Letteratura

“I nuovi muri” di Alessandro Leogrande

27 Novembre 2017

Domenica 26 novembre, a soli 40 anni, è improvvisamente mancato lo scrittore Alessandro Leogrande. Ci uniamo al cordoglio della famiglia, degli amici, dei tanti che lo avevano come punto di riferimento tra i giovani intellettuali italiani, e nel ricordarlo ri proponiamo un suo scritto, pubblicato il 4 ottobre del 2015, sulla rivista Lo Straniero, fondata da Goffredo Fofi, e di cui Alessandro era stato vicedirettore. Uno scritto, come si vede, acuto e attuale, come capita al lavoro degli intellettuali veri.

 

“Di fronte all’arrivo dei profughi lungo la rotta balcanica (in particolare siriani e afghani) risorgono in Europa nuovi muri materiali e mentali. Non c’è solo quello fisico, di filo spinato, eretto lungo il confine ungherese. Non c’è solo il cumulo di restrizioni che si alimenta di giorno in giorno in Slovenia, Croazia, Repubblica ceca, Slovacchia…

Alle spalle di tutto ciò sembra risorgere idealmente la vecchia cortina di ferro. I paesi dell’ex “blocco orientale”, entrati di recente nell’Unione europea, si riscoprono ammalati di nazionalismo, razzismo, nuovi fascismi, del tutto impreparati a gestire un fenomeno imponente come l’arrivo o il transito di migliaia di profughi. Un esodo non emergenziale, ma strutturale, che mette in discussione la tenuta della stessa Unione europea (oltre che le politiche dei paesi entrati nell’Ue molto prima).

Nelle ultime settimane sono stati pochissimi gli intellettuali dell’Europa centro-orientale che hanno denunciato questa evoluzione per quella che è. A farlo con le parole più lucide è stata sicuramente la filosofa ungherese Agnes Heller, ex allieva di Lukács e tra i primi, negli anni settanta, ad aver riflettuto sulla “teoria dei bisogni”, per poi approdare alla riscoperta del liberalismo politico. Intervista da “la Repubblica”, Heller ha detto senza mezzi termini che “l’Europa centro-orientale, con l’eccezione polacca, non si è mai liberata dal suo bisogno di odio, di esclusione del diverso, di ostilità razzista contro i diversi percepiti come nemici necessari. L’altro ieri gli ebrei, ieri i rom, oggi i migranti. (…) Insisto, manca all’Est e in molte parti altrove la memoria della catarsi, della resa dei conti con le proprie colpe. L’Ungheria, complice dell’Olocausto senza ammetterlo, oggi punisce col diritto penale i cittadini che ospitano migranti.”

È un tratto comune, che accomuna molti dei paesi oggi attraversati dalle nuove rotte dell’emigrazione. Non solo le società post-socialiste sembrano aver fondato la propria transizione su un particolare mix di turbocapitalismo, liberismo in economia e conservazione in politica, individualismo sfrenato e assenza di una riflessione critica (salvo in rari casi), tanto da aver bandito (paradossalmente molto più che nell’ex Europa occidentale) qualsiasi discorso abbia a che fare con la solidarietà sociale e l’accoglienza degli altri e, più in generale, il “vecchio” internazionalismo. In alcuni casi, sula base di questo limbo di non-detti, egoismi e mancate autocritiche, si è incuneato il ritorno di vecchi rigurgiti fascisti”.

(continua a leggere su Lo Straniero)

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