Letteratura
Estate corsara di Alessandra Corbetta, la poesia della metamorfosi
Il luogo, o i luoghi, da intendersi sia come spazio fisico, come geografia, sia come contesto, epoca, o collocazione temporale, in un’opera letteraria hanno sempre una funzione importante, e molto spesso ne sono uno degli elementi costitutivi, concorrono a definire la sostanza, il contenuto stesso del testo. In Estate corsara di Alessandra Corbetta la tensione toponomastica è così forte che i luoghi a cui sono associate le vicende rappresentate in molti casi sono indicati nel titolo delle poesie: Firenze, Fiesole, Siena, San Marino, Lungarno, Sarzana, Bologna… Altrove l’ambientazione sembra riferibile alla riviera romagnola. E ben identificato, fin dal titolo del libro, è anche il tempo in cui sono collocati i testi, l’estate che si può, non soltanto simbolicamente, associare allo zenith dell’esperienza, a un vertice delle possibilità dell’esistenza.
Ci sono versi, sia pure relativi a una fase generazionale inevitabilmente diversa e di almeno due decenni successiva, che sembrano quasi riecheggiare alcune atmosfere tratteggiate nel romanzo Rimini di Pier Vittorio Tondelli: “Così il mondo stava/ nel succedersi degli ombrelloni blu./ Una ragazza li attraversa con le gambe lunghe/ che reggono sfacciate il senso dell’estate.”.
Tuttavia, se la cornice, se così si può dire, dell’opera è assai chiara e delimitata con una cura quasi didascalica, il vero contenuto, il quid più autentico di questo libro di poesia appare più sfuggente. L’oggetto dell’indagine poetica di Corbetta sembra riguardare una porzione della realtà che per sua natura tende a essere inafferabile, ovvero che non si può che tentare di rintracciare attraverso ipotesi, approssimazioni, metafore e astrazioni. Si tratta della parte più difficile da definire, se non alla luce di una percezione soggettiva, delle relazioni, del nascere e del trasformarsi dei sentimenti, di nostalgie insondabili per un passato lontano e incancellabile. E, ancora, si tratta della consapevolezza che sperimentare il limite, la parte plutonica e più profonda, il punto di rottura di una situazione, o di una relazione, spesso conduce a una metamorfosi e che la distanza, o la differenza, tra la perdita e la liberazione può essere molto piccola. E, visto il tema del libro, viene da pensare che la forma poetica, con la sua capacità di intensificare la definizione di una parola o di un’immagine e di imporre, a chi legge e a chi scrive, una parte di non detto sia più adatta di altre all’esplorazione.
Heure bleue
L’ora blu non suona, si apre davanti
e fa tutto scuro il cielo
non dice se fine o inizio, osserva
nei capelli troppo corti il germe dell’andare
le tende da scostare a bassa voce.
È stato a una rotonda, è stato in un anno dei vent’anni,
il drastico saluto, quell’invisibile perduto,
che continua, fa capolino
Venticinque
Nel pompelmo acre e rosa
c’era l’esatta inclinazione delle cose, una
sottrazione di sillabe a parole
custodite nella teca dei vent’anni
Dove abiti? l’ho chiesto per segnare il territorio,
per provare a contenerti dentro un luogo ma
l’incontro era già un volo, un palloncino
rubato alle mani. E mentre ti spiegavo
la nascita del faro, il mare richiamava il tuo segreto:
un occhio chiuso e l’altro cieco, la mia colpa
di stare nella luce
Tardi
È arrivata da dietro l’estate, sei passi
e poi un colpo alle spalle. Ci ha chiamati
con nomi più corti, non ci siamo girati:
eravamo già altri o l’una per l’altro
un tu
invertito da assolvere.
Chinare il capo è
la follia dei girasoli, ricorda
La scrittura di Estate corsara, in cui si trovano testi sia in versi sia in prosa, mostra una voce lirica filtrata attraverso un’attenzione verso l’oggettività. Corbetta costruisce i suoi versi con un uso ben controllato di espedienti formali come, tra gli altri, enjambement e rime interne, facendo in modo che lo stile, il metodo, non si sovrapponga all’andamento narrativo dei testi, al senso del discorso.
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