Letteratura
Donna, poesia che allontana la notte
25 NOVEMBRE: GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLA DONNA.
NESSUNO PUÒ VIVERE CON UN’IDEA SPEZZATA DI SÉ.
La possessione, l’avvolgere, l’avviluppare in un’idea di appartenenza esclusiva la donna come una cosa propria, come un oggetto mio (e di nessun altro), degradarla a una res: così può descriversi la violenza dell’uomo, che si sente padrone, dominatore assoluto.
Si sprigiona un’ira incontrollata, una tracotanza che appare mestamente da parte di chi se ne fa portatore come dovuta, come apparentemente giustificata.
La maggior parte delle vittime non ce la fa a denunciare per paura, per le possibili ripercussioni, per vergogna, perché non sa dove andare e come sostenersi, per non ammettere il fallimento del proprio matrimonio, per preservare i figli che, invece, non solo sanno ma vedono sempre tutto.
Dietro le persiane chiuse delle case, si nasconde una sofferenza silenziosa e di questi lati oscuri, anche con declinazioni che sanno di barbarie indicibili, di bestialità inusitate, nessuno parla, nessuno indaga.
“Se mi lasci ti uccido”. L’amore diventa tossico, produce una crisi di astinenza irreversibile, spinge il maschio (non più uomo, perché ormai sa di bestialità) a fare qualunque cosa, pur di non perdere la sua (solo sua) donna.
L’uomo uccide la donna dopo una lunga fase di minacce, percosse e umiliazioni che la donna subisce. È una evenienza che si realizza quando il maschio perde il dominio assoluto verso la sua compagna di vita, un dominio che prevede sempre la sottomissione e la sopraffazione totale di lei.
Se l’amore virile viene vissuto come diritto alla proprietà del corpo e della libertà della donna amata, nel momento in cui lei dimostrerà una volontà autonoma, il concetto di virilità dell’uomo andrà in frantumi, trasformandolo in un aggressore e a volte anche in un assassino: nessuno può vivere con un’idea spezzata di sé, ha scritto Dacia Maraini.
Questo è il femminicidio, angusto neologismo per spiegare, in antitesi e contrapposizione all’omicidio, l’aggressione al corpo della donna, alla sua libertà, alla sua autonomia, alla sua dignità, al suo essere simile al maschio e anche superiore, se si considera che le donne hanno il dono della maternità.
Il maschio non lo capisce: usa la forza, la protervia, il ricatto economico, la paura della vergogna; e aggredisce, annichilisce, vitupera la donna per infrangere il suo urlo, per impedire la sua giusta liberazione, per sopprimerla, anche sfregiandone il corpo, il volto, qualora si neghi, non si dia.
Ma la donna è poesia, è la conclusione del processo della bellezza, la sua incarnazione, il suggello per l’anima cortese; la perfezione del creato e il maschio questo lo sa e ne è anche invidioso, quando non comprende questa fondamentale legge dell’universo.
Bisogna averne un rispetto profondo, considerarle migliori, innocenti, più vicine al senso religioso della vita; non hanno mai colpe perché sono bellissime: sempre.
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