Letteratura
Dieci prugne ai fascisti: storia di una ragazza bosniaca e della sua famiglia
“La cosa più affascinante di Sarajevo è appunto questa testarda urbanità che sopravvive agli inverni, ai cannoni, alle restrizioni alimentari, all’assenza di luce, acqua e gas. Non capisco davvero perché le grandi televisioni mondiali siano andate laggiù a cercare immagini di morte. Non hanno capito nulla. In guerra, la vera immagine di Sarajevo era la vita. Il suo centellinare ogni residuo comfort, il suo attaccamento testardo ai riti di un’antica vita borghese”. Sono parole di Paolo Rumiz su Sarajevo e la guerra che negli anni Novanta ha insanguinato i Balcani. All’epoca io ero una bambina e leggevo il diario di Zlata Filipović (Il diario di Zlata, appunto), dove questa ragazzina vicina e lontanissima raccontava la sua infanzia violata, la privazione di una spensieratezza che nessun al mondo dovrebbe vivere. Il diario è ancora in circolazione (giuro di averlo visto in una libreria) e mi è tornato in mente leggendo un altro libro, pubblicato qualche mese fa da Elliot edizioni, e che nel conflitto balcanico imprime le sue ragioni profonde. Il romanzo in questione è Dieci prugne ai fascisti di Elvira Mujcic, interprete, che vive e lavora in Italia, ormai da tempo.
E in Italia, infatti, si dipana la vicenda narrata da Elvira: Lania, la protagonista del libro, ha lasciato la Bosnia con la sua famiglia negli anni Novanta. Una famiglia pittoresca, sradicata, ma profondamente legata alle tradizioni della propria terra. Con i familiari, Lania vive un rapporto incostante, con picchi di nostalgia o incontenibili insofferenze (“Dover trascorrere l’estate in famiglia, ecco cosa vuol dire non avere programmi nella vita. È l’immagine sbiadita di una sedicenne disagiata in vacanza la mamma, solo che avevo più del doppio di quegli anni. Un mese in mezzo alle persone, che, volente o nolente, ami. Gli unici esseri umani che pensi giochino nella tua squadra, al tuo fianco sempre”). Attraverso la voce della narratrice, Elvira Mujcic rievoca i sentimenti di un popolo e traccia le manie di una famiglia, anche con ironia. Discussioni, scherzi, ricordi sono elementi di sostegno all’evento chiave: Lania, insieme a sua madre e i suoi fratelli, si scontra con la morte della nonna, custode del passato e della memoria, non solo familiare. C’è da fare i conti col dolore e pure con le ultime volontà della cara defunta che voleva farsi seppellire nella sua terra d’origine. Partono gli adempimenti burocratici e una corsa contro il tempo per non tradire le aspettative della parente. Il commiato dalla nonna è per Lania anche ricordare e riconciliarsi con se stessa. Un libro interessante, senz’altro. Intanto, su Gli Stati Generali, per restare in tema, trovate Cronaca di un buco nero, il reportage da Sarajevo, a cura di Marco Ragonese.
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