Letteratura

Antigone, l’assassina del direttore del tg

13 Aprile 2020

Sul volo che mi ha riportato a Milano mi è capitato di prendere posto accanto a una donna avvenente quanto impertinente: sulla quarantina, capigliatura scura, con taglio alla francese, frangia davanti e nuca scoperta. Occhi neri, espressivi e profondi. Labbra ben disegnate, senza gonfiori da lifting e naso con una leggerissima imperfezione, a renderla ancora più graziosa e affascinante.

Quando l’ho vista ho avvertito un senso di gioia. Lo charme femminile mi inebria più di qualsiasi altra cosa al mondo! Mi sono accomodato accanto a lei, rivolgendole un cortese “buongiorno”. Lei, sfoggiando un sorriso molto elegante, ha risposto al mio saluto con un tono di voce gioviale. Una volta decollati, la bellissima ha preso a leggere un quotidiano decisamente critico con l’attuale governo di destra, soffermandosi sulla pagina di politica interna. La guardavo e pensavo: “è una vera bellezza!” Così diversa dalle dive da strapazzo del mondo dello spettacolo.

Ben presto mi sono accorto di provare nei suoi confronti una sorta di disagio che non avevo mai provato, nemmeno di fronte a personaggi molto importanti e di spessore internazionale. Percepivo il suo carisma nell’aria che respiravo, resa leggera e delicata dal profumo che emanava la sua persona. Ho rotto il ghiaccio, come si suol dire, osservando:

– Questo quotidiano ha intrapreso una vera e propria battaglia contro il Premier, non le pare?

– Non mancano, però, sulla restante parte dei giornali, persone che scrivono articoli per celebrarlo a ogni piè sospinto.”

-Lei, per caso, crede che io sia una di queste?

– Lei celebra e difende il Premier?

Ma, dove vive, questa? Mi ha riconosciuto, o no? Lo sa , o non lo sa che sono Emilio Crede, amico fidato di Matteo Spolverini?! – mi son chiesto con incredulità.

– Scusi, non mi dica che non ha mai visto, o sentito parlare del tg24 e non sa chi sono io? Le domando, un po’ spazientito.

Piuttosto che rispondere, la signora mi ha guardato con aria interrogativa. A quel punto, trovandomi completamente spiazzato le ho detto:

-Io sono Emilio …

-Crede! -ha interrotto prontamente lei.

-Allora sa chi sono? -ho proseguito.

-Certo che sì!

-Mi scusi, mi conosce, e non sa che lodo Spolverini pubblicamente e sempre, in ogni circostanza, fregandomene di tutto e di tutti?

-Anche dei telespettatori? Stando ai dati dell’audience del suo tg24, mi pare che in giro ci sia molta gente più snob di lei.

Bella tosta! Ho riflettuto ferito.

-Una comunista, vero? – le ho chiesto con fare provocatorio.

-La prego, non si renda ridicolo come il suo amico.

-Sta parlando di Spolverini?! Lo trova ridicolo?

-C’è qualcuno, al di fuori dei confini italiani, che ne abbia un’opinione diversa?

-Cioè?

-Via, signor Crede, non faccia finta di ignorare cose di cui è al corrente, come tutti del resto.

-Ho capito, lei è un’acerrima nemica di Spolverini! ho detto risoluto e continuando a provocarla.

-E, in questo lei ci vede un difetto orribile, o, peggio ancora, un reato?

La discussione, per meglio dire, il diverbio, cominciava a piacermi, nel senso che la reazione e le risposte dell’affascinante viaggiatrice trovavano puntualmente la mia condivisione, che per ovvi motivi restava inammissibile.

-Nessun reato, per carità, ma una buona dose di prevenzione non manca mai nel giudicare negativamente una persona, in special modo se si tratta di Matteo Spolverini.- ho risposto.

-Senta, lei non offre spunti per continuare questa disquisizione. Io, non ho alcuna sorta di barriera culturale, tanto meno riesco a essere prevenuta nei confronti di chicchessia. Detesto chiunque sia nemico del popolo, e Spolverini, a mio modesto avviso, lo è. – ha ribattuto lei, senza perdere la calma.

Ero sempre più affascinato dalla mia vicina di posto. Oltre che bella appariva composta: una donna con i cosiddetti attributi, al contrario di tanti uomini, abituati ad agire in maniera esclusivamente opportunistica, esattamente come me, mostrando mille facce, ognuna più artificiosa dell’altra, da sfoderare all’occorrenza, secondo evenienza e convenienza. Lei, invece, era pronta a sostenere il suo pensiero e la sua coscienza, in qualsiasi istante e di fronte a chiunque. Che io fossi Emilio Crede, un noto e intimo amico di Matteo Spolverini, capo del governo, costituiva per lei un dato del tutto irrilevante. Ho deciso, allora, di stuzzicarla in modo estremo:

-Anche se dall’aspetto non si direbbe, non è mica, per caso, un’ex terrorista?

Mi ha guardato elargendomi un sorriso largo, distinto, pieno di classe, come per evidenziare la mia sciocchezza. E, ha aggiunto:

-Non pensavo che lei fosse così uguale, caratterialmente, al personaggio che appare in video.

-Sono una persona coerente.

-Chiunque perseveri in ciò che è dimostra coerenza. -mi ha detto con un disprezzo sublime, velato di cortesia e gentilezza.

-Intende dire che io persevero nell’errore?- le chiedo.

-L’errore presuppone un giudizio morale. Chi sarei io per giudicarla? Lei è diverso da me, e lo è quanto basta per riconoscere me stessa, senza la possibilità di confondermi.

A questo punto, mi sono reso conto di avere a che fare con una persona straordinaria, che sferzava colpi di fioretto che fanno più danno di una botta in testa ricevuta col martello. Questa grande donna, mi flagellava con una finezza eccelsa.

-Mi scusi, non vorrei apparirle indiscreto, ma sono molto curioso di sapere qual è il suo nome. – le ho detto con forzata affabilità, cercando di apparirle meno antipatico possibile.

-Quale, quello di battaglia, o quello all’anagrafe? – mi ha risposto con evidente spirito.

In quel momento ho ritenuto che il suo vero nome non avrebbe suscitato in me l’interesse che avrebbe avuto quello di battaglia, che, sarebbe stata costretta a inventarsi qualora gliel’avessi chiesto. Pertanto, continuando con un tono giocoso le dissi:

-Quello di battaglia, naturalmente.

-“Antigone”

-Bello! Un nome della mitologia greca, giusto?

-“Giusto”

-C’è anche una tragedia classica che descrive la sua storia, vero?

-Sì, la storia di Antigone ci è stata tramandata da diverse tragedie. La più esauriente e, forse, la più famosa, è quella di Sofocle.

-Perché ha scelto questo nome?

-Perché sono un po’ come l’eroina che lo incarnava.

-Non ricordo le vicende di Antigone, seppure credo di averle studiate al liceo. – le confesso

-Si è citato a sazietà il verso 523, in cui Sofocle fa dire all’eroina: “Non sono venuta al mondo per portare odio, ma amore. Sa, si tende a paragonare Antigone a Giovanna D’Arco. Entrambe hanno la stessa vocazione al sacrificio. C’è da dire che questo mito segue due percorsi differenti: Uno mostra in Antigone il modello delle virtù familiari, conservando l’immagine della figlia di Edipo che assiste alla vecchiaia del padre cieco; l’altro mette in scena una donna che si oppone al potere costituito e muore, piuttosto che obbedire a un ordine ingiusto.

-Lei, a quale modello di Antigone si ispira?

-Provi a indovinare?

-Al secondo. Lei, come molti idealisti, è un’auto-lesionista.

Antigone, cioè, la meravigliosa donna con la quale parlavo in maniera amichevole, si è lasciata sfuggire una leggera risata, che non so perché, mi sembrò minacciosa, rivelatrice di qualcosa che in quel momento non potevo che ignorare. Avvertivo, tuttavia, gioia pura, per il fatto di starle vicino e poter parlare con lei. Osservandola più a lungo di quanto avessi fatto fino a quel frangente, ho pensato che tutte le donne di solida cultura e di sottile ironia hanno nello sguardo qualcosa di struggente, che le rende sofisticate e particolarmente amabili. Desideravo sapere di più sul suo conto. Molto di più. E, ho ripreso:

-Lei è una professoressa?

-Sbagliato.

-Ma, è difficile per lei immaginare un mestiere diverso, voglio dire, un lavoro che non sia intellettuale.

-Soltanto perché le ho raccontato qualcosa sul mito di Antigone?

-Non solo per quello. È tutto l’insieme che mi porta a pensare a lei come a una donna che esercita un mestiere d’intelletto.

-Suona come un complimento.

-No, non lo è. Me ne guarderei bene dal fargliene uno. In men che un attimo le darei l’impressione del pappagallo.

-Dà spesso questa impressione?

-Me la sono cercata. Con lei bisogna stare molto attenti a quel che si dice. Non mi risparmia stoccate.

-Come ha appena detto lei, proprio se le tira.

Per più di un attimo mi sono fermato a riflettere. Erano anni che non avevo uno scambio con una donna  così vivo, verace, energico. Lei risvegliava in me sensazioni che avevo dimenticato in quanto non appartenevano più alla mia sfera emotiva. Stimolava una parte di me che credevo ormai morta, seppellita. Il suo atteggiamento mi rinvigoriva la mente, mi portava a pescare nei miei ricordi di ragazzo e mi invogliava a dare il meglio di me per reggere il confronto.

-Sa cosa mi stupisce di lei, oltre al suo fascino?- le dico.

-Non aveva detto che non sarebbe incappato nell’errore di farmi un complimento?

-Beh, avrà notato sicuramente la mia purezza. A lei non potrebbe sfuggire.

-Lei, un puro?

-Perché, no?

-Per un milione di motivi che non è il caso di elencarle. Lei potrebbe essere lontano dalla purezza quanto Marte lo è dalla Terra.

-E se si sbagliasse? Voglio farle sapere che mi sto comportando con lei come non mi capita con altre persone, ossia con molta franchezza, senza alcun tipo di maschera. Le dicevo, ciò che mi stupisce di lei è la sufficienza che usa nei miei confronti. Una cosa che mi piace, perché mi allontana da ciò che rappresento.

-E, lei cosa pensa di rappresentare?

-Un personaggio, indubbiamente popolare, che è nell’immaginario collettivo. A prescindere da quale quadro si faccia della mia persona, resta innegabile che io sia nella mente e nel giudizio delle persone. Cosa ne pensa?

-Mi chiedo se lei abbia mai riflettuto sulla differenza che passa tra popolarità e successo.

-Mi ha appena detto che lei pensa che io sia un uomo popolare, ma non di successo.

-E crede che siamo in pochi a inquadrarla in quest’ottica? Personalmente, non cambierei il mio successo, rappresentato da venti, o trenta persone che mi stimano, con la sua popolarità.

-Ci va giù pesante, eh! In pratica, sarei una delle persone più disistimate della nazione? Onestamente, non percepisco tutta questa avversità nei miei confronti.

-E, dove dovrebbe percepirla? Nei ristoranti e nei locali che frequenta, alle sfilate di moda, o nelle feste di regime a cui partecipa?

-Ce l’ha particolarmente con me?

-Si figuri, avercela con lei è come prendersela con la mala sorte. Lei è una delle tante figurine di quest’Italia che ben rappresentano il peggio, raccontato alla luce del meglio a chi non ha affinità con la verità e la bellezza.

-Più che offeso, sono affascinato dalle sue invettive. Mi crede?

-Certo. Questa è la sua disgrazia: non riuscire a detestare una persona che detesta magnificamente lei. Evidentemente, quel residuo di coscienza che le rimane è sufficiente per farle prendere posizione contro se stesso.

-Questa è fenomenale! Davvero, trovo che lei sia spettacolare.

-Come vede, mi sta facendo un mucchio di complimenti. E, solo perché le sto dicendo che lei è una cacca d’uomo.

-La verità è che nulla di quello che lei mi riferisce mi offende, essendo molto preso dalla sua personalità. A proposito, ha evaso la mia domanda che le ho rivolto in precedenza. Insomma, il suo mestiere qual è?

-Perché dà per scontato che io ne abbia uno. C’è una crisi del lavoro che fa paura. Ovunque, se non si ha un “protettore” si è tagliati fuori dal sistema produttivo. Siamo immersi in un sistema di selezione marcio e perverso che abbandona a loro stesse tanto le persone preparate che quelle che hanno uno specifico campo di competenza. Questo, lei, da direttore di un telegiornale nazionale lo saprà bene. Potrei essere una di quei sette milioni di persone, che in questo paese non hanno un lavoro.

-Lei è una disoccupata, oppure, adesso, è nelle vesti di Antigone?

-Cosa cambierebbe? Non è forse vero che nel paese ci sia tanta di quella miseria di cui l’informazione ignobilmente tace? La prego, mi risparmi la sua risposta in merito. Non sopporterei nessuna confutazione su questo tema, in special modo sotto forma di scemenza esemplare.

-Lei dal fioretto è passata alla sciabola. Non offende più con finezza, ora.

-Senta, per quanto mi riguarda lei meriterebbe di essere preso continuamente a calci in culo per come interpreta il suo schifosissimo mestiere di giullare, altro che fioretto! E, adesso, mi scusi, cambio posto, visto che ce n’è più di qualcuno libero davanti. Non poteri sopportare oltremodo la sua vicinanza. Le auguro di vivere l’ansia di chi non riesce a provvedere per la propria famiglia, di chi si dispera per il proprio disagio, di chi, pur con una laurea in tasca si sottopone a lavori umili e usuranti per potere sopravvivere. Come ultima delle donne, le dico che lei vale più o meno quanto l’abito che indossa. Spero per lei, che lo abbia pagato molto.

Sono rimasto allibito. Sinceramente, nulla mi aveva lasciato prevedere un epilogo del genere. Ho vissuto uno stato di incredulità e di pena per molto tempo. Mi chiedevo cosa avesse provocato in lei una tale reazione. Dove, in quale punto, io avessi stimolato la sua rabbia. Sono caduto nell’afflizione. Ero più che contento di aver conosciuto una persona fuori dal comune, e mai avrei creduto di farle ribrezzo. Al contrario, avevo cominciato a credere di esserle finanche simpatico. Per tutto il tempo rimanente del volo non ho fatto altro che scervellarmi sui motivi della scenata finale di Antigone. L’ultima immagine che ho di lei la ritrae all’uscita della Malpensa: stava salendo su un taxi, con movenze eleganti e sobrie, come una diva d’altri tempi.

Dopo qualche tempo, il ricordo di Antigone era ancora intenso. Pensavo continuamente a lei, alla sua bellezza, alla sua intelligenza e a quella rabbia rovesciatami addosso. Quella donna, per molti versi, mi ha sconvolto. La conseguenza più immediata del suo incontro è una insoddisfazione di fondo che, improvvisamente, avverto in maniera lacerante. Antigone, nei pochi attimi in cui l’ho conosciuta, ha disinnescato il meccanismo del mio cinismo, costringendomi alla riflessione sulla mia persona.

Ma, un giorno, mentre pranzavo da solo, in un ristorante nei pressi del Duomo, per riflettere di più e meglio, successe l’impensabile. Assorto in pensieri vaghi sulla mia esistenza, improvvisamente, sento un profumo e una voce che mi fanno alzare lo sguardo dal tavolo, che, chissà da quanto tempo, stavo fissando.

-Buongiorno signor Crede, come va?

Avvolta in un vezzoso cappottino giallo da cui usciva un foulard a fantasia, una donna snella, di media altezza, con il volto radioso e sorridente, sta in piedi di fronte a me: Antigone, la donna del volo Napoli-Milano. Resto stupito, ammutolito, e solo dopo qualche istante riesco a dire:

-Buongiorno! Che piacere rivederla. Si accomodi, prego. Mangi qualcosa con me.

-Mi siedo per un caffè, grazie. Trovarla è stato più difficile di quanto pensassi. Le informazioni che ho sul suo conto mi hanno portata da tutt’altra parte. In ultimo, ho seguito una traccia che mi ha portata qui, finalmente alla meta. Accidenti, quanti ristoranti frequenta! Sono stata in ben cinque posti, prima di questo, e tutti ben distanti l’uno dall’altro.

-Lei, ha preso informazioni su di me?

-Sì, per l’esattezza me le hanno consegnate.

-Chi, se posso chiederglielo?

-Mi dispiace non le è dato saperlo.

-E, perché mi ha cercato?

-Per vederla, naturalmente.

-Ne sono contento. Pensavo che lei mi odiasse, che mai avrebbe pensato di incontrarmi di nuovo.

-Dovevo necessariamente rivederla. Sono abituata, sa, a portare a termine i miei propositi. – mi dice con un tono seducente.

Sono disorientato, Non riesco a farmi un’idea precisa della persona che si è seduta al mio tavolo. Il suo atteggiamento gentile e dolce mi scombussola, non c’è dubbio. Ma, allo stesso tempo mi mette in guardia da qualcosa che non saprei definire. Non sarà mica una psicopatica, che ha reazioni improvvise e nervose?  Mentre faccio questo pensiero, la osservo, sorridendo appena. I suoi occhi sono lucidi e abissali. E, se per chissà quale motivo le piacessi? Se la reazione rabbiosa avuta in aereo non fosse stata altro che la ripercussione di un risentimento verso uomo che, in fondo, ammira?

-Io, rientro in suo proposito? – riprendo.

-Ci rientra in pieno.

Ho un altro momento di confusione. Mi chiedo cosa voglia, questa donna, da me. Possibile che abbia intenzione di sedurmi? E, se sì, per il piacere di farlo, o per ottenere qualcosa in cambio? Noto che ogni volta che mi perdo in queste riflessioni lei mi fissa divertita, con occhi ammalianti che le conferiscono un aspetto irresistibile, ma anche ironico. Chi sarà mai, costei? Mi chiedo con un’ombra di preoccupazione.

-Lei vive a Milano?

-La mia famiglia è milanese, ma io vivo in Grecia da molti anni.

-Forse ho capito di cosa si occupa lei: è un’archeologa.

-Lei fa associazioni troppo facili e, per questo, sbagliate. Se le racconto qualcosa sulla mitologia mi prende per una professoressa, poiché le viene in mente il nozionismo,o qualcosa del genere; se invece le rivelo che vivo in Grecia mi trasforma in un’archeologa, poiché pensa alle antiche rovine.

-È vero, sono uno sciocco.

-Gli uomini, spesso, si sentono infallibili, mentre in realtà sono molto vulnerabili, anche se hanno un potere e godono di popolarità. – mi dice con una strana dolcezza.

Non resisto più alla tentazione di sapere chi realmente sia e in modo diretto le domando:

-Mi dice, per favore, lei chi è e cosa fa nella vita?

-Sono Antigone, e faccio l’eroina.

-Non scherzi, ho bisogno di saperlo. Lei mi appare come una donna molto misteriosa e io non so rapportarmi nei suoi confronti.

-Si comporti come meglio crede, facendo ricorso alla sua coscienza. D’ora in poi avrà bisogno di apparirmi al meglio delle sue possibilità se vorrà evitare il peggio.

-Cosa vuole dire, non capisco?!

-Senta, signor Crede, io vorrei parlare con lei per ore, forse anche per giorni, per farle capire perché una come me si mette in cerca di uno come lei, ma temo di non avere tempo a disposizione. Sa, ho molti impegni. Seguo da molto tempo e in maniera assidua il suo lavoro giornalistico, attenta a non farmi sfuggire niente. L’ho studiata nei minimi particolari, in ogni sfumatura del suo modo, molto personale, di dare e commentare le notizie. Mi sono fatta del suo lavoro un’idea ben precisa. Vorrei essere solo oltremodo sicura che il mio giudizio su di lei non risulti imperfetto e non presenti un difetto di valutazione. Ecco, perché le chiedo, gentilmente, di concedermi un po’ del suo tempo e rispondere alle mie domande.

Non riesco a capire quali possano essere le sue reali intenzioni, al di là di un confronto di idee, o di concezioni sul modo di fare comunicazione. Desideroso di stare ancora insieme a lei, mi rendo disponibile e la invito a pormi le sue domande:

-Mi dica pure, è un piacere per me soddisfare qualche curiosità sul mio conto.

Lei mi guarda con un’espressione sempre più affabile, dolce e quasi docile, come a ringraziarmi per averle concesso il mio tempo, che, diversamente, non avrei impiegato in una maniera altrettanto piacevole.

-Egregio direttore, perché nel panorama generale dell’informazione, tranne qualche sporadica eccezione, più nessuno racconta il paese reale?

-Il concetto di realtà, talvolta diventa opinabile. A mio modo, a esempio, ritengo di raccontare alla gente cose che non fuoriescono dalla realtà. – rispondo con sicurezza.

-Veda, io ho sempre pensato, invece, che la realtà fosse una sola, opinabile nei limiti del buon senso della ragione, non a dismisura, sollevando baccano per mistificare e muoversi a convenienza nell’ambiguità, come fanno i giornalisti come lei.

-L’informazione, da sempre, interpreta la realtà come meglio crede. Se lei non ha una buona concezione del giornalismo italiano, vuol dire che lo segue in maniera prevenuta.

-In verità, credo di avere davanti a me l’esempio di deformazione professionale più eclatante della nazione. Lei è un campione nell’arte di contraffare, arginare e censurare le notizie. Lei garantisce, come direttore di telegiornale, che la politica e l’informazione diventino campi coincidenti, affinché la loro legittimazione non venga messa in discussione, stringendo un patto tacito di sopravvivenza, a scapito dei cittadini e dei consumatori di notizie, che avrebbero diritto a un’informazione leale e imparziale. Sono sempre gli interessi personali e dei clan a farla da padrone. E, lei serve un potere di siffatta maniera. Ora, mi dica signor Crede, non le pare che lei, col suo miserabile mestiere perpetui il male, diffondendo consapevolmente un’informazione contraffatta, ingannevole, alterata per fini di propaganda, favorendo un regime politico che relega nella disperazione chiunque non lo prediliga e vi aderisca?

-Lei, per caso, si trova in una situazione disperata per causa mia? – ribatto, seccato.

-Io, personalmente, no. Ma, migliaia di famiglie sono interessate da situazioni di stento a causa di uomini immorali che non assolvono al loro compito di governanti, protetti da un giornalismo corrotto e subdolo. Trova giusto essere al servizio di gentaglia e truffare, quotidianamente, chi, magari anche per caso, si trova a seguire il suo tg?

-Questa è un’opinione che ovviamente non condivido. Chi non vuole ascoltarmi, poi, può sempre cambiare canale. Non ho nulla da estorcere ai telespettatori, ho sempre dato loro solo notizie.

-Mi scusi, ma non crede che dare in pasto a una platea informazioni tendenziose col solo scopo di coprire le azioni illecite del governo sia una truffa perpetrata ai loro danni?

-Non condivido affatto. – ribadisco con forza.

-La prego, signor Crede, non sia misero. Ho fatto un viaggio abbastanza impegnativo per venirla a cercare, sottraendo tempo ad altri propositi. Sono una persona solitamente mite, ma divento nervosa quando il mio interlocutore si rifugia nella banalità, o si altera, sia pure leggermente. Trovo aberrante che il servizio pubblico si attrezzi di un telegiornale come il suo. Veda, direttore, quando scorgo un’ingiustizia compiuta ai danni del popolo, che mi dà particolarmente modo di pensare, mi reco dalla persona che se ne rende colpevole, chiedendogliene conto. Fino a prova contraria, lei, supportando gli abusi che alimentano il potere da cui dipende e da cui riceve gli incentivi per svolgere la sua vita agiatissima, commette una di quelle ingiustizie che richiedono, appunto, il mio intervento. Le chiedo di avere ancora un po’ di pazienza e rispondere a un’altra domanda: Quando lei manda in onda il falso e schifosissimo teatro del suo tg pensa mai a quei genitori che non potranno comprare lo zainetto richiesto dal figlio, a quei padri che si dannano l’anima per portare qualche soldo a casa, a quelle madri che si sacrificano oltre ogni limite per rassicurare la serenità dei loro figli?

Decido di reagire con calma a un clima che va facendosi, per me, da inquisizione:

-Con questo tipo di discussione, lei non vuole diventare mia amica, ma il mio giudice morale.

-Ha quasi indovinato. Non voglio credere che lei sia tanto stupido da aver pensato che potessi, o volessi diventare sua amica. Sono qui, molto vicino a lei, non per essere il suo giudice, ma il suo giustiziere. Resti calmo e, soprattutto, fermo, altrimenti il nostro dialogo finirà qui, insieme alla sua esistenza.

Resto scioccato. Comincio a preoccuparmi e ad avvertire paura. Atterrisco quando lei estrae dalla tasca del cappotto un revolver. Col braccio teso sotto il tavolo, punta l’arma contro di me.

-Non si faccia strane idee sul mio conto. Non appartengo a nessuna formazione terroristica. Odio il terrorismo, porta solo dolore e morte. Credo, invece, nelle iniziative portate avanti attraverso l’amore, la passione il pensiero. Avrei potuto ucciderla stamattina, quando è uscito di casa. Ma, ho voluto darle una possibilità. Voglio vedere fino in fondo di quale pasta è fatto. Pertanto, stia attento a come risponde ai miei interrogativi. La sua vita potrebbe dipendere da ciò che dice. Gentilmente, risponda a questa domanda: non crede che il suo padrone, assecondato dai servi come lei sia riuscito a rendere normale un linguaggio strutturalmente volgare, fatto di contenuti che sono opposto della solidarietà, della fratellanza, della pietà?

-Cara signora, il mio padrone, come dice lei, usa il linguaggio che più gli è proprio. Se viene preso a modello è segno che egli riesca a esercitare un minimo di carisma.

-E, mi dica, direttore, non le rimorde la coscienza osannare pubblicamente un simile modello negativo di comportamento? Come può costantemente santificare chi commette nefandezze? Lei contribuisce a imbruttire la vita quanto uno spacciatore. La droga è sciagurata menzogna, come il suo giornalismo.

-Gentile signora, mi perdoni, ma non trovo logico, da parte sua, fare certi paragoni. Io non sono un mascalzone. Se lei volesse uccidermi, dandomi colpe che mi assumo, commetterebbe comunque un gesto violento e non di amore. Metta giù quell’arma. Le prometto che non la querelerò.

-Le sembra mai possibile che una volta fatta tanta strada e fatica per incontrarla, mi lasci convincere a rinunciare al mio intento?

-Benedetta signora, lei si metterà in un guaio serio. Deponga la sua arma, si metta l’animo in pace, e parleremo per tutto il tempo che lei desidera.

-Lei è più stupido di quanto pensassi. Solo per questo dovrei ucciderla. Pensa davvero che io desideri parlare con lei per il semplice piacere di farlo? Sto conversando con lei, ponendole delle domande, soltanto per ascoltare le ultime parole scialbe e impaurite di un uomo che cerca, goffamente, di scampare al destino che lo attende. Lei non è in grado di offrirmi un motivo per farle salva la vita.

-Rifletta, sant’Iddio! Cosa guadagnerebbe da questo omicidio? Vale veramente la pena uccidere una persona per così futili motivi, facendosi chissà quanti anni di carcere?

-Non sono mai andata in galera, signor Crede. E, non credo ci andrò mai. Sono incensurata, pur avendo regolato, per così dire, altre faccende come questa. Sono piuttosto brava nel mio lavoro, e di solito prendo molte precauzioni. Il mio gingillo è dotato di un silenziatore molto sofisticato. Nessuno si accorgerà di niente quando le avrò sparato. Quando la scopriranno, priva della sua insignificante vita, io mi sarò già dileguata. La polizia cercherà una donna bruna, che nel frattempo ha indossato una parrucca bionda e rivoltato il suo cappottino double face, che da giallo è diventato blu.

-Ma, lei chi è? La supplico, non commetta un omicidio insensato!

-Si calmi e non alzi la voce! Sappia che se anche lei gridasse, o cercasse di fuggire, riuscirei comunque a ucciderla. Alzi ancora una volta il tono e si troverà all’inferno.

-Non posso credere che lei sia una killer professionista. La scongiuro, mi dica che non è vero e che lei non ha nessuna intenzione di spararmi.

-Molta gente che non apprezza il suo lavoro la trova meschino. Io, la trovo soprattutto ridicolo, come in questo momento. Risponda a quest’altra domanda, per favore: pensa che il suo padrone sia più preoccupato a risolvere i bisogni reali di tanta gente per toglierla da un snervante preoccupazione, o più pronto a soddisfare le richieste dei suoi amici più stretti per garantire loro una maggiore ricchezza e agiatezza?

-Cosa vuole che le risponda? Ogni capo di governo ha i propri limiti. Per il resto, mi creda, ho sempre avuto stima per le persone che, come lei, credono in una giusta causa. Si convinca che io non rappresento il male da sopprimere.

-Oh, lo so bene! Lei è soltanto una minuscola parte del male da cancellare, poiché minuscola è la sua persona.

-Signora, lei si sta mettendo in un grosso guaio. La prego ancora una volta di porre fine al suo gioco pericoloso.

-Dica la verità, se lei potesse mi denuncerebbe immediatamente, vero?

-No. Non la denuncerei.

-Bugiardo. Abituato a mentire per mestiere e necessità, ora mente per paura. Lei non fa altro che mentire perché non ha coraggio. In qualsiasi tribù barbara lei sarebbe stato ripudiato e considerato un rifiuto, perché inetto, non idoneo per essere considerato un uomo. Già, ma lei pensa che i barbari siano stati popoli incivili, vero? Non si guardi intorno per cercare aiuto! Se solo prova a muoversi da quella sedia le scarico addosso tutti i colpi del revolver.

Rifletta, la prego. Lei è abbastanza ragionevole per non commettere sciocchezze.

-Concordo ragiono abbastanza. Se non avessi ben ragionato e riflettuto convenientemente non sarei venuta a cercarla per impedirle di continuare a svolgere il suo sporco lavoro.

A questo punto, la misteriosa signora, di cui conosco solo il nome simulato di Antigone, solleva il braccio da sotto al tavolo e mi punta il revolver in pieno viso. Sta per sparare quando, terrorizzato emetto un grido di paura di fronte a una morte ormai prossima ad arrivare. La donna preme il grilletto, e dalla breve canna dell’arma esce un sottile fiotto d’acqua che mi inonda il volto. Mi scarica addosso tutto il serbatoio di quel maledetto giocattolo. Mi porto le mani in faccia per asciugarmi. Mi accorgo di essere solo sudato. Mi alzo dal letto, sorridendo in una maniera nevrotica, alla maniera di chi ha appena scansato un grave pericolo. Abbandonato il sogno angosciante, mi preparo una camomilla. Non ne prendevo da tempo.

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