Letteratura

Due buone notizie

28 Settembre 2021

Beh, ecco una quasi buona notizia, sembra che dimenticare i nomi delle persone sia un sintomo di decadenza intellettuale, ma non così grave“, dice lui, agitando il giornale che sta leggendo.
Lei alza gli occhi dal cellulare e lo guarda, interrogativa: “Come hai detto, scusa?”
“Senti cosa scrivono qui: Se vi ricordate la faccia di Brad Pitt, avete presente chi è, ma non vi viene in mente il suo nome, non vi preoccupate: prima o poi, collegando tra loro nel cervello le informazioni disponibili, il nome verrà fuori.”
“Fantastico”, dice lei, ironica.
Rifletto sulla conversazione appena “intercettata” (i due stanno bevendo il caffè seduti a mezzo metro dal mio tavolino).
Penso che condivido il sollievo di quel signore, ad occhio non molto più anziano di me.
La mia memoria un tempo era un fulmine, soprattutto per il cinema. La sola menzione del titolo di un film, faceva affiorare alla mia mente il nome del regista, dello sceneggiatore, degli attori principali e in qualche caso anche la data. Adesso un po’ annaspo.
D’altronde non è vero che, passati i 40 anni, i neuroni hanno il brutto vizio di abbandonarci a centinaia ogni giorno senza ricambio?
Prendo, comunque, atto con piacere che dimenticare i nomi non è grave.
A me, a dir la verità, lo sembrava.
Mi aggrappo a questa notizia consolatoria, come, quando, da ragazzo, preoccupato per un malessere fisico, lo descrivevo a mio padre, medico, ricevendone quasi sempre sdrammatizzanti risposte da non medico ( “Papà, quando alzo questo braccio, sento una fitta”, “E tu non alzarlo”).
“E sai qual è la seconda buona notizia?“, insiste lui.
Lei sbuffa: “Come faccio a saperlo?”
“La seconda buona notizia è che Facebook fa bene”, dice lui, riprendendo in mano il giornale e leggendo ad alta voce,  “perchè contiene molte applicazioni su cui esercitarsi e con cui giocare ed è un validissimo esercizio delle facoltà mnemoniche. Insomma, ci costringe a viaggiare con il cervello!”
“E della lettura di libri e di giornali non dice nulla?”, lo incalza lei
“No. però dice, invece, che Youtube e la tv non vanno bene come Facebook: non interagiamo abbastanza. La ricerca di cui parla questo articolo dice addirittura che favoriscono un deficit di attenzione.”
Vado a pagare il caffè.
Non del tutto rassicurato: penso all’uso di Facebook che facevo qualche anno fa, ridottosi di molto nel tempo, a vantaggio di altre attività, come la ricerca di notizie su internet o le maratone dedicate alle serie televisive più stimolanti.
La sera parlo del tema con mio figlio.
“Non ti preoccupare”, dice lui, “mi sembri ancora abbastanza lucido”.
Abbastanza?

 

 

 

 

 

 

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