Letteratura
‘Clara legge Proust’ di Stéphane Carlier
‘Alla ricerca del tempo perduto’ è un testo con cui prima o poi un lettore che voglia veramente dirsi tale deve avere a che fare. Io mi sono cimentato un anno fa con ‘Dalla parte di Swann’, indicato come il testo da cui cominciare l’avventura con Proust. Sui due terzi del romanzo ho sospeso la lettura, rimandandone la continuazione a un tempo migliore, giudicando la mia preparazione letteraria ancora troppo acerba per affrontare un gigante come Proust. Serve una soglia di attenzione molto alta per leggere le pagine della Recherche, mi sto allenando a tenerla leggendo decine di libri, ma non credo effettivamente di essere ancora pronto. Devo però ammettere di ricordare benissimo i passaggi iniziali del libro, la descrizione della casa, l’impatto che ha avuto sulla mia immaginazione quella rappresentazione lenta ma perfettamente calibrata dell’attesa del bacio della buonanotte. Spesso ho pensato che per scrivere bene, per poter immaginare bene, serva avere visto molte cose, avere fatto molte esperienze. Poi ‘Alla ricerca del tempo perduto’, almeno la parte iniziale del libro e fino al punto in cui sono giunto, è arrivata a me, mettendo in discussione ciò che avevo pensato fino a quel momento.
L’opera di Proust è ritenuta, insieme alla Divina Commedia, uno dei capolavori della storia delle letteratura europea. Dante Alighieri ha avuto il merito di descrivere l’inimmaginabile, portando il lettore a spasso per inferno, purgatorio e paradiso, Proust ha avuto il merito di regalare un raggio di dilatazione infinito all’immaginabile, alla vita di tutti i giorni, all’eternità di ogni singolo minuto, utilizzando la letteratura e la lingua per vivisezionare ogni singolo istante della nostra esistenza. Proust ha scritto un manuale sulla scrittura, cominciando dalla parte più difficile, la pratica letteraria. E la sua opera, proprio per questo, si presenta come luogo ideale all’interno del quale ospitare altre opere. E veniamo così al libro di Stéphane Carlier, che di Proust è un’appassionata lettrice. ‘Clara legge Proust’ è un romanzo molto piacevole, che comincia proprio nel punto esatto in cui Proust aveva posato la penna. Clara è una parrucchiera, lavora in un piccolo salone della provincia francese. La titolare del negozio, la signora Habib, è molto distante dal suo immaginario, e anche il fidanzato sembra non essere più in grado di farle mettere le ali. La vita di Clara scorre tranquilla, anche troppo.
Un giorno arriva nel negozio un uomo che lascia un libro, non sappiamo se lo ha dimenticato. Clara, per evitare che la signora Habib lo prenda, lo nasconde in un cassetto, poi lo porta a casa. E’ proprio la noia a spingerla dopo un po’ ad aprirlo. Clara resta impressionata dalla precisione con cui l’autore della Recherche riesce a descrivere cose che riguardano anche la sua vita. Anche lei, come me, comincia con quel libro che io ho sospeso dopo averne letto circa due terzi. La lettura di Proust per Clara diventa un ossessione piacevole, dietro ogni pagina si nasconde il desiderio di sapere cosa conterranno le pagine successive. E in questa ostinazione la lettura della Recerche per Clara si fa salvifica. E il libro le fa da specchio, mostrandole tutti i pezzi della sua vita che non tornano, il lavoro, il fidanzato, la mancanza di una passione. Clara, forte della scoperta fatta grazie ai libri di Proust, riesce a reinventarsi. Vuole donare il suo tesoro agli altri, e comincia a leggere Proust ad alta voce, portando la sua opera in molti festival letterari.
Questo di Stéphane Carlier è il primo libro pubblicato in Italia. Con questo romanzo ha vinto alcuni riconoscimenti molto importanti per il contributo offerto alla promozione, allo studio e all’approfondimento dell’opera di Marcel Proust. ‘Clara legge Proust’ è un libro sulle piccole cose e sui piccoli piaceri della vita, come la lettura. La scrittura di Stéphane Carlier è molto efficace, in pochi passaggi riesce a tratteggiare un piccolo mondo, sembra quasi di toccarlo. Nel salone della signora Habib a me sembra di esserci stato davvero, sono entrato più volte in attesa che mia moglie finisse di farsi i capelli. E ho notato più volte quella ragazza un po’ malinconica che lavorava lì. Tutto le volte che l’ho incrociata con lo sguardo ho pensato: sembra proprio le manchi qualcosa. Non avrei mai pensato di rivederla un giorno sul palco di un festival letterario, leggendo questa frase della Recherche apriva in me un mondo: appoggiavo teneramente le gote alle belle gote del guanciale, piene e fresche come le gote della nostra infanzia. E brava Clara. Sul tuo esempio magari anch’io, a breve, riuscirò a finire l’opera di Proust.
Devi fare login per commentare
Accedi