Letteratura

Carrère, “La Settimana Bianca” e la scoperta del male

2 Aprile 2020

Da dove arriva il male? E come può capirlo un bambino che deve ancora diventare adulto?

Pubblicato nel 1995 e riproposto poi in Italia da Adelphi, La settimana bianca è un romanzo breve nato dalla penna di Emmanuel Carrère. Un divertissement nato durante la stesura di un’opera più complessa e stratificata come L’Avversario, un “romanzo verità” che diventerà una delle opere più riuscite dello scrittore francese, assieme al racconto della vita di Limonov.

Se L’Avversario è un approfondimento sulla logica e la desueta “banalità” del male, La Settimana bianca è un racconto molto meno appariscente ma non per questo meno terrificante della violenza che immagina un bambino, Nicholas, ad occhi aperti. Non può esserci nulla di più innocente di una settimana trascorsa da una scolaresca di bambini in montagna, dove, insieme, imparano a praticare uno sport e ad affrontare le prime esperienze fuori dal “nido” familiare. Diciamo che per Nicholas la situazione appare subito più complicata. Il padre lo accompagna fino allo chalet in cui soggiorneranno i bambini e si dimentica di lasciargli lo zaino con tutti i cambi di vestiario. Questo, per Nicholas, diventa subito un problema insormontabile e benché troverà qualcuno che si offrirà di aiutarlo, lascerà la sua permanenza nello chalet tutta in salita.

Carrère si getta a capofitto nei pensieri e nella testa di Nicholas, nel suo essere silenzioso, malaticcio e poco incline ai rapporti interpersonali. Nelle apnee notturne e nel sonnambulismo il bambino rivela forse qualcosa di fin troppo misterioso e recondito che si palesa nella sua maniera timorosa e dimessa di fare amicizia e divertirsi con tutti gli altri bambini.

 

 

Senza rivelare troppo del breve romanzo, Nicholas diventerà giorno dopo giorno più terrorizzato dall’idea della violenza e della morte, avrà bisogno di un amico con cui confidarsi e in cui riporre la propria fiducia, mentre gli adulti cercheranno di farlo sentire a proprio agio rimediando alla “mancanza” del padre e della famiglia.

Sarà la persecuzione del male a donare al giovane ragazzo francese la speranza di poter essere utile a qualcun altro. Egli vive e approfondisce il dolore e l’espiazione, traendone giovamento per la sua stessa giovane vita, fino al momento in cui capirà di rimanere coinvolto in un orrore che fino a quel punto aveva solamente immaginato.

Carrère, nella Settimana Bianca, vuole raccontarci una faccia del male, che nonostante l’ormai prevalente specchiarsi nell’etica cristiana o civile, altro non è che una condanna che potrebbe abbattersi su chiunque in qualunque momento della vita. Un romanzo da leggere tutto d’un fiato, scorrevole e ben scritto, parte di un dittico che chiunque ami lo scrittore francese o la narrativa “reale” deve assolutamente leggere.

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