Letteratura
“Caffè? Uno di questi giorni…”
Marco sta seduto, occhiali da sole calati sul naso e sguardo perso nel vuoto. Davanti a lui, un cappuccino ormai freddo e lo scontrino.
Giorgio arriva con dieci minuti di ritardo, come da tradizione, con l’aria di chi ha perso un duello con le scale e con la vita in generale.
“Ancora cappuccino? Ma lo sai che dopo le dieci è illegale?”
“Sto cercando di farmi arrestare.”
I due ordinano un caffè. Dopo qualche secondo passa lei: alta, bionda, elegante, li saluta con un sorriso.
Giorgio la segue con gli occhi, poi senza staccare lo sguardo dal punto in cui è sparita: “Ci pensi ancora?”
Marco fa un mezzo sorriso storto, di quelli che nascono direttamente dal fegato: “Giorgio, in questo momento sono troppo impegnato a rammaricarmi per le cavolate in cui sono finito per avere nostalgia di quelle del passato.”
“Ma tu sempre cavolate fai?”
Marco sospira: “È la coazione a ripetere.”
“Freud?”
“No, Marx. Diceva: ‘La storia si ripete, prima come tragedia, poi come farsa. Poi di nuovo come la mia vita amorosa.’ ”
“Karl Marx diceva questo?”
- “Si, ma la postilla finale è di Groucho!”
“Ah!”
Il cameriere arriva con i caffè.
Poi, il colpo di scena. Il cellulare di Marco vibra sul tavolo. Un messaggio. Giorgio guarda di lato, curioso, Marco sbianca.
“Che c’è?”, chiede Giorgio.
Marco gli mostra lo schermo. C’è un messaggio da lei, la bionda di poco prima: “Topino, ti ho visto. Sei peggiorato. Ma in un modo tenero. Caffè uno di questi giorni?”
Giorgio lo fissa come se avesse appena visto una mucca volare.
“Ti ha scritto lei?!”, chiede.
Marco annuisce, incredulo: “Pensavo mi avesse dimenticato.”
“E invece ti tiene in salamoia da dieci anni. Ammazza.”
“Che faccio?”
Giorgio beve un sorso di caffè, poi scrolla le spalle: “Solita cavolata?”
“Probabile.”
Marco comincia a digitare.
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