Lavoro

Come abbiamo smesso di imparare. Il bordo vasca

11 Aprile 2021

Di ciò di cui non si può parlare, e non si può agire, né raccontare, bisogna fare letteratura.

Sognandosi gran poeta fra i fumi della sauna, così pensava AMM.

Il tepore dei vapori, il profumo al muschio degli olii essenziali, il biancore della resina marmorizzata lo facevano sentire protetto, prezioso, sicuro. Girandosi in acqua, pensare al mutuo che avrebbe acceso per avere una vasca come quella lo aveva distolto dalla beata resurrezione del bagno caldo.

Non vedeva l’ora di passare tutto orgoglioso in presidenza, oltre la barra delle circolari, e dire, ho vinto il concorso. Compro una vasca da bagno. Sognava la gloria. La selezione. Il sangue. Il mutuo. E mentre pensava così, alzandosi, scivolava fra vapore e oli essenziali spezzando con il naso la mensola pesante cinque chili, inchiodata da sole due viti Fi otto per cinque centimetri, in Corian impastato con marmo di Carrara, mensola che tanto aveva apprezzato, per il paradosso della leggerezza, sentendosi un piccolo imperatore al tempo della peste.

Il sangue c’era, gli usciva dal naso e non sapeva che fare. Il dolore lo rendeva disposto a un sincero discernimento. Ogni vanità letteraria cedeva il posto alla paura vera, quella di svenire e non sapere uscire dal bagno in cui si era anche chiuso a chiave, pure essendo completamente solo.

Il sangue è in letteratura un tema difficile, perché nella vita lo è ancora di più. Del sangue hanno parlato in pochi, scritto ancora in meno, mostrato poco solo in occasioni sacre, prima dei film splatter degli anni novanta e della Pulp Fiction, che AMM  aveva tanto amato. Il primo a portare sangue in scena era stato Seneca, cresciuto fra corride e guerrieri sanguinari, ci era abituato. Del resto non doveva fargli paura dato il modo in cui finì. Ma AMM non era Lucio Anneo Seneca, non aveva idea che si potesse sospendere la propria vita al filo della ragione, per reciderla se non fosse più possibile continuare. Non aveva vocazioni al martirio. L’eutanasia gli sembrava una bella storia per fare il duro in società. Era consapevole di essere tenuto in vita più perché da morto valeva ancora meno che da vivo, che per altri meriti. Era terrorizzato dall’idea che qualcuno, liberalizzando il mercato dei tessuti biologici umani, potesse invertire la proporzione di valore monetario al momento favorevole alla sua sopravvivenza. Era nato alla fine degli anni settanta dell’inflazione dorata e debitoria, aveva passato l’infanzia negli ottanta cupi e sfarzosi, era cresciuto nei novanta grunge e senza muri, per trovarsi obsoleto alla fine dei dieci dell’austerità al silicio. Una congiuntura anticiclica, potremmo definire così il rapporto fra la sua crescita biopsicofisica e il mondo esterno. Era così coraggioso da svenire alla sola vista delle sacche da trasfusione. Un po’ come emozionarsi per le poesie che si trovano in edicola in edizione più che limitata, limitante. Figuriamoci la sua emozione durante una pure lieve emorragia.

Lucio Anneo Seneca nel bagno si era reciso le vene, Jacques Louis David aveva ritratto Marat in vasca da bagno,  a scrivere una lettera e il suo destino, sorpreso dalla morte. Tutto quello che veniva in mente al nostro eroe, come rivoluzionario, ma proprio rivoluzionario, era se veramente valesse la pena fare un mutuo per una vasca da bagno. Al risoluto no, esito di gran discernimento e dolore, cessò anche di colargli il sangue dal naso.

Lasciamolo in pantofole e asciugamani che cerca Lucio Anneo Seneca e Marat su Wikipedia pensando al suo appuntamento con la Storia. Non senza prima fare una educata telefonata in portineria per avvisare dell’incidente.

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