico e intollerante nei confronti delle opinioni diverse (soprattutto religiose); 4) Nel rapporto con gli altri è accondiscendente e insieme dominatore: Homais cerca infatti costantemente di dominare le discussioni. Disprezza coloro che considera inferiori, soprattutto i contadini o le persone di fede, mentre cerca di impressionare coloro che considera suoi pari o superiori; 5) Manipolatore: usa gli altri per favorire i propri interessi. Ad esempio, sfrutta Charles Bovary per accrescere la propria influenza a partire soprattutto dagli esperimenti medici consigliati senza preoccuparsi delle conseguenze, che saranno disastrose. Tutto l’affaire tragicomico del “pied bot” di Hippolyte è da vedere sotto questa luce. C’è chi sostiene che dietro questa scena del romanzo ci sia il tentativo del fratello Achille di operare l’ascesso alla coscia del papà Cleóphas-Achille, che non riesce: il padre ne viene ucciso. La spia indiziaria verrebbe dagli accenni al tendine di “Achille” da operare nel piede torto dello stalliere Hippolyte. Flaubert non amava il fratello. Lui che si sentiva a 18 anni un disadattato e si consegnava già a un destino di “tappabuchi” (sic) in occasione delle nozze del fratello Achille così scriveva: « Si avvia a diventare un uomo sistemato (rangé), incominciando a rassomigliare da ora in poi a quei polpi attaccati alle rocce. Ogni giorno riceverà il sole dalla rossa fica della sua benamata, e la felicità risplenderà su di lui come il sole su una merda». (a Chevalier, 15 aprile 1839).
Monsieur Homais è una vivace satira della borghesia di provincia e dei difetti del suo tempo: in fondo è un semplice “infarinato” nel sapere, ma ha fede cieca nella scienza e nel progresso. Homais rappresenta lo scientismo, una forma mentis che valorizza la scienza al punto da ignorare le dimensioni morali, emotive o spirituali dell’esistenza. Ma in fondo sottotraccia si può anche leggere — vi sono molti segnali nella “Corrispondenza” di Flaubert in tal senso — i frutti avvelenati dell’illuminismo e del sapere dispensato a tutti.
Nel corso della storia, Homais dimostra di essere fedele a se stesso: non cambia, non dubita e alla fine trionfa in un mondo in cui prevalgono l’opportunismo e la mediocrità. Il suo “successo” (l’ottenimento della Légion d’honneur alla fine del romanzo) è amaro, perché illustra l’ironia di Flaubert: un uomo banale e arrogante prospera, mentre Emma, più idealista e appassionata, viene distrutta.
Insomna Homais si staglia come un sinistro personaggio grandioso. La sua ossessione per il riconoscimento sociale e la sua fede cieca nella scienza lo rendono spesso ridicolo, ma rimane anche una potente figura di critica sociale nel romanzo. Flaubert ne crea una caricatura incisiva, rivelando i limiti del razionalismo e dello scientismo. Homais è insomma il tronfio Eroe del “mezzo sapere” o delle conoscenze raccogliticce dove spesso scienza e idiozia si abbracciano. Secondo Mary McCarthy è il protagonista segreto del romanzo.
Ora, io ero così sinistramente affascinato da Homais che ai tempi gloriosi del Newsgroup “Italia Cultura Libri”, 20 e più anni fa, lo avevo scelto come nomignolo. Insomma mettevo le mani avanti per le castronerie letterarie che potevo proferire nel corso dei dibattiti.
Nel leggere un saggio di Albert Thibaudet «Sur le style de Flaubert» (La Nouvelle Revue française , XIII-74, 1er novembre 1919), emerge che la figura che avrebbe ispirato Homais sarebbe… l’amico Du Camp. Si legge infatti in questo saggio: «Il destino intelligente aveva messo accanto a Flaubert M. Homais sotto il nome di Maxime Du Camp».
Qualche ragione c’è. Ecco come Flaubert descrive l’amico in un momento particolare del loro rapporto, dopo averci litigato e mentre sta scrivendo “Madame Bovary”, nella lettera alla Colet del 15 gennaio 1853: «Novità! Il giovane Du Camp è ufficiale della Légion d’honneur. [Come Homais, ma anche con grande legge del contrappasso come lo sarà in seguito lo stesso Flaubert, colui che scriveva “gli onori disonorano”, che ne verrà a sua volta insignito]. Come deve fargli piacere! Quando si confronta con me e considera quanta strada ha fatto da quando mi ha lasciato, è sicuro che mi troverà molto indietro e molto lontano da lui. Lo vedrai, un giorno, prendere un posto e lasciarsi alle spalle tutta quella stupida letteratura. Tutto si confonde nella sua testa, donne, croci, arte, stivali, tutto vortica allo stesso livello, purché lo ecciti, questo è l’importante».
Insomma la bulimia dei saperi, l’eccitazione intellettuale permanente, le mezze filosofie, l’assenza di gerarchie nelle scelte, l’estasi del pecoreccio e del sublime si potrebbe dire con Tommaso Labranca, che battono all’unisono nella nostra testa, sono il rischio permanente nelle persone colte o semplicemente acculturate. E Homais in questo senso ci rappresenta tutti. E se non voi, me di sicuro.
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