Letteratura
‘Anni felini’, il nuovo romanzo di Alessio Forgione
‘Anni felini’, il nuovo romanzo di Alessio Forgione, è una storia di umani e non umani e di luoghi e non luoghi che coglie in pieno alcuni aspetti della nostra società contemporanea.
‘Anni felini’, il nuovo romanzo di Alessio Forgione, edito da La Nave di Teseo, è uno di quei libri in cui si mescolano sapientemente molte cose. Fin all’incipit è evidente che si tratta di una vicenda di uomini e animali, gatti per la precisione. Perché al centro del racconto c’è una colonia di gatti che vive in una casa di campagna vicino Napoli. Il gatto protagonista, il principe del libro, è Giorgino. E’ stato vittima di un incidente e viene accolto da un ragazzo, Papà Gattone. Sembra che i gatti non riescano a riconoscere le sembianze umane, vedono così tutti gli altri esseri viventi, uomini compresi, nella forma di gatti. Si introduce così uno degli elementi distintivi del libro di Alessio Forgione: il punto di vista è alternato per tutta la durata del romanzo tra quello dei gatti, Giorgino in primis, e quello del protagonista di tutta la storia, io.
Le vicende si svolgono nella campagna napoletana, in una villa lontana da tutto e da tutti, la casa degli ulivi. È qui che arriva io, il protagonista del libro. Reduce da una storia decennale, dura e contrastata con la fidanzata, si reca a casa dell’amico Daniele per vedere di finire il romanzo a cui sta lavorando da tempo. Daniele è un musicista, alle prese con un nuovo disco. Fa da sottofondo a tutte la trama una Napoli mai affrontata di petto, sempre evocata con garbo e mestizia. Si arriva a intuire che le vicende di svolgono nella città del Vesuvio perché si parla del luogo di nascita di Gian Battista Vico, e la città viene continuamente descritta come la città delle chiese abbandonate, certificandone uno stato di abbandono che si quasi denuncia politica.
‘Anni felini’ è il racconto in cui si confrontano due categorie fondamentali: quella degli umani e quella dei non umani. Queste due forme di esistenza, a dire la verità solo in parte contrapposte, e caratterizzate in primis da un fattore puramente estetico dato dall’indossare o meno abiti, partecipano allo stesso mondo e agli stessi luoghi, vivono insomma gli stessi spazi, la casa di campagna, le strade, la sosta davanti allo scalino basso di un bar. Però questi due mondi, nonostante i parallelismi, non comunicano fino in fondo, perché i gatti, qui ottimamente rappresentati da Giorgino, Totorro, Quello Nero e poi Ziggy e Faccia Tonda, raramente pensano ai propri sentimenti, probabilmente non lo sanno nemmeno fare, mentre gli umani si avvitano su sé stessi per paura di dover affrontare il dolore e l’ignoto.
‘Anni felini’ è anche un grande libro di luoghi e non luoghi, tutto costantemente giocato nell’evocazione di atmosfere in cui i lettori possono riconoscersi facilmente. Dentro ci sono Napoli, Parigi e Londra. Queste città si intuiscono, forse qualche volta di vedono anche, ma appena appaiono agli occhi e alla mente spariscono, volutamente, direbbe l’autore, perché almeno per Napoli, sua città natale, sembrerebbe offensivo nominarla, chiamarla per nome. Perché, in fondo, Napoli, nel bene e nel male, è una delle città più caratteristiche e caratterizzate d’Italia. E’ uno di questi posti per cui basta dire pizza e mandolino per evocarne le fattezze. L’autore del libro sembra non stare a questo gioco, e così Napoli non la nomina mai, ma nemmeno nomina tutti quegli elementi comuni che basterebbero a farla materializzare sulla tela del quadro. Non la nomina, come non si nomina un amore finito, come quello per la ragazza dalla pelle trasparente, uno dei tanti rimpianti del protagonista del romanzo.
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