Letteratura

Fake Accounts: il romanzo d’esordio di Lauren Oyler

11 Novembre 2022

Sarebbe facile giocare a essere spietati con il romanzo di Lauren Oyler “Fake accounts”, opera d’esordio della nota critica letteraria, internazionalmente nota per la sua penna tagliente, capace di smontare, capitolo per capitolo, i più grandi casi editoriali degli ultimi anni. Facile, ma non interessante forse, parlare del modo in cui sapientemente, ma forse in modo troppo esplicito, ha intessuto la trama di un racconto ipercontemporaneo, basato sulla vicenda di una giovane redattrice, annoiata dal suo rapporto di coppia al punto di arrivare a spiare il compagno attraverso lo smartphone, solo per scoprire una sua doppia vita da complottista del web. Niente di eccessivamente originale, se non fosse che, in seguito alla scoperta, ormai decisa a lasciarlo, la giovane donna viene a sapere che Felix – quasi ex – ha avuto un incidente ed è morto. Il lutto è seguito da una crisi profonda della protagonista che decide di abbandonare New York, città in cui vive, per trasferirsi a Berlino, città in cui aveva conosciuto il compagno, e intraprendere a sua volta una “carriera” di finzione social in rete, attivando un account su una app di incontri e presentandosi ad ogni nuovo potenziale partner con un profilo diverso.

Risposta al dolore subito? Voglia di vendicarsi di un torto a cui non è stata concessa nemmeno la (magra) consolazione riparatoria dell’abbandono? Estrema sovrapposizione esperienziale fra la propria esistenza e quella dell’ormai scomparso (quasi ex) partner?

Le domande si propongono al lettore mentre attraversa una sequenza serrata di eventi, mescolati alle riflessioni personali sul tema delle relazioni, del rapporto con il mondo web e social, dell’identità personale. Siamo davvero conoscibili per gli altri? Quale realtà è vera e quale falsa in un mondo ormai completamente pervaso da like, messaggi in chat, iperconnesso e comunicativamente ipertrofico? Sullo sfondo una critica politica e sociale, ben rappresentata dal lungo excursus sulla marcia delle donne nella prima parte del romanzo, all’impegno civile, diventato moda, cliché, eterna costruzione del personaggio sé di fronte al pubblico. Vero o presunto che sia, virtuale o reale.

Il percorso è interessante, sostenuto da una prosa attenta e mai banale, che segue un ritmo alternato, fra momenti di pausa e veloci accelerazioni, capace di coinvolgere profondamente il lettore trascinandolo riga dopo riga. Qualcosa però stona. Forse un eccessivo carico cerebrale, l’autocompiacimento per aver pensato qualcosa di originale, ma fortemente contestualizzato, piacevole perché riconoscibile da parte del lettore appartenente a una certa generazione (quella nata fuori da internet, ma per poco) e straniante in modo quasi violento per chi questa generazione ha preceduto. Un testo che forse non sarebbe in grado di stupire un lettore di quindici anni e, per questo, estremamente contemporaneo, ma forse effimero. Un libro che va letto oggi, per trovare uno spazio di discussione nell’urgenza del dibattito, ma che domani potrebbe essere già ampiamente superato. Non tutti i romanzi però devono essere dei classici, anzi, una lettura piacevole, spesso, si realizza trovando elementi di originalità creativa, di stupore, in un contesto familiare, ordinario. Fake accounts risponde a un bisogno collettivo di elaborazione del lutto, quello della perdita delle sicurezze legate alla mono dimensione, quella off line, concreta, dove le maschere di pirandelliana memoria si nascondevano dietro la porta di casa o del lavoro, non nelle infinite moltiplicazioni della rete, immediate, iperconnesse e per questo meno decifrabili.

Oyler non inventa nulla: registra, ammicca, propone una visione in sé non particolarmente originale, ma forse rassicurante nella sua prevedibilità, trovando la vera originalità nello stile, nella prosa, nella costruzione di una macchina ben oliata che avvince il lettore e sa fare opinione. Un libro da leggere ora, subito, per consumarlo nella riflessione immediata sulle distanze ormai incolmabili che la connessione costante ha creato. Forse non durerà a lungo, ma sarà in fondo un viaggio interessante per il lettore.

 

 

 

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