Letteratura
Classici sovversivi
Il mito classico riscoperto e interpretato come senso implicito del reale e non come esornativa presenza.
“Classici sovversivi. Mito e tragedia per la vita quotidiana” (Rizzoli, 224 pagine, 18,00 euro) è un saggio di Valeria Parrella e di Massimo Osanna (scrittrice di vaglia lei, prestigioso archeologo ed accademico lui, entrambi napoletani e questo non è un dettaglio secondario): vi si affronta il tema della presenza e della persistenza del mito classico nella quotidianità della nostra cultura. Una presenza e una persistenza che pongono al lettore una quantità di problemi e interrogativi di molto eccedente rispetto a quanti siano i miti discussi, affrontati, descritti, spiegati, ritrovati, interpretati nel libro. Di tale eccedenza sembrano per altro consapevoli gli autori, dato che i sette capitoli, scritti (o raccontati) in reciproca corresponsione di due paragrafi e dedicati ciascuno a un mito (Antigone, Euridice ed Orfeo, le Troiane, Eros, Narciso, Apollo e Re Mida, Tiresia), sono così evidentemente ricchi di notizie, rimandi, citazioni, letture, interpretazioni diverse e molteplici, domande antiche e nuove, incontri, visioni, che si può agevolmente pensare di vederli crescere ancora a dismisura e moltiplicarsi in altri libri di tal fatta. In effetti il patrimonio mitico del mondo classico, per quanto ricco e ramificato, è sostanzialmente unitario ed è fatto di storie che si richiamano reciprocamente creando quasi una rete compatta di significati che si ravviva e riacquista senso unitario nel momento stesso in cui qualcuno prova a riscontrarla, penetrarla e interpretarla, complessivamente o per segmenti. In questo tentativo d’interpretazione ecco scattare, inesorabilmente, quella che possiamo definire la trappola mitica: i miti diventano autorevolissimi (e spesso autoritari) plots culturali e identitari che possiamo subire passivamente e in cui finiamo per costringere noi stessi e la realtà in cui viviamo. Come superare questa trappola? Guardando i miti negli occhi, sfidandoli nella loro radice storica e umanissima, reinterpretandoli e riscrivendoli persino, senza timore reverenziale alcuno, come appunto fa in questo saggio Valeria Parrella. Definisce infatti miti “sovversivi” perché: «sono ancora tra noi, la loro sovversione è essere ancora così presenti, e ci costringono a una chiamata che è fisica, reale, attiva. I classici, se sono tali, non tramontano mai. Semplicemente stanno, da qualche parte e noi dobbiamo cercarli». E poi va a spiegare questo assunto discutendone con un tono vivace e colloquiale, seppure colto, mai banale o scevro di stupore. Sono ripercorse tutte le volte che ha percepito improvvisamente, inavvertitamente, sorprendentemente, il riaffacciarsi di una presenza mitica che balugina fulminea, quasi a ricordarci che il mito è senso implicito del reale non una presenza puntuale: «Io un giorno li ho incontrati (…amore e psiche) all’angolo di via medina, in un incrocio affollato di Napoli… dall’altra parte dell’inferno, sul marciapiede, un bambino rom mendicava sotto il sole chiedendo monete con un bicchierino di plastica…. io attraversavo verso di lui, ed è passata una farfalla. Una di quelle farfalle diurne eppure belle, inurbate, che passano perfino agli incroci. Svelto il bambino l’ha riconosciuta e, e buttandosi le monetine nella tasca, ha tentato di afferrarla con il bicchierino, saltava, volteggiava, era tornato nella sua età di bambino…» Non c’è chi non percepisca la poesia potente di queste parole e della situazione che viene raccontata come espressione improvvisa del mito. Dal canto suo Massimo Osanna, per quanto continui nel registro colloquiale di Parrella, non dismette un’attitudine comunicativa di studioso dell’arte antica. Ecco allora che, con precisione di fonti e dovizia di particolari, il discorso s’inerpica a commentare gli stessi miti di cui aveva discusso la Parrella ma rinvenendone la presenza fertile e, appunto, la persistenza soprattutto nella meravigliosa cultura materiale dei greci e soprattutto in quella dei greci d’occidente. Ad esempio in un’anfora panatenaica a figure rosse del IV secolo, proveniente dalla Basilicata e presente al Louvre con una rara immagine di Antigone; nell’Hydria Vivenzio del pittore Kleophrades presente nel Museo Archeologico di Napoli e recante una visione della distruzione di Troia e del trasporto di Anchise da parte di Enea; nell’iconografia di Psiche come farfalla o in quella di Narciso; il significato profondo e cosmico di alcuni raffinatissimi mosaici di Pompei. In generale l’attenzione dello studioso è volta a mettere in chiaro quella che appare una costante attitudine a manipolare politicamente, o a risemantizzare, il mito per esprimere concetti cari alle aristocrazie (greche e italiche soprattutto) che di quegli oggetti, di quella ceramica, di quei dipinti e mosaici erano ricchi committenti. L’idea complessiva di questo libro sembra dunque essere quella di trattare il mito con colta leggerezza, come presenza ordinaria e percepibile, sebbene collocata negli strati più profondi della costruzione culturale dell’occidente. Trattare il mito: interpellarlo senza timidezza, svelarne varianti, manipolazioni, traiettorie di senso. D’altronde solo così mito può restare vivo, presente e “caldo” di umanità, senza cristallizzarsi e irretire coloro che lo incontrano dentro dinamiche identitarie e autoritarie. Di questi tempi non è poco.
Valeria Parrella, Massimo Osanna “Classici Sovversivi. Mito e tragedia per la vita quotidiana” Rizzoli pp. 224, 2024, euro18,00.
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