Letteratura

Elsa De Giorgi: il raggio di sole di Italo Calvino

15 Luglio 2023

Quando si conobbero sembravano già amanti, perché “giocarono” prima di volersi bene.
Recitare significa anche possedere il senso del gioco e dell’ironia, molto caro a Lei, Elsa De Giorgi, donna bellissima, attrice affermata, scrittrice raffinata e padrona di casa con stile rinascimentale, come Isabella d’Este, per tutti gli intellettuali, artisti della fine degli anni Cinquanta ed all’inizio di quelli del boom: Cecchi, Palazzeschi, Gadda, Pasolini, Moravia, Carlo Levi, Guttuso, Eduardo De Filippo, Anna Magnani, Fellini, Luchino Visconti, Cesare Pavese.
Lui, invece, Italo Calvino era un giovane che aveva un posto di redattore e correttore di bozze e manoscritti nella casa editrice Einaudi.
Prima di conoscere Elsa aveva sempre pensato che l’amore fosse un accessorio non essenziale nella vita di un poeta, un elemento esistenziale vissuto nell’ambito della nostalgia e del desiderio; ora, diceva, sapeva che solo l’amore colmava la vita senza toglierne anzi aumentandone la sete.
Le ha scritto numerosissime lettere che non hanno visto la luce; parte di esse si rinvengono nel libro scritto dalla De Giorgi “Ho visto partire il tuo treno”, dedicato alla loro storia d’amore.
“Il treno sobbalzando si porta via le mie parole d’amore che diventano come se le gridassi, come se dovessi scrivere più forte […]. Corrono sui binari ma lontano da te, unica parte di luce e di calore: è come scrivere al buio”.
“I miei pensieri hanno bisogno di un fuoco che li riscaldi, che li faccia scoppiettare”.
Da quando amava Elsa era portato a muoversi in un mondo e una morale più alti che contrastavano con tutte le abitudini, i gravami, i patteggiamenti della sua vita di prima. “È inestimabile quello che tu mi hai dato e continui a darmi. Cara, solo il mio amore è più grande della mia gratitudine”.
Si sono amati di un’intensità penetrante e pervicace.
Il loro viaggio d’amore e di silenzio avveniva sul mare a scrutare il fondo limpido, godere dei suoi spazi, delle meraviglie colorate, nuotando, misteriosi, come i pesci curiosi che guizzavano accanto.
Vivevano sino all’ultima stilla di entusiasmo l’amore immenso.

Calvino con Elsa De Giorgi conobbe il primo amore. “Imparo che la tensione massima dell’amore non è possedere una donna, ma conquistarla […]. La tensione di un uomo moderno non è nello sfuggire un amore difficile, ma una donna come te è il massimo premio per un intellettuale moderno, perché lo affranca dalla viltà”.

Il mio Infinito – le diceva – non è l’aureola mistica, ma è una perfetta finitezza di contorni che deve contrassegnare le immagini più alte dell’arte e della vita, è la piena concretezza nella vertiginosa esaltazione che deve caratterizzare il nostro amore”.

Quando si amarono ricorda Elsa “la notte fu lunga, smemorante. Lui aveva l’avidità di un assetato, ma anche il fervore di un innamorato che non voleva uscire dal sogno”.
Il sentimento dominante in cui si era adagiato nei suoi rapporti col mondo era l’odio per la limitatezza della gente mediocre, tema continuo della sua polemica e opposizione verso la società, nei suoi scritti e nella vita.
Ma sapessi quanto pesa su di me – scriveva ad Elsa – il logorio di vivere in un mondo limitato, in cui occorre continuamente diffidare, difendersi, corazzarsi dell’amaro senso di chi è pronto a prendere dalla vita il male come il bene, senza perdere la nozione della limitatezza d’ogni cosa.

Elsa fu decisiva a far comprendere la larghezza del mondo al timido Calvino, anche da un punto di vista politico.
Si allontanò dal partito comunista dopo i fatti di Ungheria nel 1956.
L’amore per Elsa rappresentava per Calvino aver trovato la soluzione ad un antico gorgo d’inquietudini, d’inappagamenti, d’aspirazioni sempre deluse.
Era felice che questa sua vita naturale di inseguimento, l’avesse portato a esprimersi nell’amore come in una creazione della fantasia. “Come può il tempo delle regine conciliarsi con quello d’un funzionario d’una industria, sia pur poeta?”,scrisse un giorno in cui tentava di delineare le mosse per realizzare la propria libertà nel disegno della sua vita.

Il nostro – diceva lui – è un amore grande come tutte le ragioni dell’intelletto e della vitalità che è in noi.” Calvino scriveva ed Elsa rappresentava il suo “Raggio di Sole” che si rifrange in una goccia di pioggia o in una lacrima trasformata in un segno multicolore di trionfo attraverso tutto il cielo.

Viveva periodi di una esaltazione intellettuale sconfinata: “ho la mia stabilità in te, in questo terremoto che mi travolge, sei la vela maestra che spinge la mia nave, l’unica vela gonfia di vento e corro, corro inclinato sulle onde […]. Tu sei la fantasia, cara, sei la bellezza, sei la fortuna […].”

Sono tanto innamorato di te che lo spasimo supremo di possederti è nulla per esprimerti quanto tenda il mio desidero […], come se la tua bellezza visibile e invisibile andasse più in là del muro del suono, del godimento umano”.

“Puoi leggere negli sbalzi forse indecifrabili di queste righe la velocità del treno, ma puoi leggervi anche l’ansia affannosa di continuare a sentirmi vicino a te, ora che il non averti mi fa apparire come dilaniato, sbranato, da chiedermi come non grondi di sangue”.

Si lasciarono anche per la paura del ritorno del marito di Elsa, Sandrino che scomparve dalla sua vita all’improvviso, anche se ebbe a dire, quando invitò Calvino a casa sua alla presenza di Elsa che entrambi già fossero amanti: prima di allora non si erano mai incontrati.
Calvino pianse amaramente in quell’albergo quando Elsa chiuse la porta della sua camera. L’aprì solo dopo che Calvino sotto la porta conficcava biglietti di implorazione e pietà.

Ma conobbe l’amore e scrisse per Elsa “Il Barone Rampante”,una fiaba struggente che porta il protagonista a vivere sugli alberi per sempre, lontano dalla vita comune: come Calvino che aveva toccato il cielo con Elsa De Giorgi, nome che anagrammato significa Raggio di Sole.
Lo scrisse nelle Fiabe che le dedicò: perché la loro fu la fiaba più bella del Novecento.

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