Letteratura

“Cecità” di José Saramago, dopo la pandemia

13 Marzo 2023

Recensione a: José Saramago, “Cecità”, traduzione di Rita Desti, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 2013, 288 pp., 11,40 euro (edizione cartacea), 6,99 euro (e-book).

 

  • Il romanzo

Cecità è un libro che non ha bisogno di presentazioni, un capolavoro assoluto pubblicato in Portogallo nel 1995. Anche grazie a questo romanzo, l’Accademia di Svezia ha insignito lo scrittore José Saramago con il premio Nobel nel 1998. Si tratta di un cult, inserito nel 2002 nella lista dei cento libri migliori di sempre secondo il Club norvegese del libro e diventato un film nel 2008.

Il titolo portoghese è “Saggio sulla Cecità”, come a chiarire l’interesse dell’autore per un’analisi scientifica della tematica. Infatti, Saramago compie un esperimento mentale in cui si immagina uno scenario distopico in cui la popolazione di una città imprecisata viene colpita da un’epidemia di cecità. Si interroga su cosa succeda se pian piano i cittadini non possono vedere altro che una luce bianca.

I primi contagiati sono rinchiusi in un vecchio manicomio, dove dovranno imparare a cavarsela da soli. Le guardie armate, pronte a sparare in caso di tentativo di fuga, garantiscono solo l’afflusso di viveri e di alcuni prodotti igienici. Non ci sono né infermieri, né dottori.

Chi è entrato in contatto con un ceco viene inizialmente spedito nell’ala del manicomio dedicata alla quarantena. Al contrario, i cittadini che non hanno avuto contatti diretti circolano liberamente senza protezione alcuna. Presto il meccanismo salta. L’epidemia è incontenibile e tutti vengono contagiati. Il manicomio prende fuoco e i cechi protagonisti fuggono scoprendo cosa è successo fuori.

 

  • I temi

Il romanzo illustra cinicamente la decadenza della nostra società, in cui la cecità è frutto della mancanza di affetti e di interazioni umane che anticipa l’epidemia. Inoltre, le pagine scioccanti che disegnano la vita nel manicomio rispecchiano lo stato dell’uomo a livello primordiale, dove tutto diventa violenza e sopraffazione dal momento che salta il controllo sociale.

Saramago tratta solo superficialmente le decisioni del governo, il quale prova a vivacchiare facendo il minimo indispensabile. All’inizio, i politici credono di averla scampata, ma presto scoprono la drammaticità della situazione: gli autobus causano incidenti perché gli autisti diventano cechi all’improvviso, mentre le riunioni di governo e dei consigli di amministrazione si assottigliano sempre di più. La popolazione sembra ostinata a proseguire la propria vita finché non si fermano i servizi essenziali come acqua e corrente elettrica.

 

  • Il confronto con la pandemia

Credo che dopo la vera pandemia sia interessante notare ciò che il premio Nobel non ha previsto, ovvero la possibilità che il governo intervenga in modo meno distaccato. Nel romanzo, le autorità non sembrano rispondere a logiche democratiche, non considerando che internare i malati senza aiuti concreti potrebbe scatenare la reazione dei familiari e dell’opinione pubblica .

Un’altra distanza siderale tra realtà e finzione si verifica negli sforzi di comprendere il funzionamento del contagio. All’inizio della pandemia da COVID-19 la trasmissione del virus è stato il principale oggetto delle comunicazioni, con i media e i governi che insistevano sull’importanza di lavarsi le mani. Al contrario, le autorità ideate da Saramago si disinteressano di qualsiasi meccanismo di prevenzione, dalle mascherine alle tute, dal lockdown all’igiene personale. In questo senso, l’internamento dei cechi appare non solo disumano, ma anche inutile, perché non garantisce la prevenzione di nuovi contagi.

La pandemia ci ha fatto comprendere come i governi siano stati costretti a rispondere a due esigenze non previste dal romanzo. Da una parte abbiamo scoperto che la tutela della salute dei cittadini può scavalcare le necessità produttive dell’economia. Dall’altra, che i malati devono essere accuditi e che la politica non può cavarsela con la frase “preparate a perdere i vostri cari” come aveva tentato il premier britannico Boris Johnson.

Il premio Nobel portoghese ha quindi visto il futuro con uno sguardo cinico, per avvertirci delle possibili conseguenze della nostra cecità in materia di relazioni umane. Fortunatamente, le sue terribili profezie non si sono avverate, almeno per il momento.

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