Letteratura

Amara Lakhous: quando la letteratura migrante ci dice chi siamo

13 Settembre 2015

Christian Mazzari è un ragazzo siciliano che lavora come traduttore arabista per il Tribunale di Palermo. Un giorno viene avvicinato da un agente segreto italiano che lo arruola per fingersi un ragazzo tunisino ed infiltrarsi in una cellula terroristica operante in Viale Marconi, a Roma.

Enzo Laganà è un giornalista di cronaca nera che vive a Torino, nel quartiere multietnico di San Salvario. Quando non è impegnato a stare al telefono per calmare le preoccupazioni della madre calabrese, gira per le vie torinesi per cercare notizie su faide tra albanesi e rumeni o si diverte a inventare scoop sfruttando l’abilità teatrale di un vecchio amico.

Amedeo è una persona riservata e misteriosa che vive in un palazzo di Piazza Vittorio, a Roma, insieme a persone di ogni cultura e religione. Poco si sa del suo passato, e ogni persona del palazzo descrive Amedeo in base ai propri parametri di giudizio, pitturandolo in sfumature sempre diverse.

I tre personaggi appena descritti non sono reali. Sono frutto della fantasia e della penna di Amara Lakhous, scrittore e giornalista algerino, che ha vissuto in Italia dal 1995 al 2011 dopo essere scappato dal suo paese natale. Grazie a Scontro di Civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio, Divorzio all’Islamica in Viale Marconi, Contesa per un maialino italianissimo a San Salvario e La Zingarata della Verginella di via Ormea si è affermato come uno dei più fortunati e abili esponenti della letteratura migrante in Italia.

Con l’attualità che impone una riflessione sul futuro sociale ed economico del Belpaese, tra paure e diffidenze, Amara Lakhous merita di essere letto. Egli riesce a dipingere, nei micromosi di quartiere o di palazzo, uno spaccato di società italiana che esiste da almeno 20 anni e che molti si rifiutano di vedere. Mondi creati attorno alla sua esperienza personale, avendo abitato sia a Roma sia a Torino nei quartieri di cui parla, che denotano una genuina capacità di guardare l’Italia catturandola in una fotografia vivace.

Lakhous non è un semplice ponte tra noi e il Nord Africa, ma anche una penna che ci sbatte in faccia la realtà: un’Italia multiculturale che già esiste dove le differenze vengono esasperate fino ad essere annullate e ci si accetta per ciò che si è. Nei suoi romanzi ci sono tutte le fazioni del panorama italiano: il mondo dei media, i razzisti, i comitati di quartiere, i buonisti, i musulmani, i rom, gli Arabi, i rumeni, gli albanesi, gli africani.

Non manca un pizzico di ironia e teatralità con le quali Lakhous dipana i propri racconti. Racconti avvolgenti che catturano l’attenzione fino a volerli leggere tutti d’un fiato. Perché in Lakhous non ci sono critiche, elucubrazioni o discorsi sui massimi sistemi sull’immigrazione. Ci sono solo storie che s’intrecciano tra di loro, disegnando scenari genuini e attuali, racconti che portano alla conoscenza reciproca e, quindi, alla convivenza senza paure. Romanzi che parlano di noi, di una società tutto sommato aperta il cui cambiamento è in atto già da anni, senza che nemmeno ce ne accorgessimo. Romanzi che si svolgono in Italia e coinvolgono italiani e sono, volenti o nolenti, parte della nostra storia, parte della nostra cultura.

Sembra quasi che, arrivando da fuori, lontano dall’arena politica e intellettuale che assume le caratteristiche di una baraonda, in cui i sentimenti prevalgono sulla razionalità, lo scrittore algerino abbia la freschezza mentale per descrivere l’Italia meglio di quanto un italiano riuscirebbe a fare. La letteratura migrante, e quella di Amara Lakhous in generale, è una risorsa per scoprire chi siamo e chi saremo.

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