Letteratura

Della crudeltà in politica

1 Giugno 2017

Probabilmente la politica non è un luogo per damerini. Io che tale non sono ma che aspiro ad esserlo (non amo le cattiverie in sé e per sé, diciamo) guardo perciò al carnaio della politica con animo dibattuto. Da un lato non posso che assentire col realismo e anche col cinismo del politico. Se vuole esserlo fino in fondo il politico deve ambire al potere. Non ci sono infingimenti o gradevolezze che tengano. A Napoli dicono che l’omme deve “ommiare” e così il politico deve politicare. E la presa del potere è il suo fine, costi quel che costi. Cavour ricorse a tutti i mezzi per raggiungere i suoi scopi: dalle guerre strumentali, alla corruzione (degli ufficiali borbonici), dal burattinaggio cinico del rivoluzionario biondo Garibaldi, alle “grazie” della contessa Castiglione.
Il politico deve afferrare “il mantello fuggitivo della storia” diceva Bismarck, coniugare valori, interessi, pungere carne e far scorrere sangue per raggiungere il suo fine: la storia si incaricherà di giudicare e di stabilire i plus e i minus.

Ciò detto, sbigottisce il grado di ferocia a cui assistiamo. Anche nella terra dei Vitellozzi, dei Castruccio Castracani e di Machiavelli (“Bisogna, adunque, essere golpe a conoscere e’ lacci, e lione a sbigottire e’ lupi”) sentire Renzi irridere Alfano, anzi “strozzarlo” in diretta: sei stato ministro varie volte e non sei in grado di raggiungere il 5%…,  fa una certa impressione. Intendiamoci: è la verità, ma nasconde il fatto che il nostro Calandrino si è servito cinicamente di questo Ministro-senza-quid, la cui ascesa,  sia detto per inciso, è dovuta al “genio” incomprensibile di Berlusconi che per le sue aziende non avrebbe mai tirato dal mazzo gente come lui o Bondi o Toti.

Avrebbe dovuto il nostro Calandrino usare quella che Torquato Accetto chiamava la “dissimulazione onesta”? Non credo che essa sia nelle corde di questo fiorentino cattivo (come egli stesso si è definito) e che proprio di esprit florentin si sostanzia.

La sera in tivù, sdraiati nei nostri penosi triclini, assistiamo ad atti di ferocia pura, a sgozzamenti gladiatori, a sbudellamenti coram populo.
E’ stato sempre così? Nella storia repubblicana e anche in quella precedente, credo proprio di sì. I democristiani si accoltellavano nelle ridotte dei conventi delle Dorotee, e i giovani comunisti facevano fuori il povero “Capannelle”, il segretario latinista malato di cuore, nel volgere di una notte.
Assisto perciò agli “atti” politici italiani con lo stesso animo dello Stendhal delle “Cronache italiane”, che si beava della nostra sanguinaria storia rinascimentale, e che in quella piccola House of Cards di Parma sapeva tessere le più raffinate trame – tra “pugnali e veleni” italici – della deliziosa Sanseverina in combine col machiavellico Conte Mosca.
L’ho sempre detto: a me mi ha rovinato la letteratura.

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