Letteratura
Dacci oggi il nostro alterco quotidiano
– Io, fermo al semaforo, lato porto.
– Lui sta facendo, lì, proprio lì, una inversione a U per tornare velocemente verso di esso, sennò fare tutto il giro troppa fatica. Ha anche lui una Mitsubishi, grande almeno tre volte la mia, che fra l’altro, in confronto, sembra la sorella sfortunata, visto che in questo momento versa nelle seguenti condizioni: è del 2002, sporca, un po’ confusa dentro e con evidenti segni di battaglia, specie sul lato destro della parte frontale.
– Io guardo tutto con occhio torvo.
– Lui sbraita dall’interno, e si fa ancora più avanti, con quel muso da carro armato che la sua macchina si ritrova. Perché qui le macchine piacciono tutte più o meno così, grandi, più grandi che si può e garose, molto garose, preferibilmente.
– Io accetto la sfida e vado un altro pochino avanti a prendere lo spazio che voleva prendere lui. Qualche centimetro, quelli decisivi.
– Lui si incazza, sbraita, diventa rosso. Ha tutti i riccioli lunghi che gli scendono sugli occhi e così, rosso nelle vene della fronte, sembra un polpo. Muove le braccia davanti a sé, in maniera simmetrica, come se stesse facendo atterrare un aereo. Nella foga deve aver detto anche vari improperi che io, con estrema raffinatezza, non ho colto.
– Io lo guardo attraverso gli occhiali da sole, lo fisso, quasi a sfidarne tutta quella prepotenza.
– Lui ringrazia, ma che cazzo ringrazi?!? Comincia a dare evidenti segni di esaurimento, continua a ringraziare. Grazie. Grazie. Grazie!
– Io non smetto di fissarlo, il messaggio è chiaro. Orgoglioso continuo a guardarlo, mentre lui sommessamente ringrazia ancora, dopo essersi sgonfiato dentro quell’abitacolo che fino a pochi secondo prima sembrava esplodere da un momento all’altro.
– Scatta il semaforo, io procedo in avanti.
– Lui sfila dietro, va verso il mercato, il polpo.
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