
Letteratura
China’s Dream
La cultura del comunismo cinese e le fonti segrete del suo potere
Autore: Kerry Brown
casa editrice: Polity
Data di pubblicazione: 2021
genere: socio-politico
Come si governa un paese dalla tradizione millenaria con una popolazione di più di un miliardo di abitanti? Kerry Brown, direttore del Lau China Institute al King’s College di Londra, disseziona il cuore pulsante della Cina dal XX secolo fino ad arrivare ad oggi, il Partito Comunista Cinese e l’egemonia di quest’ultimo attraverso la narrazione culturale, gli obiettivi e l’interdipendenza con il popolo cinese. Ogni aspetto della politica cinese viene analizzato attraverso uno stile chiaro e diretto, la narrazione dell’ascesa di una nazione è una montagna russa che si muove attraverso i propri elementi d’avanguardia ed il suoi lati oscuri costituiti da repressioni e giochi di potere intestini. L’autore analizza ogni epoca a partire dal 45′ ed il susseguirsi di ogni Leader, illustrandone la visione politica, gli ideali e le ipocrisie attraverso uno stile chiaro e dettagliato, concentrandosi sull’ambito storico e socio-politico. Nel volume sono cinque i punti fondamentali nella storia cinese contemporanea che definiscono la politica, i mezzi e la narrazione del Partito: la guerra civile e la risoluzione del 1945, il totalitarismo di Mao Zedong e la Rivoluzione Culturale, il periodo post-maoista con la risoluzione del 1978, la fine dell’URSS e infine l’inizio della Leadership nel 2012 di Xi Jinping.
La nascita della Repubblica Popolare Cinese
Brown individua nella lotta per il potere e nella sua legittimazione ideologica Marxista-Leninista tutte le fondamenta necessarie per comprendere il dominio politico e morale del PCC dal 1949 fin’ora. Già dal 1945 fu chiaro l’obiettivo socialista dei comunisti cinesi. Dopo l’invasione giapponese e la fine della seconda guerra mondiale i termini per una pacificazione risultarono incompatibili tra i nazionalisti del Kuomintang e il Partito Comunista. Con la fine della tregua dovuta alla guerra vi fu una ripresa della Guerra Civile. Qui possiamo ritrovare la vera fonte del potere di Mao e del sistema Marxista, poiché l’ex Impero cinese dilaniato negli anni da Signori della Guerra, Nazionalisti del Kuomintang filo-occidentali e dai paesi colonialisti finalmente trovò la speranza nel messaggio messianico del proletariato contadino, attraverso il messaggio marxista reinterpretato da Mao stesso. I Comunisti Cinesi furono gli unici capaci di dare un mezzo ed un fine alla loro lotta contro le forze nazionaliste, coinvolgendo il corpo della popolazione cinese rurale, alleandosi successivamente anche con intellettuali e piccoli borghesi. A differenza degli avversari nazionalisti, limitati a dichiarare ciò a cui si opponevano e dilaniati dalla corruzione interna. Con la vittoria del 1949, Mao divenne l’idolo delle masse: il mito del “Grande Timoniere”, teorico del marxismo rivoluzionario, sconvolse il mondo. Colui che riuscì nell’impresa di liberare la Cina dai Nazionalisti di Chiang Kai-shek e dai colonialisti borghesi capitalisti si erse solo, oscurando con la sua presenza quasi del tutto il partito, per guidare la Cina verso il “Socialismo con caratteristiche cinesi”.
Mao Zedong e la Rivoluzione Culturale
Il periodo Maoista si caratterizzò per la totalizzazione del suo pensiero in ogni ambito della vita sociale e politica, tutto il pensiero Marxista-Leninista fu seguito come un dogma. “Il grande balzo in avanti” ovvero il progetto politico di Mao per risollevare l’economia e diversificarla dal settore primario si rivelò un fallimento, che portò a migliaia di morti per la carestia susseguitavi. La leadership del partito venne messa in discussione, ciò portò alla “Rivoluzione Culturale” condotta per epurare le serpi in seno del partito e dalla popolazione, sollecitata anche dopo la crisi Sino-Sovietica. Aumentarono morti, arresti e sospetto reciproco. Fu una decade di giochi di potere, un’educazione da parte del regime attuata dal leader comunista, volta a creare una nuova società cinese marxista, spogliata dei propri interessi personali a vantaggio della collettività valorizzando la natura rurale del paese. Attraverso la quale Mao affermò attraverso i movimenti sociali di massa il suo potere assoluto fino alla sua morte nel 1976. Successivamente si aprì una lotta per il potere, Hua Guofeng fu incapace di sostenere l’eredità del PCC, qui sorse Deng Xiaoping nel 1978, riabilitato dopo l’esilio durante la Rivoluzione Culturale, riconosciuto come un politico tecnico e pragmatico a differenza di Mao, filosofo e teorico politico. Egli fu l’unico in grado di condurre una nuova leadership stabile e tecnica dopo il Grande Timoniere, (ricoprì la carica di presidente della Commissione Militare Centrale della RPC ma diresse de facto il paese).
L’XI Congresso e le sue conseguenze
Il 1978 fu il momento chiave per reinventare la politica del partito, La necessità immediata di dare stabilità al popolo cinese stremato dalla repressione era l’obbiettivo principale. Con la Terza Assemblea dell’XI Congresso del PCC si ebbe la possibilità di rinnovare la narrazione dando spiegazioni al popolo riguardanti gli errori commessi in passato. Deng comprendendo la delicatezza dell’operazione, consapevole dell’esempio sovietico (quando Stalin venne denunciato dal PCUS dopo la sua morte) prevedeva le tragiche conseguenze che un caso analogo avrebbe portato in modo negativo all’immagine del Partito, perciò venne deciso di omettere la responsabilità personale dell’ex presidente affermando una gestione collettiva inadeguata del Partito riguardante gli errori della repressione. Venne perciò deciso di dichiarare una serie di errori commessi dal PCC sotto Mao, ma venne sottolineato che “il Grande Timoniere” era stato indotto dai suoi collaboratori più stretti per la loro mala fede o inefficienza politica a commettere questi sbagli (i quali furono espulsi dal partito, incarcerati o uccisi successivamente). Tuttavia, il Partito riuscì a trovare la giustificazione nel suo futuro attraverso un’apologia, evidenziando i risultati raggiunti e la futura crescita economica del paese anche per meritò di questi errori da non ripetere.
La fine del sistema comunista mondiale
Da quel momento in poi la morale e l’approccio del partito cambiarono, il PCC iniziò i primi esperimenti economici passando dai campi alle fabbriche, liberalizzando zone economiche speciali e applicando la politica delle 4 modernizzazioni riguardanti: agricoltura, tecnologia, industria e ambito bellico. La liberalizzazione controllata rese ricco il paese seppur attraverso mezzi economici capitalisti: la Cina mantenne intatta la morale socialista assieme alla missione storica di rendere ricca la popolazione e la nazione. Venne data più libertà all’individualismo e alla libertà personale, rimanendo nei limiti delle concessioni statali, permettendo un aumento della ricchezza generale. Oltre al benessere però vi furono anche diversi effetti collaterali riguardanti le nuove politiche economiche tra questi vi furono: struttura civile più complessa e divisa, maggiore disparità sociale, nascita di nuovi entrepreneurs con un potere economico tale da porre una sfida alla sovranità del partito, aumento della prostituzione e del crimine, edonismo diffuso tra tutte le classi sociali che minava la morale imposta dal partito. Una nuova crisi si aggiunse successivamente alla caduta del muro di Berlino: Tiananmen, 1989: in vista della visita di Gorbaciov in Cina, il quale stava procedendo per una liberalizzazione dell’URSS. Gli insorti erano studenti ed intellettuali ispirati dal leader sovietico, protestavano per avere maggiore libertà, equità e per sollecitare il governo ad una lotta alla corruzione interna al paese. Il PCC rispose chiaramente con le armi: non avrebbe ceduto il controllo. La stima dei morti è sconosciuta, si ipotizza tra le centinaia e le migliaia. Solo l’ex Segretario di Partito Ziyang cercò di dialogare con gli studenti, ciò gli avvalse la condanna ai domiciliari a vita e la rimozione da ogni carica politica. Il successivo crollo dell’Unione Sovietica peggiorò la crisi morale politica già in difficoltà del paese, il crollo del primo stato ad aver applicato il socialismo reale seppur vi fossero stati attriti in passato scioccò la Repubblica Popolare sollecitando la necessità ancora una volta di innovare la propria narrazione ideologica.
Il nuovo millennio: l’alba di una Leadership nazionalista
Deng Xiaoping morì nel 1997 lasciando un paese in crescita economica ma in difficoltà politica in quel periodo di transazione ideologica. Il nuovo millennio fu contrassegnato dalla leadership di Hu Jintao, per una decade dal 2003 fino al 2013 il suo ruolo seppur fu considerato “debole” fu necessario a porre le basi per la costruzione di una nuova Cina mediando con la classe agricola e la nuova classe media, riuscendo a completare l’assimilazione iniziata da Deng negli organi di partito delle nuove imprese private. Tuttavia i problemi di legittimazione del marxismo e gli effetti della liberalizzazione si facevano sepre più evidenti. Corruzione insostenibile e una popolazione sempre più alienata e disillusa nei confronti del Governo.
L’alba del Segretariato di Xi Jinping iniziò nel 2013, il Partito si dovette riaffermare come l’unica vera forza rappresentatrice del popolo cinese. Le conseguenze furono radicali, si diede inizio alla “Campagna Anti-Corruzione” aumentata in modo esponenziale nell’ultima decade: imprenditori e membri del partito assieme a cittadini comuni vennero indagati e condannati, creando un clima di tensione nel PCC e in tutta la Repubblica. Bisogna chiedersi: fu fatto a scopo sociale o personalistico? Ovviamente le due ipotesi coesistono. La personalizzazione successiva della Leadership fu agevolata dall’inquisizione, tuttavia fu anche un modo essenziale e necessario per mostrare una facade di giustizia sociale legittimando il potere esecutivo statale e ripristinare un’unità sociale vista solamente durante i primi anni della RPC. Il potere ideologico fu rinnovato attraverso la ripresa del passato imperiale repressa durante il periodo Maoista. La narrazione di una Cina secolare fu ripreso dalla propaganda come mezzo per esaltare il nazionalismo e la cultura secolare cinese. Il messaggio Marxista-Leninista viene riproposto in chiave nazionalistica unito alla filosofia di filosofi antichi come Confucio e Mencio.
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Oggigiorno il Partito Comunista Cinese è a capo della Repubblica Popolare e l’unica potenza mondiale ad avere ancora un modello statale di stampo Comunista. Questa si è dimostrata uno degli stati più versatili e controversi economicamente e politicamente della storia contemporanea. L’assimilazione efficiente dei due modelli economici protagonisti del secolo scorso ha portato il paese a sconfiggere la povertà assoluta negli ultimi 40 anni e a procedere verso un progresso tecnologico mai visto prima. Ritengo che, seppur il sistema politico e la cultura del popolo cinese sia nettamente diverso dal nostro, valga la pena studiarne la storia. Il futuro del Segretariato e del paese tuttora diretto da Xi è incerto viste le tendenze personalistiche e meno collegiali del PCC nella direzione del partito e nei recenti disagi giovanili vista la poca mobilità sociale. Il libro di Kerry Brown offre dunque una delle migliori panoramiche sulla politica interna cinese, utile soprattuto a comprendere il panorama attraverso il quale la RPC agisce nella politica nazionale ed internazionale, stimolando il pensiero critico del lettore riguardo le azioni presenti e future della Cina.
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