Letteratura

Dante Alighieri, la star del 2021

1 Febbraio 2021

Su Dante è stato scritto tanto, avendo la sua figura affascinato studiosi e appassionati di tutto il mondo. E di lui si continuerà a scrivere e, forse, non sarà mai abbastanza. La sua opera e la sua vita si prestano a un racconto pieno di dati, annotazioni, eventi, ma anche di aneddoti e colpi di scena. Il Sommo Poeta è un personaggio molto interessante e stimolante, dalla personalità molteplice, giammai doppia, o equivoca. Il suo aspetto fisico ci è noto soprattutto grazie alla descrizione che Boccaccio fa nel suo “Trattatello in laude di Dante”, a cui corrispondono quasi tutti i suoi ritratti, dall’opera di Andrea del Castagno a quelle di Sandro Botticelli, Domenico di Michelino, Raffaello Sanzio e tanti altri. Il Poeta è così descritto: “Il suo volto fu lungo, e ‘l naso aquilino; e gli occhi anzi grossi che piccoli; le mascelle grandi; e dal labbro di sotto era quello di sopra avanzato; e il colore era bruno; e i capelli e la barba spessi, neri e crespi: sempre in faccia malinconico e pensoso “.

E, l’immagine che si presenta immediatamente alla mente quando pensiamo a Dante è certamente quella di Sandro Botticelli. Il ritratto venne realizzato nel 1495 e raffigura il Sommo di profilo, con un’espressione compunta e severa, a dimostrare una fierezza intellettuale imperturbabile, avvolto in un abito rosso carminio come il copricapo che gli ricade sulle spalle; solo la banda bianca della cuffia e il colletto interno spezzano l’estesa macchia rossa, sulla quale viene messa in risalto la corona di alloro, a raffigurare la gloria dei poeti. Il carattere dell’Alighieri, invece, si può facilmente supporre dalle vicissitudini della sua esistenza: la sicurezza in se stesso, l’idea di coerenza insita nel suo credo e la convinzione di essere l’interprete di un retto modello politico gli faranno assumere posizioni decise e mai accomodanti. Tant’è che si vide costretto a rifiutare l’offerta che gli avrebbe consentito di tornare a Firenze dopo il pagamento di una cifra simbolica e l’ammissione pubblica della propria colpa, preferendo di gran lunga l’esilio.

Viene considerato il padre della lingua italiana, non fosse altro per i numerosi neologismi da lui creati. Trattando un argomento tanto complesso e delicato come, appunto, la narrazione di un viaggio attraverso l’aldilà che termina con l’arrivo nel Paradiso, Dante si servì di termini nuovi che utilizzò come mezzi appropriati per descrivere la sua esperienza ultraterrena. Personalmente, sin da ragazzo e ben al di là delle lezioni pedanti della scuola liceale, del suo grande talento di intellettuale e scrittore mi ha sempre colpito la capacità creativa di far derivare nuovi verbi da nomi e aggettivi, pronomi e avverbi. Tra i suoi neologismi il mio preferito resta “quisquilia”, e vorrei tanto esistesse il verbo “quisquiliare” e l’aggettivo “quisquiliante”. Confido nell’accademia della Crusca, che perde tempo con “petaloso” ed “esco il cane”! Ma, il più spettacolare sarà senza ombra di dubbio “trasumanare”: diversamente, come avrebbe potuto, il poeta, esprimere con un sola parola il passaggio a una realtà superiore, che travalica l’esperienza terrena, per comunicare l’incantesimo che ha pervaso il suo animo a contatto con il divino?

Sono tante le iniziative che si susseguiranno intorno alla figura del padre della nostra lingua, in questo 2021. Mi piace segnalarne una che sembra avere in sé tutte le peculiarità per suscitare una curiosità culturale di notevole pregio. Si tratta di un prodotto editoriale, curato da “Tempesta Editore” e scritto da un dantista tra i più originali e insoliti, come Federico Sanguineti, ordinario di Filologia italiana all’Università di Salerno. “Le parolacce di Dante Alighieri” è il titolo dell’opera, che contiene la prefazione di Moni Ovadia, e si presenta come una esposizione didattica dell’opera dantesca, alternativa a quella tradizionalmente scolastica. Credo, non appena avrò passato questo libro in lettura, di scriverne note critiche. Mi dico certo che il prof. Sanguineti, anche a dispetto del titolo della sua fatica, abbia voluto condividere i propri studi e le proprie ricerche, facendo riemergere dal sonno profondo forme di ritrovata bellezza. E ricordiamoci che, oggi, ancor più di ieri, ad avanzare nei vari settori della società civile non è il fine pensatore, ma chi “avea del cul fatto trombetta” (Canto XXI, 139).

 

 

 

 

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