Letteratura

“Atti mancati”, romanzo breve e coinvolgente di Matteo Marchesini

Un romanzo breve del 2013 del critico letterario Matteo Marchesini che merita una tardiva e riparatoria lettura.

27 Novembre 2024

Matteo Marchesini – Atti mancati- Voland 2013.

Ero partito per leggere l’ultimo libro di racconti di Matteo Marchesini “Iniziazioni” uscito quest’anno, quando dal fondo del kindle è emerso, intonso, questo “Atti mancati” che avevo dimenticato di leggere: un mio atto mancato di lettore onnivoro e confusionario evidentemente. Lo sfoglio, per farmene un’idea, e non lo lascio fino a che non l’ho terminato. È stata una lettura coinvolgente e commuovente.

“Atti Mancati” di Matteo Marchesini è un romanzo breve ma denso, inserito nella dozzina del Premio Strega 2013, apprendo. Ambientato a Bologna, il libro esplora temi quali amore, amicizia, talento e malattia, intrecciando i destini di tre personaggi principali: Marco, intellettuale cogitativo e scrittore poligrafo e insoddisfatto; Lucia, sua ex fidanzata fragile e segnata dalla malattia; ed Ernesto, un amico comune che forse rappresenta il talento inespresso e tragico. Ernesto muore in un incidente all’atto di visitare in una clinica sita nei colli bolognesi il fratello Davide ivi ricoverato per disturbi mentali. Su questi personaggi che occupano la scena della narrazione condotta in soggettiva da MM (Marco Molinari, non fraintendete, non confondetelo per via delle stesse iniziali, con Matteo Marchesini, o forse sì) aleggia la figura maieutica, ironica, acuta e controcorrente di un professore universitario Bernardo Pagi, che da quel momento decide di abbandonare la cattedra (e che sembra condividere, anche se ciò non ha molta importanza, o forse sì, molti tratti con Alfonso Berardinelli). Fra i due, maestro e allievo, si svolge questo significativo scambio: «Mi ha detto — scrive MM indicando Pagi — guarda, tu credi di trovarti bene a scrivere sui giornali di destra, ma invece no, perché in fondo sei di sinistra. E io: tu al contrario credi di essere di sinistra, e invece sei di destra…». E in qualche tratto del romanzo, quello in cui i due personaggi principali, Marco e Lucia, si straziano a vicenda, tra incomprensioni e silenzi, mi pare di cogliere anche qualche coraggiosa puntura di spillo di MM (Marco Molinari, non fraintendete) verso se stesso in un’autodiagnosi lucida e feroce: «Non so — si fa dire coraggiosamente da Lucia, scorticandosi non poco e rispecchiando un mio pensiero di malevolo lettore verso MM Matteo Marchesini — è come se le tue pagine fossero al tempo stesso troppo intelligenti e un po’ cieche, come se si muovessero intorno a un centro che non viene mai a galla. E tu sei lì, che giri, bloccato nel tuo incantesimo».

La narrazione, come ho accennato, è intrisa di riferimenti letterari e atmosfere nostalgiche, in cui Bologna si trasforma in una cornice molto viva e fatalmente conviviale, e che ha avuto la capacità di uncinarmi nell’intimo per via della mia  frequentazione di quella città nel 1982, allorché nel corso di quell’anno, abitando in via Rialto a due passi da via Castiglione dove si muovono i personaggi, vi cercavo come loro anch’io giovane irrisolto, una mia proiezione nella vita adulta.

L’autore riesce a combinare l’analisi intellettuale con momenti di profonda emotività, affrontando anche i limiti della creazione artistica (i personaggi vivono e si scrivono dei romanzi addosso in una iperletterarietà del vissuto non già archiviato ma mentre ancora si svolge) e le “illusioni perdute” nella vita dei protagonisti. Il libro è stato descritto come asciutto, sarcastico e malinconico, con una prosa densa di significati e una trama che lascia spazio alla riflessione personale. C’è anche questo.

Ma il romanzo si distingue per l’intreccio di storie e l’approfondimento dei sentimenti e una certa finezza nell’analisi psicologica dei personaggi mantenendo un tono sobrio e, a tratti, volutamente ironico e spietato verso le illusioni dell’età giovanile, ma portando a maturazione una intensità di sguardo e una capacità di rappresentare il dramma schivando il patetico fatalmente in agguato che invece in ultimo mi ha scosso sinceramente. La figura di Lucia, schiva, dolente, taciturna, graffia e incide nell’anima anche una vecchia lenza come me. Mi ha commosso la narrazione sobria e drammatica della sua sua vicenda umana.

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