Letteratura
Dimenticare Parigi
“Verrà a trovarti il tigre!”, mi disse il responsabile del Mercato, affacciandosi nella mia stanza.
“Il tigre? “, risposi, alzando la testa dal documento che stavo leggendo, “E chi cavolo è il tigre?”
“É il responsabile delle vendite della quinta zona, Andrea Berti.”
“Si può sapere perché lo chiamate il tigre?”
“É un soprannome che si perde nella notte dei tempi. Già quando arrivò in azienda dal corso laureati, lo chiamavano così..”
“É uno che graffia?”
“Lo saprai presto, ho sentito dire che vuole parlare con te!”
“Di cosa?”
“I colleghi gli hanno detto che stiamo pensando a lui per spedirlo a Parigi a fare il responsabile vendite della nostra consociata.”
“Ma non è vero! A tutti abbiamo pensato tranne che a lui! Non sapevo che lo chiamaste il tigre, ma che avesse dei limiti nella gestione dei rapporti interpersonali risultava anche a me. E lì, a Parigi, non possiamo permetterci di mandare la persona sbagliata! Come ha fatto Berti a convincersi che pensiamo a lui?”
“Cosa vuoi che ti dica? O i suoi colleghi sono male informati oppure hanno tempo da perdere e gli hanno fatto uno scherzo. Adesso che gli dirai?”
“Fattelo raccontare da lui quando torna…se ci tieni tanto.”
Pochi minuti dopo, uscendo dalla mia stanza per un caffè incontrai il “tigre” nel corridoio che portava agli ascensori (ormai mi era impossibile pensare a lui senza associarlo al suo soprannome).
“Venivo giusto da lei, dottore! Volevo chiederle un appuntamento.”
“Ah sì! Stavo andando a prendere un caffè, ma ci andrò dopo. Venga subito, se non ha altri impegni immediati.”
“Com’è gentile! Non pensavo che mi ricevesse subito…”
“Cerco di farlo sempre quando mi è possibile.”
Nel frattempo eravamo tornati nella mia stanza e lui si era seduto sulla poltroncina davanti alla mia scrivania.
“Qual è il problema? “, chiesi.
“Vede, non so come dirglielo, ma ho saputo che state pensando a come sostituire il responsabile Mercato della nostra consociata in Francia…”
“Vero. Come lei saprà, Bianchi ha chiesto di tornare in Italia e stiamo riflettendo su chi potrebbe andare al suo posto, a Parigi.”
“Ecco, forse sono inopportuno, ma sono venuto a dirle che se pensate a me, io non mi tirerei indietro”
“Ah, è un’autocandidatura?”
“Non la metterei in questi termini. Ho solo pensato che per un incarico del genere occorre una persona motivata.”
“E quindi?”
“Quindi mi sembrava giusto farle sapere che nel mio caso la motivazione sarebbe altissima!”
“Non è soddisfatto del ruolo che ricopre attualmente?”
“Lo sarei di più se vedessi meglio riconosciuti i miei sforzi.”
“Non le sembra che sia così?”
“No, per dirle la verità. Sono ormai tre le persone assunte dopo di me che sono diventate dirigenti. La prima volta puoi pensare che si tratta di uno molto bravo, la seconda pure, la terza ti viene il dubbio di essere tu quello che non va bene.”
“Un dubbio che però lei non coltiva…mi sembra di capire.”
“Cosa intende?”
“Intendo dire che lei pensa di meritarsela da un pezzo la dirigenza, non è così?”
“Dottore, non vorrei passare per presuntuoso, ma è così, è proprio quello che penso. Anche per questo, oltre che per la faccenda della Francia , sono venuto da lei: per capire cosa mi manca secondo voi.”
“Facciamo il contrario, invece. Mi dica lei in cosa pensa di eccellere.”
“Nei risultati, tanto per cominciare. La mia zona è quella che realizza il fatturato più alto. E non c’è anno in cui non abbia raggiunto i miei obiettivi nella misura massima prevista.”
“Questo è vero, glielo riconoscono tutti.”
“E allora ? Perché quando si tratta di nominare un dirigente io non vengo mai scelto?”
“Ha mai sentito parlare di squadra?”
“Certo. Perché me lo chiede con quel tono? Qualcuno dei miei capi si è lamentato di me?”
“Praticamente tutti. E lo sa anche lei, visto che ogni sei mesi siamo costretti a fare uscire un venditore dalla sua Area di vendita e mettercene un altro.”
“Cosa dovrei fare? Tenermi i lavativi? Assecondarli?”
“Un paio dei venditori che lei ha fatto fuori, glielo riconosco, erano inadatti al ruolo. Tanto è vero che li abbiamo ricollocati in altri mestieri. Ma tutti gli altri erano molto bravi e, assegnati ad aree di vendita diverse dalla sua, hanno reso moltissimo.”
“E quindi se non rendevano quando stavano con me é colpa mia?”
“Diciamo che è un’ipotesi che molti di noi prendono in considerazione.”
“Lo sa una cosa, dottore? Lei è il primo che mi fa notare una cosa del genere. Il mio capo mi dice sempre che l’importante è il fatturato, costi quel che costi. Io mi sono adeguato.”
“Forse troppo. In azienda è vero che il fatturato conta, ma contano anche altre cose. Una di queste è, che se uno è veramente bravo, fa il fuoco con la legna che ha, senza chiederne continuamente di nuova.”
“Grazie del chiarimento. Adesso vado dal mio capo a chiedergli perché non me l’ha mai detto…”
Mi alzai per stringergli la mano , dicendogli: “Non lo graffi troppo però..”
Lui mi guardò con aria scontrosa e fece: “Prego?”
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