Letteratura

“Con molta cura” di Cesari, il libro dell’anno nato su Facebook

23 Dicembre 2017

Per  mesi, migliaia di persone alla mattina o alla sera o anche mentre lavoravano si sono rannicchiate in un piccola piazza su Facebook. Strette fino a sentire l’una il respiro dell’altra, tutte attorno a un uomo con in mano un’anfora che spargeva parole e unguenti profumati di meraviglia sulle loro dita.

“Io sono nient’altro che la cura che faccio. E non sono solo nel farla. La cura presuppone l’esercizio dell’amore. Non c’è altra vita che questa, questa vita meravigliosa che permette altra vita. In una ghirlanda magica, un rimandarsi continuo”.

Severino Cesari è stato assieme a Paolo Repetti il papà della fortunata collana ‘pop’ di Einaudi ‘Stile Libero’ e uno dei più importanti editor italiani degli ultimi decenni. Un monaco della letteratura  votato a far fiorire germogli di carta finché ha deciso di aprire un profilo sul social più chiassoso. E’ accaduto nel 2014 negli anni successivi a un trapianto di rene e alla lotta contro un cancro “subdolo e geniale” e poco prima di essere travolto da un secondo tumore e da varie ischemie.

“Emanuela (la moglie, ndr) mi disse: ‘Tu hai bisogno di aprirti, non di chiuderti, Facebook può essere l’occasione. (….) La guardai con commiserazione, come chi è abituata a vedere il lato più semplice delle cose. Il giorno dopo, cautamente, ero al computer, a scrivere”.

“Con molta cura” mette in fila sulla carta i post più luminosi apparsi sul profilo.  A chi leggerà il libro dopo essere passato da lì tutti i giorni mancheranno il palpitare attraverso un tifo dolce e scatenato per il lieto fine perché Severino è morto il 25 ottobre e i commenti di scrittori e intellettuali  che a loro volta lasciavano scie preziose di letteratura (tutti comunque ancora visibili su Fb).

Eppure del libro non si poteva fare  a meno perché incide senza le distrazioni di like e faccine il mondo della Cura coi suoi sacerdoti surreali: il farmacista Sebastiano,  i medici di Quantico, l’ospedale dove viene curato e troneggia il pino Achille (“io tremebondo e gelatinoso, lui immobile”), le scaglie della luna dell’Esquilino, il rene trapiantato Emilio, i Pulitori Selvaggi delle Strade nelle notti senza pace. In loro, nell’adorazione delle parole come salvezza (in questo libro trovate spunti  per leggerne altri mille) e nell’osservazione ‘religiosa’ delle cose minute  il coltissimo Severino trova le “fonti inaspettate della gioia”, dall’infermiera Miss Universo che cerca le vene distrutte dagli aghi al cappuccino di riso  del Micky Bar alle mazzancolle al mercato del pesce.

“L’esercizio quotidiano dell’amore, questo infine auguro a tutti. Non c’è altro, credete. Se non avete sottomano l’opportunità di una cura da fare – scherzo, ma fino a un certo punto! – potete però sempre prendervi cura. Prendervi cura di voi stessi, e di quelli cui volete bene. E magari anche degli altri. Non c’è davvero altro, credete. Questo è davvero importante, penso allora: non è vita minore questa mia che adesso mi è data, è vita e capacità e voglia di sorridere alla vita”. 

Manuela D’Alessandro

 

 

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