Letteratura

Dopo il Prometeo di Luigi Nono

6 Marzo 2019

DOPO IL PROMETEO

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Sestina per Luigi Nono.

 

Inabissàti: lunga eco del canto

più che memoria gl’inconclusi spazi

ai sopraggiunti silenzi dal tempo

disconnette, ma sillaba l’istante,

innominato, ne disserra un suono,

e dall’atto germoglia la parola.

 

Ma nell’atto non è solo parola

la lung’attesa che dischiude al canto

tra le sillabe il fremito del suono,

né interminati vibrano gli spazi

allo schiocco dell’ora in cui l’istante

schiude, senza ritorno, un altro tempo

 

da quello che memoria dice tempo;

l’atto del dire non chiude parola

che nel breve finire dell’istante,

ma si dischiude da quel punto il canto

e dentro si racchiudono gli spazi

dov’è tempo lo scorrere del suono.

 

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Oltre non hai né tempo più né suono:

ma l’informe durare senza tempo,

nuda carta, vertigine di spazi,

che invano aspetta un solco di parola,

perché a un tremito d’onda esploda il canto,

e nasca nell’esplodere l’istante.

 

Ma esplosa, dentro il canto, in quell’istante,

soltanto la parola, un puro suono,

nella memoria, si disegna canto:

oltrepassato, e smemorato, il tempo,

una traccia condensa la parola

e disegna tra fossili gli spazi.

 

Deserti dopo l’estasi gli spazi,

culmine invalicato dell’istante

l’atto che disinnesca la parola,

ultimo tempo in cui si spezza il suono,

onde rifratte di memoria il tempo,

qui s’addensa e per noi germina il canto:

 

ultimo canto di deserti spazi,

qui perde il tempo il proprio ultimo istante,

si fa parola ed abbandona il suono.

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Venezia, 12-20 giugno 1993.

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