Letteratura
Drammaturgia simmetrica tra le Ande
Di alcuni autori si attende l’attesa, con trepidazione il ritorno e si gioisce quando questo avviene. È il caso di Daniel Alarcón, che torna ad essere pubblicato in Italia dopo circa 5 anni dal primo romanzo “Radio città perduta” che, assieme ai racconti raccolti da Terre di Mezzo in “Guerra a lume di candela”, era sinora l’unico suo libro disponibile. Oltre alle storie di Radio Ambulante, un bel progetto ideato e gestito da Alarcón, fatto di episodi e cronache latinoamericane provenienti da diversi autori di lingua spagnola.
In “Di notte camminiamo in tondo” Alarcón – peruviano che vive a San Francisco – torna a parlare, senza dircelo, del suo paese d’origine, senza mai citare alcuna città né luogo preciso, limitandosi a descrivere la grande capitale, identificabile e allo stesso tempo irriconoscibile a seguito della guerra e della dittatura; gli spopolati paesaggi andini e la desolata città di T, fuori dal tempo, uguale a se stessa.
Soprattutto ci racconta una storia circolare, quella di Nelson e dei suoi sogni di bambino e adolescente, del suo amore per il teatro e per suo padre, dell’idea indefinita e mai realizzata di andare via negli Stati Uniti, del suo amore per una donna che non è in grado di amare.
Daniel Alarcon “Di notte camminiamo in tondo” – ed. Einaudi
L’intimità e il pensiero di Nelson, su un ambiente che cambia ad ogni capitolo e che sembra quasi di sentire in sottofondo con le sue macchine e i suoi silenzi, ci portano in viaggio dalla capitale alle montagne per assecondare il sogno del ragazzo che riesce ad unirsi alla vecchia compagnia teatrale Diciembre di Henry Nuñez e dell’amico Patalarga. Nuñez era stato un drammaturgo controcorrente, aveva portato in scena la pièce “Il presidente idiota”, era stato in carcere a causa della propria ideologia politica, dove aveva incontrato una specie di amore, e aveva finito per guidare un taxi. I tre si riuniscono per tentare di ridare vita alla rappresentazione di tanti anni prima, portandola tra i piccoli paesi andini che usano come teatri a cielo aperto, recitando nei bar e nelle terrazze improvvisate, alla presenza di pochi o nessuno spettatore.
Chiusi in se stessi, isolati, diffidenti, soli con i propri ricordi, i tre attori convivono, cambiano gli abiti di scena, si truccano e recitano nonostante tutto, fino al punto in cui il vecchio drammaturgo che pensava di non essere mai stato giovane e il ragazzo dallo zaino pesante di racconti e di copioni arrivano a sovrapporre il passato di uno con il presente dell’altro, a confondere la libertà con la sopravvivenza, la memoria con la vita reale. Nelson si troverà ad indossare una vita che non è la sua, a recitare la parte di un uomo che non c’è più, in una casa lungo un fiume che non gli è mai appartenuto. Henry lo lascerà fare, da solo a impersonificare quel personaggio che non potrà incontrare più e che tramite Nelson riesce a rivivere e ad ingannare ancora qualcuno, senza volerlo e per questo riuscendoci.
“Di notte camminiamo in tondo” di Daniel Alarcón (trad. Ada Arduini), Giulio Einaudi Editore, 312 pagine.
La foto di copertina è di Paul Chinn
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