Letteratura
Contusi
Porto la mia cagnetta dalla veterinaria.
Cercando di salire sul mio letto è ricaduta giù in malo modo, infortunandosi.
Noto che tiene sollevata da terra quasi costantemente la zampa posteriore destra.
La veterinaria fa la radiografia della zampa. Mi dice che è tutto a posto, c’è solo una grossa contusione. Mi prescrive delle pastiglie da darle ogni dodici ore.
In farmacia, già che ci sono, chiedo anche una pomata per la mia mano destra.
L’ho sbattuta contro un cassetto e si è gonfiata.
Un tizio che sta in coda dietro di me mi dice: “Provi a chiudere il pugno”.
Lo faccio.
“Non c’è frattura”, sentenzia,”se riesce a chiudere il pugno vuol dire che c’è solo una contusione.”
Vado a casa, metto la pomata sulla mano.
Durante la notte la mano si gonfia come un melone. E mi fa anche molto male.
Al mattino non riesco più a chiudere il pugno.
Decido di andare al pronto soccorso.
Faccio anch’io la mia bella radiografia (è molto bella anche la dottoressa che me la fa, per tutto il tempo parla con un suo collega di un concerto, al quale vorrebbe che lui l’accompagnasse).
Porto la radiografia all’ortopedico. Lui la guarda e mi dice che c’è solo una contusione.
“Può prendere delle aspirine o della tachipirina” mi dice.
“Cos’è meglio?”, chiedo.
“L’aspirina. Dicono anche che faccia bene al cuore e prevenga i tumori”
Vado a casa.
Mi chiama mia figlia Giulia e mi chiede come va.
“Siamo un po’ contusi“, rispondo, riferendomi a me stesso e alla cagnetta, che stamattina mi sembra appoggi meglio la zampa infortunata.
Poi aggiungo: “Ma intendiamo vivere e lottare insieme a voi molto a lungo”.
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