Letteratura
Chi manda le onde. L’ultimo romanzo di Fabio Genovesi
Ma, poi, chi la conosce Forte dei Marmi? Chi la vuole conoscere? Il luogo di villeggiatura del litorale toscano con le sue spiagge larghe, i pini marittimi, le ciclabili e i monti marmiferi alle spalle; e l’allure da luogo di vacanza prima agnellesca, e quindi di quieta opulenza; e poi via via più chiassoso-bielorussa, ma pur sempre in grado di resistere alle abitudini di un certo bon chic bon genre alla milanese: un posto così vale una cartolina, forse; qualche memoria epistolare magari; ma romanzi su romanzi? Eppure. Già con Versilia Rock City avevamo scoperto in Fabio Genovesi un indigeno capace di raccontare, in bello stile, l’insospettato backstage neorealista di Forte dei Marmi, e adesso lo stesso autore, si è infilato, col suo nuovo romanzo Chi manda le onde, in una dimensione ancora più profonda e nascosta: come dire, quasi una Dark Side of Versilia. Dove Luna è una bambina tutta bianca che crede a tutto e l’espediente di renderla voce narrante conferisce al testo lievità, leggerezza, precisione non adulta.
Luna, che non sarà uno dei bambini lunari del film (il poetico documentario di Carlo Shalom Hintermann sui bimbi che non possono esporsi alla luce del sole) ma è comunque albina e delicatissima, adora camminare sul bagnasciuga a cercare i regali che arrivano dal mare e deve farlo imbacuccata e ricoperta di crema solare, sperando che i suoi occhi chiari chiari riescano a rubare per intero qualche immagine alla realtà. Con lei c’è il suo amico Zot, un orfano arrivato da Chernobyl: non sarà radioattivo ma è vestito come un vecchio e parla un italiano degli anni cinquanta, appreso grazie alle canzoni di Claudio Villa e Robertino. Come nel nostro cinema migliore, i bambini qui hanno il ruolo degli adulti e gli adulti sono emotivamente bloccati o eternamente infantili o sciocchi o imbecilli. “Siamo tutti normali, finché non ci conosci abbastanza”: c’è Serena, la mamma di Luna, una donna che nasconde la sua bellezza e vive un dolore forte e un momento di arresto che l’allontana dalla figlia, c’è Ferro, il vecchio bagnino cui hanno affidato l’orfano, che vorrebbe difendere il Forte dall’avanzata russa, le cui ville chiedono sacrifici urbanistici a danno delle case dei paesani, buttate giù dalle ruspe “come una carezza”, assieme all’odore unico di tutte le vite passate di là. C’è Sandro, innamorato di Serena, la cui vita “non è un percorso, è solo un perdere pezzi per strada”: ha quarant’anni e nella sua vita non è successo un granché, vive coi genitori e aiuta il tempo a trascorrere grazie ai suoi due amici, Rambo e Marino, uguali a Sandro o forse un pelo più inutili.
Insomma, nel mezzo del cammin sulla battigia, questi svantaggiati della vita in qualche modo convergono, per ricordarci che magari le cose accadono pure a caso ma alla fine tutto è delicatamente interconnesso e quello che deve succedere una via la trova. Il dialogo interiore dei personaggi è quello che riesce meglio a Genovesi: i guizzi della vita di provincia diventano universali e ti ritrovi a parlare col tuo migliore amico. È facile handicappare un personaggio o rendere eroe un numero due. Quello che non è facile è farlo con uno stile personale e decisamente musicale. Con le parole a volte è questione di puro suono. Fabio Genovesi suona bene.
Chi manda le onde, Fabio Genovesi, Mondadori Libri. Candidato al Premio Strega
Fabio Genovesi è nato a Forte dei Marmi nel 1974. Ha scritto i romanzi Versilia Rock City ed Esche vive, tradotto in dieci Paesi tra cui Stati Uniti e Israele, il saggio cult Morte dei Marmi e Tutti primi sul traguardo del mio cuore, diario on the road della sua avventura al Giro d’Italia. Collabora con il Corriere della Sera e Glamour.
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