Letteratura
Avversa al limite e dura come il basalto sardo: ci mancherai, Michela
Michela non era un letto morbido su cui crogiolarsi e dormire sonni tranquilli. Michela non era tonda, né informe, o codarda, come sanno essere soltanto gli insulti degli imbecilli.
Era dura come il basalto sardo, spigolosa, tagliente, rapida d’intelletto, accesa negli occhi, spietata nell’analisi, strega moderna capace di sortilegi intellettuali ma anche di ampi sorrisi e risate estemporanee che risuonavano come la pioggia improvvisa. Ne ho udite, molte.
Michela era una donna vasta, una persona avversa a ogni limite, debordante. Con occhi di onice antico che guardavano sempre oltre la linea dell’orizzonte, dei preconcetti e della banalità. Restituiva visioni, Michela. Da ogni viaggio intellettuale, da ogni esperienza personale, da ogni battaglia politica, portava indietro qualcosa da diffondere e condividere con gli altri. Sempre, mai una volta a mani vuote, Michela.
Era odiata. Era adorata. Era amata.
La malattia non l’aveva mentalmente cambiata, aveva soltanto accelerato il tempo intorno a lei e indebolito il suo corpo. Il cancro era diventato complice della sua complessità, come aveva detto lei stessa. Niente di più vero. Tutto ciò che incontrava e travolgeva nel suo percorso vitale diventava complice propellente della sua traiettoria intellettuale.
L’ho detto: vasta, avversa a ogni limite, debordante.
Viva fino alla fine e ben oltre qualsiasi fine.
Ciao, Morgana.
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