Letteratura
“Anche tu non sei cambiato!”
Il volo è stato chiamato.
Mi avvio verso il gate.
L’umore è alle stelle, la riunione alla quale ho partecipato è andata come meglio non poteva: il progetto al quale ho lavorato per settimane è piaciuto molto all’azienda committente e ho ricevuto un bel po’ di complimenti.
“Ma guarda chi c’è!” dice qualcuno che sta in coda alle mie spalle.
Mi giro e lo riconosco subito:
“Dario!”
Lo abbraccio.
Lui mi sorride: “Sei bellissima. Come sempre.”
“Bugiardo! Sono passati 25 anni, temo di essere cambiata parecchio, e decisamente in peggio”
“Se ti riferisci all’aspetto fisico, ti sbagli.”
“ Vuoi dire che sono meglio allora di 25 anni fa?”
“Decisamente!”
“Insomma ero una cozza e sono diventata guardabile?”
“Non ho detto questo!”
Parliamo un po’.
Diciamo che parla soprattutto lui.
Un fiume in piena: il lavoro che gli dà tante soddisfazioni, ma che lo impegna “accaventiquattro”, la moglie che non lo capisce, i figli che riesce a vedere poco…
“Anche tu non sei cambiato!”, dico ad un certo punto, nel tentativo di arginarlo.
“Fisicamente intendi? Ho preso il doppio dei chili e ho perso pure metà dei capelli…”
“Non mi riferisco all’aspetto fisico”
“A cosa allora?”
“All’aria sofferta e carica di autocompatimento che ti trascini appresso…”
“Non sai la giornata che ho avuto…”
“Quelli come te hanno sempre giornate campali.”
“Non ci vediamo da 25 anni e la prima cosa che senti il bisogno di dirmi è che mi hai sempre considerato uno sfigato.”
“Ma va! Penso semplicemente che ti prendi un po’ troppo sul serio…”
“Mi hai lasciato per quello?”
“Mi ero stancata del tuo stare sempre sulla difensiva”
“Forse avevo semplicemente bisogno di una che mi prendesse sul serio un po’ più di te…”
“Quando ridevo di te e delle tue fissazioni, lo facevo con affetto…”
“Ma dài, sai che non lo avevo capito!”
Rido.
Ride anche lui.
Arrivati in cabina, ci separiamo per raggiungere i posti assegnati.
“Che sagoma”, penso, mentre sistemo il soprabito nella cappelliera.
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