Letteratura
Benedizioni: la salvezza secondo Caroline Albertine Minor
Su una panchina dell’Enghavenparken, semplicemente ci siamo arresi. Sono rimasta seduta a guardarlo mentre si allontanava zoppicando nel suo cappotto nero corto, con una gran voglia di sparargli nella schiena. Desideravo vederlo cadere e osservarlo mentre giaceva sul ghiaino. La parodia di un essere umano, ma ero io quella inumana.
Benedizioni, raccolta di racconti di Caroline Albertine Minor, delinea, con uno stile semplice, solido, nitido, i profili di sette storie di cambiamento. La difficoltà del vivere, in tutta la sua disarmante semplicità, è la protagonista assoluta di queste vicende, nelle quali personaggi giovani e meno giovani si affannano, nella banalità quotidiana delle loro vite, per trovare un senso a un’esistenza che sembra averlo smarrito. Una famiglia segnata dal lutto di una morte precoce per suicidio, prigioniera delle misteriose ragioni di una scelta così drastica e definitiva, in apparenza inspiegabile, il dolore silenzioso della malattia, capace di trasformare tutto quanto, anche i sentimenti “sani”, il buio dell’abbandono, crudele, inspiegabile, chirurgico. Umani, quasi troppo, i protagonisti di queste vicende diventano familiari al lettore in poche righe, creando un senso di intima vicinanza, di comunione di affetti. Ciascuno cerca la sua personale salvezza, senza sapere dove trovarla. La benedizione, anzi le benedizioni, arrivano in modo altrettanto inaspettato, frutto della fiducia, quasi inconsapevole, in una mano tesa verso l’altro. Un appiglio, un porto in cui approdare, uno spazio di quiete: gli incontri in questa raccolta non sono mai casuali e, allo stesso tempo, potrebbero esserlo. Non sono gesti eclatanti a provocare il cambiamento e forse nemmeno di vero cambiamento possiamo parlare. Le cose accadono, si sviluppano in un certo modo, come per inerzia, inaspettatamente si capovolgono, ritrovano un loro baricentro. Minor non commenta, non analizza, non offre – a differenza di tanta letteratura di crisi – una lettura di queste esperienze, ma si limita a presentarcele, a raccontarle per come si presenterebbero allo sguardo di un osservatore invisibile. In questa capacità di sospendere il giudizio, di non indulgere a facili filosofie da comodino, rassicuranti per la loro prevedibilità, di descrivere senza chiosare, suggerendo con estrema delicatezza, poco per volta, i tratti caratteriali dei protagonisti si trova il valore maggiore della sua scrittura. Fredda, a tratti, nettissima e matura. Una voce precisa e riconoscibile, attenta ai dettagli, ma anche alla scorrevolezza della prosa. I racconti si parlano: alcuni in modo esplicito, altri in modo indiretto. La sensazione è quella di una narrazione corale, nella quale l’osservatore – al centro – è chiamato a fare una sintesi. Benedizioni lascia addosso un senso di liberazione, anche se – alla fine – nessun nodo può dirsi davvero sciolto, nessuna verità rivelata. Forse proprio in questo si nasconde la benedizione: nel saper andare oltre, nel non voler trovare una risposta, una morale, appassionandosi e affezionandosi al semplice atto di raccontare, recuperando il senso del bello che si nasconde nella momentanea sospensione dell’incessante scorrere degli eventi di ogni giorno. Un libro che costringe i lettori forti a interrogarsi sulle difficoltà che la forma racconto ancora oggi vive in Italia e sull’infinito potenziale evocativo, fortemente fantastico, che invece ha, anche e soprattutto quando affronta l’apparente banalità dell’ordinario presente.
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