Letteratura

Alle porte della notte – Intervista allo scrittore Paolo Roversi

29 Novembre 2019

Si avvicina il Capodanno e in una Milano appesantita dai festeggiamenti, tranquilla nelle luci delle sue vetrine e immersa nel freddo invernale, il crimine non dorme. Una rapina in una gioielleria di via Montenapoleone, in pieno centro città, ha uno sviluppo tragico, lasciando alle sue spalle una sequenza di morti e feriti. Prende così il via la nuova indagine del giornalista e hacker Enrico Radeschi e del vicequestore Loris Sebastiani, personaggi ormai “classici” nel mondo del thriller, nati dalla penna dello scrittore Paolo Roversi. “Alle porte della notte” è un romanzo che mescola, con stile incalzante e tono articolato, suspence e descrizioni, fatti di cronaca nera e vicende tragicomiche della vita personale dei protagonisti, in una Milano fatta di strade, locali, personaggi che la definiscono come città dalle molteplici facce e in continuo mutamento.

Abbiamo intervistato Roversi per scoprire qualcosa di più su questa sua ultima opera e sul suo modo d’intendere, oggi, il mestiere di scrittore in un mondo in cui lo spazio dell’intrattenimento ha sempre meno a che fare con le parole e la carta stampata.

Con “Alle porte della notte” siamo arrivati alla settima indagine del giornalista Enrico Radeschi. Al centro, ancora una volta, il duo formato dal protagonista e dal vicequestore Loris Sebastiani e la città di Milano, protagonista, a sua volta, della narrazione. La curiosità dei lettori sicuramente porta a domandare dove tu tragga ispirazione ogni volta per creare avventure sempre nuove: ti va di raccontarci come lavori ai tuoi romanzi e quanta parte ha la città di Milano, con le sue voci e le sue storie, nel tuo percorso creativo?

L’ispirazione mi arriva quasi sempre dalla cronaca nera, in questo ultimo romanzo in particolare da una rapina avvenuta proprio in via Montenapoleone nel centro del quadrilatero della moda. La “nera” è tradizionalmente una fonte inesauribile d’ispirazione non solo perché ci fornisce spunti sempre originali ma anche perché racconta chi siamo, descrive la nostra società e le sue piaghe, argomenti che il romanzo giallo cerca da sempre di sviscerare.

Dopo tutti questi anni – nei quali hai lavorato a molti altri progetti, sempre però con l’amichevole presenza di Radeschi alle tue spalle – che rapporto senti di aver sviluppato con i tuoi personaggi? Qualcuno ti chiama Radeschi per sbaglio ogni tanto?

Molto spesso! Radeschi per me è come un vecchio compagno d’università: abbiamo condiviso l’appartamento per quattro anni e poi ci siamo persi di vista. Quando ci ritroviamo, rigorosamente in una birreria, io gli pago da bere e lui inizia a raccontarmi la sua nuova storia…

Scrivere è un mestiere che richiede studio, metodo e non solo ispirazione. Abbiamo parlato delle tue modalità di lavoro, ma quali sono i tuoi modelli di riferimento narrativo?

Il maestro è sempre Scerbanenco: non puoi raccontare le storie nere di Milano se non ti sei confrontato con lui. Al suo fianco metto Don Winslow in assoluto un gigante della letteratura tout court perché attraverso le storie dei narcos ci ha raccontato un’epoca, una nazione, una fase storica.
Le serie TV americane, poi, sono una grande fucina di idee e di modelli narrativi. Penso ad esempio a Narcos o “I segreti del delitto perfetto”: scritti bene, ricchi di colpi di scena e suspense.

Una domanda di carattere più generale: oggi il rapporto con la lettura è cambiato tanto, complici smartphone, connessioni veloci, offerte di streaming. La serialità sembra essere uno dei pilastri portanti dei nostri “consumi” culturali oggi. In questo senso il giallo, il noir, come per certi versi anche il romanzo sentimentale, “tengono” di più rispetto al calo di lettori. Quali pensi siano le prospettive per la letteratura viva e di consumo oggi e quali i rapporti con le altre forme d’intrattenimento culturale?

La letteratura soffre la concorrenza dei social media, questo è innegabile; purtroppo è molto più semplice deporre un libro per consultare il proprio profilo social che il contrario. Oggi non sopportiamo la noia, i tempi morti, la lentezza e la lettura, per molti ,racchiude tutte e tre queste cose. Sta a noi scrittori trovare storie avvincenti e nuovi modi di raccontarle magari più veloci e più visive.

Ti va di parlarci un po’ del tuo lavoro di sceneggiatore e dei prossimi progetti futuri che ti aspettano?

L’ultima sceneggiatura che ho scritto è quella tratta dal mio romanzo Addicted: il film è ancora in fase di finanziamento e spero che le riprese inizino l’anno prossimo.

E Radeschi? A quando un prossimo caso?

Lo rivedremo a fine 2020 e sarà davvero in grossi guai!

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