Letteratura

Amori a ultima svista: una storia e il suo tempo

28 Maggio 2017

Di sicuro c’è solo che è un amore definito asimmetrico, atteso per quasi 50 anni ma inatteso quanto a conclusione. Per molti versi ricorda l’amore tra Ferentino e Fermina ne ”L’amore ai tempi del colera” di Gabriel Garcia Màrquez. Ma il finale è diverso. Eppure c’è un tratto di felicità nascosta anche per la protagonista femminile, che finalmente decise di non decidere e per quello maschile che ogni sera controlla che nel suo ventricolo lei stia accucciata al calduccio.

Un volume d’antan ripreso e riadattato ai nostri tempi. Già i tempi. C’è quello dell’Autore misterioso e preso in prestito, Dodo Raineri. C’è quello di Ferentino che aspetta 54 anni, 6 mesi 3 giorni e 6 ore, così pennellato da Gabriel Garcia Màrquez da sembrare vero. C’è quello del nostro autore misterioso che non aspetta che l’amore infantil-giovanile si concretizzi ma ritorna sul cammino imberbe dopo 48 anni.

Una sorta di riedizione del passato che ritorna sotto le spoglie del futuro. I tempi che si embricano, il passato, che diventa futuro, spoglia di realtà il presente che non esiste più e quindi dal passato che riemerge trova la chiave di volta. Sentite qui:

Vagavo in quel mercatino di S. Pantaleo, a ridosso di Porto Cervo, un po’ senza costrutto e un po’ per curiosità quando mi imbatto in una bancarella di libri dismessi. Tra questi una vecchia edizione, ormai carta pecora e in via di disfacimento. Ma mi è sembrata inestimabile per il fatto stesso di essere testimone editoriale di metà-fine XIX. Il libro, “Ode per Mirta” edito da una sconosciuta tipografia pavese, è scritto da Dodo Raineri, medico di Pavia, tisiologo, allievo di Carlo Forlanini, che venne a Caprera non già a curare Garibaldi ma a intervistarlo, giacché nutriva passioni politiche e rivoluzionarie, avendo partecipato alla Repubblica Romana del 1849. Arrivato alla Maddalena (sic) si innamora di una benestante locale e scrive per lei il volume. La prosa è demodé, tardo-romantica, potrà anche non piacere ma scrivevano “di tal fatta”: “Che strana congiuntura, Signora, il tempo con Lei perde ogni costanza conosciuta. I secondi trascorsi insieme diventano secoli fuggitivi e quando io La penso ogni attimo assume l’immutabilità di un amore eterno. Non posso e non voglio dimenticarla, avrei dovuto penetrarla io, invece sono stato penetrato e trafitto, avrei dovuto e più e più abbracciarla, invece il Suo ricordo mi avvolge in un manto di dolore antico e impenetrabile. Non è manco cicatrice, ma squarcio che segna il passo della mia vita e la rende diversa da quella che i miei natali vollero per me”. Ed ancora “…Lei non sa ma io venni incognito non già per cercarla ma per baciare la terra che le diede la vita, ne presi una manciata, la tengo con me fonte generatrice di siffatto amore”…

Per quanto il sottoscritto sia cinico o ritenuto tale, non è rimasto insensibile a questo grido di dolore. Così è nato “l’Albero Mimì”, riveduto e forse un po’ corrotto, una storia dei nostri tempi aggiornata ove il vero protagonista è il tempo con la sua immutabilità che pur rende dinamiche le storie umane e le riproduce periodicamente.

A differenza del libro di Gabriel Garcia Màrquez, “L’amore ai tempi del colera” (con l’unico denominatore comune del tempo, acribicamente contato e in cui l’unità di misura della vita è il giorno) la storia non ha lieto fine. Ma è comunque un Inno all’Amore, quello vero, fatto di donazione e non di passione egoistica e banale.

Perché viene riproposta una passione perduta? Perché forse oggi abbiamo dimenticato valori come l’attesa, la pazienza, la costanza, nel mentre che tutto si consuma e lascia soltanto, disperse nell’aria, nanomolecole di pseudo-sentimenti. In questo pamphlet tutto è scolpito nel tempo immemore di una vita dedicata.

Ultim’ora:  giunge notizia che l’Autore ha disposto il blocco della produzione del volume, peccato!

 

 

 

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