Letteratura

Bonsai

9 Dicembre 2017

“Ciao, posso farti gli auguri di Buon Natale?”
Chi sta entrando nella mia stanza è uno dei consulenti che utilizziamo più di frequente in Azienda. Ha in mano una piantina bonsai

Ringrazio con educazione, ma senza particolare calore. In genere respingo i regali dei fornitori che siano più impegnativi di un calendario, ma i rapporti di amicizia che si sono creati con quel consulente mi impediscono di rimandarlo a casa con la pianta.

E’ il primo errore.

La pianta troneggia sul mio tavolino del telefono , affidata alle cure di una collega, che si offre di gestirla, non tanto per amicizia nei miei confronti, quanto per pietà nei confronti del bonsai.

La collega mi ricorda però che anch’io, convivendo con quella pianta per diverse ore al giorno, debbo fare la mia parte: “Le piante sono sensibili – dice – avvertono se chi è intorno a loro le ama oppure no”.
E aggiunge, ridendo : “Quella che ti hanno regalato, poi, è la più bisognosa d’affetto di tutte, è un salice piangente!”

Altri colleghi mi dicono, poi,  che alle piante, se si vuole che crescano bene, bisogna parlare.
Com’è, come non è, accade che, preso dal lavoro, “dimentico ” di parlare al bonsai e giorno dopo giorno vedo depositarsi sul tavolino del telefono una marea di foglioline.
A primavera decido di liberarmene. Dopo un po’ (circa mezz’ora…) non ci penso più.

Il Natale successivo il consulente si presenta con un altro bonsai…
Che, implacabilmente, fa la fine del primo.
La stessa cosa succede al terzo.

Mi salva da questa sgradevole serie di agonie, di cui comincio a sentire il leggero rimorso, una battuta.
Vado ad un convegno e incontro il mio “persecutore” .
“Come stai ?” mi domanda, sorridendo.
“Sopravvivo ai tuoi bonsai” gli rispondo (il sorriso si spegne di colpo)
Difficilmente sono scortese, ma altrettanto difficilmente resisto alla tentazione di una battuta.
Quella battuta, comunque, mi salva dalla “maledizione” dei bonsai.

Negli anni successivi ricevo dal quel consulente, per Natale, solo piccoli soprammobili d’argento di dubbio gusto che, però, ancora conservo da qualche parte.
Non richiedono particolare manutenzione (al massimo una lucidatura di tanto in tanto) e, soprattutto, non si aspettano che io  mi rivolga a loro con affetto ogni giorno. Almeno così mi piace credere…

 

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