Letteratura
Effimeri: il nuovo romanzo di Andrew O’Hagan
Due amici, due epoche diverse della vita che si mescolano e intrecciano in un racconto privato e, allo stesso tempo, collettivo fra gli anni Ottanta e oggi.
James e Tully hanno poco meno di vent’anni, sono amici, legati dalla passione per la musica e dal desiderio di uscire dalle ristrette maglie di una vita che sembra apparecchiata per loro senza possibilità di deviazioni. Siamo a Glasgow, anno 1986, e i due ragazzi si interrogano sul loro domani, in un panorama provinciale fra fabbriche e vite familiari in cui tutto sembra doversi ripetere ciclicamente all’infinito. James e Tully però sono diversi: amano leggere, vogliono emanciparsi, ma soprattutto vivere a pieno un’esistenza che, a partire dalla musica che ascoltano, sembra giocarsi altrove. Decidono quindi di partire insieme ad altri amici per un weekend a Manchester, città attiva, in fermento, dove vivranno un’esperienza semplice, ma straordinaria, come solo alcuni viaggi di tarda adolescenza sanno essere. Con un salto temporale di trent’anni il lettore li ritrova adulti, alle prese con tutta la durezza di una malattia incurabile, quella di Tully, rispetto alla quale l’amicizia può essere il viatico per una fine dignitosa, il più possibile lontana dallo sgretolarsi in uno spegnersi lento. James deve decidere quindi se accompagnare l’amico verso una clinica dove morire secondo la sua volontà, facendosi carico del portato di dolore, dei ricordi ancora sospesi, che lascia una vita quando si spegne prima del tempo. Effimeri, i protagonisti e i loro mondi, i sogni di gioventù, effimere le vicende che ci legano al quotidiano.
Il titolo del libro, del tre volte finalista del Book Prize, Andrew O’Hagan, è una promessa: il romanzo lascia addosso al lettore la sensazione di una precaria possibile realizzazione, di una felicità fatta di istanti promessi, di ricordi a volte difficili da afferrare. Con una prosa forte, scattante, fatta di un perfetto equilibrio fra narrazione e dialoghi, sempre vivissimi, O’Hagan racconta intime vicende nelle quali ciascuno può riconoscere una parte di sé stesso e, contemporaneamente, affronta un tema delicato, quello del fine vita, senza facili moralismi, ma con la piena consapevolezza di tutte le sfumature che impone una scelta di questo tipo. Tutto questo si mescola con la ricostruzione dei pesanti anni Ottanta, le proteste dei lavoratori, i giovani in rivolta rispetto alla tradizione, fra Scozia e Inghilterra. Eppure Effimeri è un romanzo intriso di leggerezza, capace di aprire squarci di cruda verità nell’animo del lettore, senza lasciar spazio allo sconforto, ma sempre con una speranza di fondo, una forza data dalla vita che, nonostante tutto, si impone. La musica lega le storie, non viene mai meno. Presente e passato si giocano sulle corde di una traccia che, in fondo, mostra tutto il potere di un’amicizia che non conosce tempo.
Guardai in su verso la camera da letto di Tully e pensai alle cento notti passate a ridere nel bagliore dello stereo. Da lì fuori ero ancora in grado di riempire quella finestra buia con il colore delle estati passate, il giardino in fiore di luglio, il rumore dei tosaerba, mentre dentro quella cameretta due amici facevano i loro progetti per Manchester.
Mi guardai alle spalle e vidi una scia di passi e impronte di zampe. Ovunque in quel quartiere c’era la mia vecchia vita. Era facile dimenticare che si era vicini al porto e al mare e a un intero mondo naturale di. alghe e pivieri. Il bianco moderno del complesso era invecchiato molto male; sembrava ossidato e umido. Mi resi conto che stavo respirando con affanno l’aria fredda, quasi stordito.
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